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Mar

La strage in diretta di Christchurch

Pubblicato venerdì 15 Marzo 2019 alle 09:42 da Francesco

Sono riuscito a recuperare il filmato integrale della strage in Nuova Zelanda: è la cosa più allucinante che abbia mai visto.
In certe parti del mondo è troppo facile accumulare degli arsenali e produrre massacri.
L’attentatore guida verso la zona della moschea mentre ascolta il motivetto allegro di "British Grenadier". Una volta giunto a destinazione apre il bagagliaio e prende un secondo fucile semiautomatico oltre a quello che già porta a tracolla: entrambe le armi sono ricoperte di scritte bianche che non sono riuscito a leggere.
È tutto trasmesso in streaming e la visuale dà l’idea di un videogioco in prima persona. Il tizio si avvia in tenuta d’assalto verso i suoi obiettivi e una volta all’ingresso della moschea apre il fuoco contro le prime persone che incontra: ne uccide alcune e getta a terra il primo fucile. Imbraccia la seconda arma e riprende a sparare colpi singoli. È freddo e preciso. Avanza ancora e a un certo punto cambia modalità di fuoco passando alla raffica. È impressionante il momento in cui un ragazzo tenta di scappare e finisce per andargli incontro: lui gli spara a bruciapelo.
Cambia diversi caricatori. I corpi a terra sono molti e non essendoci più bersagli mobili i proiettili sono indirizzati ai cadaveri o a chi tenta di salvarsi fingendosi morto.
Esce così com’è entrato dirigendosi verso l’auto e sulla via del ritorno spara in testa a una donna riversa sul marciapiede che chiede aiuto: "Help me, help me". Si rimette alla guida e se ne va mentre dall’autoradio esce "Fire" di Arthur Brown.
Prima di fuggire effettua qualche drive-by e uccide almeno un altro paio di persone. Alla fine del filmato, che dura quasi diciassette minuti, commenta la strage e in lontananza si sentono delle sirene.

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6
Ago

Un’altra strage

Pubblicato giovedì 6 Agosto 2009 alle 19:55 da Francesco

Gli Stati Uniti sono i migliori produttori di follia omicida e questo primato è stato consolidato ancora una volta da una nuova strage che si è verificata due giorni fa in una palestra di Pittsburgh. Ho cercato le ultime parole dell’assassino, George Sodini, e dopo qualche tentativo sono riuscito a trovare la copia di una parte del suo sito che al momento risulta inaccessibile. Le parole che Sodini ha lasciato in eredità dipingono il ritratto di un uomo solo e disturbato: nulla di nuovo né di raro. Credo che costui abbia cercato in qualche modo di interpretare i problemi della sua vita, ma da quanto ho letto mi è parso che abbia addotto diverse scuse per compatirsi e giustificare il suo piano criminale. Egli aveva un buon impiego, una bella presenza e l’illusione che queste caratteristiche potessero bastare per garantirgli la felicità di cui sentiva un estremo bisogno. Le sue parole erano piene di rassegnazione e rabbia, ma le ho trovate anche scontate e sciocche. Questi eventi dimostrano come spesso la solitudine venga considerata un castigo invece d’un occasione e non penso che la società abbia colpa poiché a mio avviso certi meccanismi interiori possono essere regolati soltanto dal diretto interessato. Se Sodini avesse avuto una fidanzata o una moglie la sua follia non sarebbe stata debellata, ma forse sarebbe restata latente per sempre o avrebbe subito un ritardo nella sua tragica concretizzazione. Immagino che non basti avere una persona a fianco per spazzare via i propri problemi e non penso che si possano instaurare rapporti sani con altri individui prima di risolvere qualsiasi conflitto con sé stessi. Sodini non è stato il primo e non sarà l’ultimo uomo ad essere armato da un’interpretazione distorta della realtà. Ricorrendo a un po’ di humour nero potrei scrivere che la solitudine uccide davvero! A parte gli scherzi fuori luogo, non è difficile trovare soggetti che affidino il loro equilibrio a una relazione malsana o al desiderio incessante di averne una e sebbene le conseguenze spesso non siano eclatanti come quelle di Pittsburgh, ciò non toglie che tali episodi siano altrettanto dolorosi nonostante sfuggano a qualsiasi sguardo. Diffido profondamente di chiunque tema l’isolamento temporaneo o permanente e allo stesso modo guardo con sospetto chiunque neghi l’importanza delle relazioni interpersonali. Esistono persone apparentemente stabili e affermate che sono inconsciamente pronte a innescare la propria autodistruzione qualora i loro fragili equilibri vengano rotti da un evento inatteso; non è raro che i lutti e le separazioni lascino strascichi sanguinolenti. Alla luce di tutto questo io mi sento molto fortunato perché vivo al di sopra della sofferenza comune senza precludermi alcuna possibilità. Purtroppo la depressione è una piaga diffusa e penso che l’introspezione sia uno degli strumenti più efficaci per sconfiggerla, a patto che non sia di carattere organico.

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