24
Mar

Egolalia

Pubblicato martedì 24 Marzo 2009 alle 01:00 da Francesco

In questo periodo non ho granché da annotare e con il passare del tempo mi sembra che io abbia sempre meno da scrivere, ma trovo che la sporadicità dei miei appunti sia un fenomeno normale. La mia mente non è sterile, ma non riesce a partorire idee e preferisce godere dei suoi interminabili momenti di serenità. Non ho mai scritto qualcosa di monumentale perché non ho mai giaciuto in una tristezza abissale e dunque non ho mai potuto raggiungere quelle profondità del dolore dalle quali è possibile estrarre concetti di rara bellezza; taluni sono stati trascinati in una ricerca simile senza volerlo e sono rimasti sepolti sotto il peso delle loro scoperte come accade ancor oggi a certi minatori asiatici per un compenso di gran lunga inferiore. Durante le fasi più concitate della mia introspezione mi sono spinto fino a dove ho dovuto, ma non ho mai provato a oltrepassare certi limiti perché per farlo avrei dovuto procurarmi volontariamente del male, ma la mia indole tende verso il bene e per fortuna non sono in grado di arrecare danno a me stesso in maniera intenzionale. Non ho grandi eventi da celebrare né mi fronteggiano chiome che io possa incoronare, ma al cospetto di ogni giorno io provo una sorta di esaltazione per il solo fatto di vivere e questa sensazione non è figlia di alcuna struttura dogmatica. Io non sono in grado di spiegare ciò che alimenta positivamente il mio umore, ma è qualcosa di autentico che sfugge alle parole e che a mio avviso non può scaturire direttamente da nessun indottrinamento. Forse dovrei ricorrere a due termini filosofici per dare una vaga idea di ciò che intendo e con l’accostamento del cinismo filosofico allo stoicismo potrei lasciare un indizio a questo riguardo, tuttavia quest’ultimo risulterebbe tale persino per la mia capacità descrittiva data la natura sfuggente della sensazione stupenda che mi accompagna da un po’ di tempo e che ho fatto oggetto di esame per l’ennesima volta. Se io leggessi queste parole con gli occhi di un estraneo non potrei fare altro che schernirle. Ciò che ho scritto finora risulta vago e approssimativo persino per me, ma il carattere indeterminato di questo appunto non dipende affatto dalla mancanza di conoscenza dell’argomento in questione ed è soltanto la conseguenza della difficoltà di spostare una sensazione da un piano ineffabile a un piano intelligibile. Pazienza.

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21
Lug

La smania dell’applauso

Pubblicato lunedì 21 Luglio 2008 alle 19:59 da Francesco

Per taluni è inconcepibile che qualcosa venga fatto senza pretese. Credo che ogni opera umana per essere tale abbia bisogno di un atuore e non vedo come la sua esistenza possa dipendere dall’attenzione che le viene riservata. Un disco non ha bisogno di ascoltatori, a un libro non occorre necessariamente un lettore e non è indispensabile che qualcuno usufruisca di un prodotto dell’ingengo affinché quest’ultimo sia tale. Trovo che il mio ragionamento sia abbastanza banale e per questo motivo rimango perplesso quando alcune persone non lo comprendono o fingono di non comprenderlo. Io capisco perfettamente che alcune volte si realizzino delle cose in funzione della considerazione altrui, ma questa premessa non è un dogma per ogni occasione di questo tipo e in particolare non lo è per quelle attività che oggettivamente non possono puntare a risultati eclatanti in termini di popolarità. Non credo che qualcuno abbia perso il gusto di fare le cose per sé, ma credo che le manifestazioni istrioniche di alcune persone emergano più facilmente rispetto alla passione taciturna di altri individui e mi sorprenderei se le cose andassero diversamente. I successi e gli apprezzamenti possono essere piacevoli, ma non costituiscono le fondamenta di ciò a cui si rivolgono e qualcuno si ostina a ritenere che loro mancanza sia il sinonimo di un fallimento. Per me non è vitale che qualcosa venga riconosciuto da un giudizio esterno a meno che io non abbia precedentemente espresso questo bisogno, perciò reputo un fallimento qualsiasi cosa che sia destinata a rimanere incompiuta. L’ossessione per la considerazione altrui è una patologia grave che nega al suo portatore i propri meriti e allo stesso tempo produce una relazione morbosa tra il singolo e la società. Quanto ho scritto finora non è un inno alla misantropia, infatti credo che quest’ultima sia altrettanto nociva. Non so esprimere correttamente cosa intendo e dubito che in italiano ci sia un termine adatto per sintetizzare il concetto che ho espresso finora. In altre parole penso che serva un’interiorità irredentistica per evitare che le aspettative esterne dominino i propri giudizi e le proprie azioni, ma non imputo nessuna colpa ai promulgatori di tali aspettative e credo che la responsabilità di tutto questo ricada esclusivamente su chiunque le tolleri all’interno della propria forma mentis.

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