Pubblicato sabato 12 Gennaio 2013 alle 23:40 da
Francesco
Questo è l’esordio di un libro che non mi sono mai deciso a scrivere. L’ho ritrovato quest’oggi in mezzo ad altri appunti e ho scelto di riversarlo qua sopra poiché non ho alcuna intenzione di riprenderne la stesura.
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Avevamo appena sfondato l’ultima lapide quando un lampo improvviso soppresse il buio del cimitero: quel bagliore fu caduco quanto lo era stata la vita del bambino che si trovava sepolto accanto al bersaglio finale dei nostri martelli. Coperti dai sibili del vento e col favore delle tenebre che ci eravamo procurati tramite il sabotaggio dei lampioni perimetrali, noi avevamo scelto quella notte di gennaio per profanare le tombe di alcuni politici. Indisturbati, fortemente convinti, meticolosi e al contempo feroci, per quasi un’ora ci eravamo impegnati anima e corpo a fare scempio di chi non aveva mai avuto la prima né ormai poteva più disporre del secondo. Scritte assai ingiuriose, colate di vernice, urina sui marmi divelti e volantini d’accusa: tutto questo eravamo riusciti ad allestire con caotica perizia. Prima di andarcene io assolsi il compito d’immortalare con la fotocamera del cellulare cotanto sfregio: in seguito le immagini e i filmati sarebbero stati diffusi con il duplice scopo di informare e d’istigare ad atti d’emulazione.
Sulla strada del ritorno tacemmo tutti e quattro per precauzione, però non fiatammo nemmeno una volta giunti alle moto. Senza la luce indiscreta della Luna e con dei rumori nembiferi sempre più prossimi, salimmo in sella e ripercorremmo le strade sterrate che avevamo studiato a menadito per scongiurare eventuali controlli di polizia o carabinieri. Lungo il tragitto pensai alle mosse successive, ai piani a cui la nostra cellula si era dedicata per oltre due anni e che erano in procinto di concretizzarsi nel più efferato dei modi. In cuor mio sapevo che presto avremmo imboccato una strada senza ritorno, d’altronde la nostra era diventata una scelta obbligata che volevamo condividere con quanto l’aveva resa tale. Il nostro tempo era contato, come quello d’ogni altro, ma a tratti veniva scandito a mo’ di lentissima tortura.
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Pubblicato sabato 26 Novembre 2011 alle 05:35 da
Francesco
Non ho una famiglia e mia madre è l’unica persona che ho al mondo. Alcuni dei miei parenti (che io considero soltanto apparenti) vorrebbero tornare in contatto con me. Forse mi sono scordato di comunicare a questi figuri che hanno perso tutti i gradi di parentela da molto tempo, difatti ho strappato i galloni dalle loro spalle e ho spaccato in due le sciabole d’ordinanza: condannati con disonore per alto tradimento.
Non firmo i trattati di Westfalia e sono poco incline al perdono. Non rovisto nel dimenticatoio né ho la necessità di raccattare pezzi di passato. Non riconosco valore alcuno ai legami di sangue. Sono in grado di amare profondamente benché io non l’abbia ancora fatto e in egual misura ho capacità sufficienti per coltivare l’indifferenza dovuta lungo tutto il tempo che mi resta da vivere. L’amicizia per me è un fattore trascurabile, una piacevole eventualità che tuttavia non presenta nulla d’insostituibile o indispensabile. Ognuno fa scelte di cui poi volente o nolente si assume gli oneri. Spero che taluni si dimentichino di me e non cerchino ulteriori contatti poiché io non voglio accollarmi certe rotture di coglioni. Nella sciagurata ipotesi in cui qualcuno mi recasse fastidio, ebbene, proprio in quel momento io comincerei ad attendere la prima occasione buona per fargliela pagare con tutti gli interessi. D’altronde, come torno a ripetere, sono davvero capace di amare senza riserve, ma riesco pure a fare progetti di lungo termine per vendette esemplari. Finora soltanto due volte sono giunto al punto di dovermi rifare su qualcuno e in entrambi i casi è trascorso molto tempo prima che potessi rivalermi, difatti chi poi è stato destinatario di questi atti ha faticato un po’ a spiegarsi l’accaduto poiché il tempo aveva insabbiato le cause, tuttavia ne era valsa la pena. Per ora non ho vendette in cantiere e non vorrei allestirne di nuove, ma preferirei di gran lunga profondere tutti i miei sforzi verso sentimenti positivi. Non sono più un adolescente inquieto e per me la negatività è soltanto una delle tante sfaccettature con le quali la realtà cogente talvolta mi costringe a confrontarmi: io ne farei volentieri a meno.
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