Ieri sera, dopo oltre un anno, ho rivisto il banchetto del mio amico Angelo al mercatino dell’antiquariato, un piccolo evento a cadenza mensile che è ricominciato anche dalle mie parti benché in misura ridotta. Sono anni che preferisco le chiacchiere con lui e il cosiddetto diggin’ nei suoi scaffali agli asettici acquisti online, inoltre ha dei buoni prezzi e un’ottima selezione di vinili per i miei gusti. Ero curioso di vedere cosa si fosse portato dietro dopo così tanto tempo, quali nuovi dischi avessero trovato spazio nella sua esposizione e poi volevo sapere come aveva affrontato la lunga chiusura di cui anche la sua attività itinerante è stata oggetto.
Abbiamo parlato per due ore degli argomenti più disparati con un’ironia caustica e tipicamente toscana mentre io scartabellavo le copertine e così alla fine, tra una battuta e l’altra, ho trovato ben tre dischi di mio gradimento, ovvero “Marching Out” e “Trilogy” di Yngwie Malmsteen e “Pilgrimage” dei Wishbone Ash! Mi piace tanto contemplare i vinili, ragionare a lungo sul loro eventuale acquisto, riporne uno e prenderne un altro solo per poi rimetterlo a posto e riprendere quello scartato prima in virtù di un’intuizione imprevedibile. Non ho dischi costosi perché la musica preferisco ascoltarla piuttosto che collezionarla in pregiate edizioni e quindi trovo giusto pagarla in misura accettabile per darle valore, ma se avessi la disponibilità economica probabilmente mi procurerei una raccolta strepitosa di vinili per unire i due intenti.
Io reputo Malmsteen un chitarrista imprescindibile e un personaggio divisivo, ma amo il cosiddetto shredding di cui lui è un paradigma. Purtroppo non ho mai avuto la fortuna di assistere a un suo concerto, però mi esalto sempre quando ascolto “Live In Leningrad“. Mi manca il primo album, “Rising Force” del 1984, per avere in vinile i dischi che prediligo della sua discografia e non mi ci vorrebbe nulla a comprarne una copia economica su Internet, magari su Discogs.com et similia da cui di tanto in tanto mi regalo qualcosa a prezzi popolari, ma aspetto di trovare un’occasione simile dal vivo per instillare un ricordo personale nella cosa in sé, ossia un valore ulteriore che non è monetizzabile.
The Aristocrats a Roma e Wishbone Ash a Grosseto
Pubblicato martedì 1 Marzo 2016 alle 23:58 da FrancescoFebbraio per me è stato un mese ricco di musica, infatti ho assistito a due concerti fantastici e mi sono preparato il terreno per prendere parte a un festival leggendario di cui, a tempo debito, conto di scrivere impressioni fantastiche.
Il diciotto febbraio mi sono recato a Roma presso il Planet (una volta Alpheus) per rivedere uno dei migliori chitarristi in circolazione, ovvero Guthrie Govan. Questa volta il virtuoso inglese non era solo, bensì col suo trio che risponde al nome di The Aristocrats: gli altri due membri sono Marco Minnemann, uno dei batteristi più rinomati degli ultimi anni, e il bassista Bryan Beller. Questi tre signori spaziano da un genere all'altro con una facilità disarmante anche se io credo che la loro base di partenza sia sempre la fusion: da lì irradiano il proprio sound verso i territori più disparati con cambi repentini che tuttavia suonano sempre naturali, pienamente spontanei.
Lo spettacolo che propongono costoro non è un'asettica esibizione di talento cristallino con un'equa ripartizione del protagonismo solistico, ma è inframmezzato da siparietti comici che coinvolgono il pubblico e da un atteggiamento con cui i tre non si prendono mai troppo sul serio: per me si tratta di un valore aggiunto in una performance che già di per sé è straordinaria a causa dell’altissimo tasso tecnico dei musicisti coinvolti…
Non pensavo che avrei mai assistito a un concerto importante nella mia provincia, o almeno non in un locale dei dintorni, e invece il ventisei febbraio, in quel di Grosseto al FAQ Live Music Club (a cui va il mio grande plauso), ho avuto modo di vedere una parte della storia del rock.
Sul palco suddetto sono saliti nientemeno che i Wishbone Ash! Il quartetto è un po' avanti con gli anni, tuttavia malgrado l'età veneranda vi ho riscontrato una vitalità maggiore rispetto ad altri gruppi che potrebbero essere i loro nipoti (sia in termini anagrafici che stilistici). È stato un concerto fantastico che mi sono goduto in prima fila ed è stato davvero bello vedere i bending di Andy Powell a quaranta centimetri dal mio muso! Nella musica trovo ciò che mi manca altrove.