Non ho mai avuto un sogno lucido e non sono stati degli sforzi intenzionali a produrre quei rari bagliori della coscienza che ho esperito nel corso di certe fasi oniriche. Forse non sono portato per questo genere d’attività o può darsi che io non mi ci sia impegnato abbastanza: ho provato anche ad avvalermi dei toni binaurali e isocronici, ma non mi hanno aiutato e d’altronde temevo che non funzionassero. Che si trovi proprio nella mia mancanza di aspettative l’ostacolo più grande per questo ordine di cose e per tutto il resto? Sono immune a qualsiasi effetto placebo?
Se fossi riuscito ad acquisire anche solo una parziale padronanza dei miei sogni avrei potuto trovare in quelle esperienze delle utilissime valvole di sfogo per la vita vigile e avrei facilitato il decorso del mio attuale periodo di transizione. Per Freud l’Io non è padrone a casa sua, però in qualità di ospite a me basterebbe un’accoglienza più calorosa da parte dell’inconscio.
Intendo riprendere il lavoro sul pranayama: ho smesso d’interessarmi al respiro quando pareva che quest’ultimo stesse per mancarmi. Sono tornato in pianta stabile sulla mia via anche se di tanto in tanto odo in lontananza delle frane innocue. Ho in serbo ulteriori piani per la cura della mia persona: tutte cose che posso fare da solo e nelle quali tale facoltà è ipso facto un dovere. La corsa continua ad essere alla base del mio equilibrio psicofisico e mi rendo conto di come ora me la goda più di quanto l’agonismo mi consentisse di fare. Stamattina ho percorso quindici chilometri in cinquantanove minuti e quarantanove secondi, ovvero con un ritmo di un secondo inferiore ai quattro minuti al chilometro: mica male. I numeri esprimo fatti e ciò che mi resta.
1
Nov