Venerdì, ad una settimana esatta dal live di Veruno, mi sono recato nella capitale per assistere ad un concerto dei Marduk. Già tre anni fa avevo visto le leggende svedesi del black metal, però questa volta ho vissuto l’esibizione sotto il palco, con tutto ciò che ovviamente ne è conseguito. Forse è stato il concerto più devastante e violento a cui io abbia mai preso parte: una guerra a cui mi sono unito come imponeva la t-shirt di Panzer Division Marduk che indossavo.
Fatte eccezione per Temple Of Decay, dalle mie parti, ovvero tra la seconda e la terza fila, c’è stato un pogo continuo a cui ho risposto con spallate, gomitate e quant’altro, ma sono riuscito nell’impresa di filmare anche un altro pezzo oltre al suddetto, ovvero Nowhere, No-one, Nothing il cui risultato è a piè di pagina. Per tutto il tempo ho avuto Morgan e Mortuus a pochi centimetri e a quest’ultimo sono riuscito a dare anche la mano, inoltre ho avuto modo di vedere da vicino come il primo scorreva sul manico della sua ESP mimetizzata. Non conosco tutta la discografia dei Marduk, però la scaletta mi è sembrata varia e ho avuto conferma di questa impressione quando sono andato a ricercarla. Come tre anni fa per me il momento più esaltante è consistito nell’esecuzione di Baptism By Fire e della title track di Panzer Divsion Marduk, infatti io nutro una piena venerazione per quel breve ma intenso album che mi ha fatto conoscere il gruppo quasi dieci anni fa. Per quanto riguarda il black metal credo che solo gli Immortal potrebbero darmi qualcosina in più dal vivo, perciò non m’illudo di rivivere le stesse sensazioni in un altro concerto dello stesso genere. Comunque alla fine delle danze macabre (questa citazione è per pochi, ma tanto qua non c’è nessuno) ho dato una pacca sulla spalla e ho stretto la mano al tizio con cui ho lottato per lungo tempo, là in trincea. Devo menzionare l’intensa attività di sollevamento di gentiluomini a cui ho partecipato, infatti verso metà del live lo stage diving è stato continuo. Insomma, in quell’atmosfera di violenza relativamente controllata mi è sembrato di rivivere una cerimonia ancestrale, persa nei tempi, “quand’ancora non si distingueva l’aurora dal tramonto”.