Ho sognato d’investire un cane sulle strisce pedonali mentre la sua padrona lo teneva al guinzaglio: un carlino, per la precisione. Appena mi sono reso conto dell’incidente è subentrato in me un forte senso di colpa. La scena onirica si è poi trasferita in un’abitazione dove un uomo mi ha rimproverato con veemenza: “Non ti voglio più vedere a Roma”; all’affermazione di costui io ho risposto che “a Roma ci lavoro”.
Ipotizzo che il cane rappresenti la mia parte istintiva, ma nel sogno appare come un carlino, ovvero un cane di piccola taglia e dunque ne deduco che si tratti di un’istintività ammansita dalla ragione o può darsi che l’immagine costituisca una prevaricazione di quest’ultima: è come se uccidessi involontariamente la mia parte irrazionale. Il conseguente senso di colpa è la mia intuizione di quanto un atteggiamento così censorio sia sbagliato e l’uomo che mi rimprovera può essere l’inconscio, difatti il mio errore non avviene sotto la giurisdizione dell’Io.
Roma è una città che per me ha molteplici significati, ma in questo caso non ricorro a una sua interpretazione personale. L’uomo (l’inconscio) non vuole più vedermi a Roma dove io “lavoro”, ovvero non vuole che la mia razionalità risulti un ostacolo alla mia vita: almeno così sono portato a credere. Alla luce di queste considerazioni io suppongo che nel sogno Roma in quanto caput mundi rappresenti la totalità dell’esistenza, difatti tutte le strade portano a quest’ultima.
A mio modesto avviso la presenza simbolica della razionalità è avallata ulteriormente dalle strisce pedonali: queste indicano l’unico punto in cui per la legge (la ragione?) al cittadino è permesso di arrivare dall’altra parte di una strada (vivere), tuttavia quest’ultima può essere attraversata in altre zone nonché in altri modi. La mia parte irrazionale reclama se stessa.