Nella morte ravviso un momento capitale in ogni sua accezione, dalla più figurata a quella letterale, perciò nutro un “vivo” interesse verso questo orizzonte sul quale tutto si staglia. Defungere riesce a tutti e quindi viene da pensare (finché è dato farlo) che la vera inclusione si dia nella dissoluzione organica. Nel Fedone Platone considera la filosofia la via regia per imparare a morire e ne fa suo scopo precipuo, asserzioni queste che fanno il paio con altre tradizioni sapienziali di un Oriente plurimillenario: per mia parte ho visto le mie convinzioni salire di loro sponte su questo carrozzone metafisico.
Conoscevo la von Franz come allieva junghiana, ma quando mi sono imbattuto in questo suo scritto ne ho subìto l’immediata fascinazione. È suggestiva l’ipotesi secondo cui sul punto di morte vengano meno i limiti dello spaziotempo e si apra una realtà superluminale in cui la sincronicità assurga a nuova regola. Ne “La morte e i sogni” la von Franz descrive e analizza casi in cui il mondo onirico annuncia l’imminente fine della dimensione fisica, rendendo così possibile un accostamento del testo alle esperienze di premorte riportate altrove e agli studi di psicotanatologia della Kübler Ross, tra l’altro anch’essa citata nel libro.
La morte e i sogni di Marie-Louise von Franz
Pubblicato venerdì 21 Giugno 2024 alle 23:16 da FrancescoCome chiunque altro sono legato alla morte da quando sono stato concepito, ma è solo da una ventina d’anni, o forse poco più, che me ne occupo. Per me la nascita non è un inizio e la morte non è una fine: ne consegue che mi trovo sempre in difetto d’onestà se le circostanze mi chiedano d’esprimere “sincere” condoglianze, tuttavia quando vengo messo alle strette pago questo dazio d’ipocrisia per non risultare inopportuno né offensivo di fronte all’altrui dolore. Io stesso mi sono trovato a gestire avversi moti dell’animo quando taluni hanno lasciato il corpo, ma non nascondo come in alcune di quelle occasioni abbia ripensato con divertimento al finale di Amici miei, caustico film di Monicelli (in origine di Pietro Germi).
In questo periodo mi trovo alle prese con uno scritto di Marie-Louise von Franz, una studiosa d’estrazione junghiana, ma ne darò conto a me stesso su queste pagine una volta terminatane la lettura. Alcuni episodi raccontati nel libro mi hanno rammentato un’esperienza analoga che feci anni e anni fa in sogno, ossia l’incontro con una luce totalizzante accompagnata da una sensazione indescrivibile: in seguito chiamai tutto questo “esperienza del bianco”, giacché fui in grado di tradurne in parole solo un vago dettaglio cromatico.
Alcune persone, senza che fossi io a entrare per primo nel discorso, mi hanno raccontato cose simili a quelle esperite da me nella dimensione onirica, inoltre ho colto forti analogie e talora una perfetta aderenza nelle testimonianze lette in molteplici testi, come se la questione in oggetto attenesse davvero all’inconscio collettivo: di ciò sono molto convinto. Sarebbe forte la tentazione di lasciare il corpo prima del dovuto se ne conseguisse la ripetizione dell’esperienza descritta, ma per crepare c’è sempre tempo e io, almeno per adesso, fretta non ne ho.
Non sono in grado di dare una composizione organica ai frammenti onirici che quest’oggi, al risveglio, ho avuto modo di trafugare nello stato vigile, tuttavia ci sono due episodi significativi ai quali attribuisco un fil rouge.
In una prima parte del sogno mi trovo a bordo di un’auto con degli estranei e all’improvviso avviene un incidente che ci coinvolge; in un momento successivo mi trovo all’aperto, vicino a una donna malata attorno alla quale presenziano altre persone oltre a me.
Non mi è facile capire il simbolismo di queste scene giacché si prestano a letture d’opposta polarità ma egualmente plausibili. A mio parere una possibile spiegazione dai risvolti negativi implica un avvertimento per l’imminenza di eventi nefasti, un tetro monito per fatti che mi soverchieranno e per i quali non potrò fare niente: nel sogno alla guida dell’auto non ci sono io e questo dettaglio a mio avviso indica l’impotenza di fronte a possibili difficoltà; la donna morente, in quest’ottica, può rappresentare una perdita di qualunque genere.
Un’altra lettura, anch’essa esiziale, può esprimere un’ansia latente o un disagio sopito che l’inconscio manifesta in questo modo poiché la tenuta della mia psiche ne impedisce l’ingresso nella vita vigile.
Reputo valida anche l’ipotesi che inquadra il sogno come accettazione e catarsi per qualcosa su cui non ho avuto possibilità d’intervento, perciò durante il sonno l’inconscio può aver sbrigato quei lambiccamenti su cui io non mi sono speso a sufficienza da sveglio: se così fosse, le scene oniriche sarebbero riverbero del passato e non cassandre per l’avvenire. Solo il tempo saprà dir meglio sul sogno in esame e dunque non mi resta che attenderne il verdetto.
Archivio onirico: sogno n. 8 e sogno n. 9
Pubblicato mercoledì 20 Giugno 2012 alle 03:35 da FrancescoSogno n. 8
Mi ritrovai in un monolocale, assiso su un divano giallo. Accanto a me sedevano altri due ragazzi che parevano spaesati; costoro non erano i proprietari dell’abitazione e non sapevano neanche come fossero finiti là. D’un tratto uno dei due mi domandò se fossi frocio e si dispiacque quando gli risposi che non lo ero. Alzai gli occhi sul soffitto per un attimo, ma quando riportai lo sguardo sul mio interlocutore lo vidi completamente nudo mentre penetrava il terzo ragazzo, anch’esso completamente svestito. Mi sorprese cotanta velocità d’esecuzione, tuttavia mi chiesi come mai il ragazzo attivo tenesse le braccia allargate mentre inculava l’altro e prima che io uscissi dalla casa quella posa mi fece venire in mente il Cristo di Rio de Janeiro.
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Sogno n. 9
Vidi una signora che parlava con alcuni ragazzi. All’inizio del sogno compresi immediatamente di trovarmi in un centro di accoglienza per minorenni e mi resi conto d’essere io stesso al di sotto della maggiore età. Davanti a me apparvero diverse stanze in cui dei coetanei si presentarono in modi diversi: affabili, aggressivi, remissivi, indifferenti o tristissimi.
All’improvviso mi ritrovai in un gruppo di ragazzi che ne aveva fronteggiato un altro all’interno della struttura. Uno dei rivali fu catturato e decapitato: la sua testa venne posta sopra una botte e infine incendiata. Non riuscii a staccare gli occhi da quella scena, ma fui più colpito dalle conseguenze a cui sarei potuto andare incontro che dalle atrocità commesse dalla mia banda.
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Suppongo che il ricordo di un vecchio sogno abbia riattivato in me la capacità di trattenere una parte dell’esperienza onirica. I resoconti soprariportati si distinguono per erotismo e violenza, forse una delle coppie più longeve dell’umanità.
Interpreto il primo sogno come simbolo di invidia da parte mia nei confronti dell’omosessualità e anche come frustrazione per non potervi cercare l’amore dato che la natura non mi ha dotato della capacità di essere attratto dagli uomini. Probabilmente se fossi stato omosessuale questo sogno avrebbe potuto svolgersi con orientamenti inversi, perciò ipotizzo che vi si annidi l’utopia di una bisessualità autentica come mezzo per raggiungere il fine ultimo: l’amore.
Non sono in grado di trovare nessuna chiave di lettura per il secondo sogno che non sia una forzatura, di conseguenza mi astengo da qualsiasi tentativo di scovarci dei significati nascosti.
Da quanto ho letto i sogni sono piuttosto simili alle psicosi, perciò la loro interpretazione può risultare utile nella spiegazione delle malattie mentali. In passato l’attività onirica veniva fatta combaciare con la fase REM, ma in seguito questa sovrapposizione si è dimostrata inesatta e altrettanto erronea è risultata una teoria in base alla quale i sogni non avrebbero una matrice motivazionale, tanto da risultare “schiuma” secondo un’espressione adottata da Freud per tale concezione che egli, ovviamente, non sposava.
Mi ha sorpreso la regolarità con cui la fase REM insorge, ovvero circa ogni novanta minuti per mezzo dell’acetilcolina che lascia il posto alla serotonina e alla norepinefrina nel momento in cui questi neurotrasmettitori attivano la fase non-REM. Ho trovato altresì interessante scoprire che la gerarchia delle zone visive durante l’attività onirica s’inverte del tutto rispetto al periodo di veglia, difatti, ad esempio, un danno all’area visiva primaria causa la cecità corticale, ma ciò non impedisce ai non vedenti di esperire la vista durante i sogni. Ci sono altri esempi di questo tipo che sottolineano la relazione inversa a cui ho accennato, ma non ho bisogno di elencarne altri in questo appunto il cui scopo principale è quello di consolidare un po’ quanto ho appreso. Voglio concludere con il ruolo delle droghe in questo contesto. Da quanto ho letto la cocaina e le amfetamine intervengono sul sistema dopaminergico e gli effetti differiscono a seconda delle dosi assunte. Un quantitativo ingente delle sostanze suddette può produrre piscosi, tuttavia reazioni analoghe possono innescarsi anche per mezzo di un farmaco per il morbo di Parkinson, il cosiddetto L-dopa. Sono fermamente convinto che compromettere la propria lucidità sia una scelta banale e idiotica, perciò conoscere qualcosa in più sulle dinamiche legate a determinate sostanze mi dà modo di trovare ancor più banali le relative tossicodipendenze.
Nell’ambito delle emozioni di base mi ha incuriosito il sistema del panico a causa del suo legame con il comportamento materno. Quando la donna è puerpera aumentano i livelli di ossitocina e prolattina, e l’incremento di questi ormoni rafforza il rapporto tra la madre e il nascituro.
Pare che l’ossitocina svolga un ruolo di rilevo nello sviluppo dell’empatia e dell’autostima, perciò gode anche del nome di “ormone della fiducia”: io suppongo di secernerne quantità industriali. Non ho trovato granché per quanto concerne la prolattina nell’uomo, ma sembra che alti livelli di questo ormone nei maschi indichino un abbassamento del testosterone nel sangue e un calo della libido. Immagino che nel mio caso i valori siano nella norma poiché la mia masturbazione è regolare. Ho anche notato che l’ossitocina viene adoperata nei casi di autismo per migliorare la capacità relazionale dei soggetti affetti da questa patologia, tuttavia trovo sconvolgente il fatto di condizionare l’equilibrio d’un individuo attraverso delle somministrazioni endovenose o nasali. Certe volte penso che un ricorso saggio all’eugenetica (quindi nulla a che vedere con la follia dei nazisti) potrebbe dare a tutti una buona salute di base, eliminando quasi del tutto gli svantaggi con i quali certuni purtroppo si trovano a combattere ancor prima d’emettere i primi vagiti.
Mi sento molto fortunato ad essere nato sano, tuttavia non dovrei mai darlo per scontato. Mai. Addentrandomi superficialmente nei meccanismi della memoria ho incontrato una tesi sui sogni che mi ha fatto sorridere. Secondo due studiosi (Crick e Mitchison) il mondo onirico è composto da spazzatura mnemonica, ovvero fatti di scarso rilievo che l’esperienza del sogno mostrerebbe nel loro transito verso l’oblio. Questa prospettiva suscita in me un po’ d’interesse, perciò conto di approfondirla in un secondo momento.
Infine devo ricordarmi che l’uomo non percepisce il mondo per come questo gli si presenta, ma tende a ricordarlo in base a quanto ha imparato. Solitamente e in larga misura è attribuito alla percezione quanto invece rientra nella sfera delle memoria. A questo proposito, nel libro che sto leggendo è riportato un esperimento in laboratorio che esemplifica quanto scritto poco sopra. Ad un gatto fu condizionata la corteccia visiva nel corso del suo sviluppo in modo che venisse privato di ogni riferimento sull’orizzontalità. In seguito l’animale dinanzi agli ostacoli orizzontali si comportò come se questi non fossero mai esistiti e di conseguenza ci andò a sbattere contro. In merito ad argomenti simili mi è tornato in mente “Waking Life”, una pellicola particolare che a suo tempo suscitò in me vivido interesse e stupore.
Questa sogno è stato un po’ inquietante, però non lo definirei un incubo. Mi trovai dentro un treno merci assieme ad una ragazza di cui rammento soltanto le labbra sottili. Dopo un arco di tempo imprecisato capitai in una città fatiscente della seconda metà del novecento e già nel corso del sogno mi sembrò che questa fosse situata in Corea del Nord. Provavo un certo disagio in mezzo a quelle strade urbane e stavo attento a non dare nell’occhio per evitare i controlli della polizia. D’un tratto fui affiancato da un autobus nero, dalle forme tondeggianti, sul quale si trovava anche la ragazza che precedentemente era stata con me dentro il treno merci. L’autista dopo essersi fermato aprì le porte del mezzo e la ragazza di cui sopra mi invitò ad entrare. Io le risposi che non avevo soldi per il biglietto e lei, a sua volta, disse che bastava un documento d’identità, ma io non disponevo manco di quello e mi allontanai in tutta fretta fino a raggiungere un attraversamento pedonale. Attesi il semaforo verde, ma quando fui ancora a metà strada per arrivare dall’altra parte, la luce divenne rossa e allora seguii quella verde di un altro semaforo. Mi ritrovai in un parco affianco al quale c’erano svariate rovine. Dei ragazzi giocavano a pallavolo, ma ce n’era uno che aveva una palla bianca e la lanciava continuamente contro una parete piena di crepe. Ad un certo punto quella palla bianca finì al secondo piano di un palazzo distrutto che confinava con il campo di gioco e ricordo il contrasto che il colore niveo della sfera suscitò in me quando balzò sopra due aste arrugginite della struttura portante.
Prima di questa scena mi affiancai ad un muro per lasciar passare alcuni bambini che correvano assieme a dei tutori piuttosto anziani. Dopo tutto ciò mi ritrovai a camminare su un terrapieno e mi parve di essere seguito. Da questo momento in poi l’inquadratura del sogno passò alle mie spalle e vidi alternarsi dietro di me due gemelli e un terzo tizio che sembrava il loro capo. D’un tratto costoro mi fermarono e sorridendo mi dettero del denaro. Capii che per salvarmi la vita io dovevo sembrare entusiasta di quell’elargizione e così feci. Quando ripresi a camminare, questa volta senza essere seguito, guardai le banconote e vidi che erano stampate soltanto su di un lato. Non ricordo altro.