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Archivio onirico: sogno n. 18 e sogno n. 19

Pubblicato martedì 28 Aprile 2015 alle 16:45 da Francesco

Ho passato una notte travagliata e il mio inconscio ha trasmesso un palinsesto inquietante che spero ancora una volta di riportare e interpretare nel migliore dei modi.

Sogno n. 18

Mi si para davanti una signora incappucciata che ha un aspetto tetro e un'età indecifrabile. Costei mi mostra la mano destra e io noto subito una ferita bianca sotto le sue nocche, però non mi ci soffermo e sposto lo sguardo: quasi mi giro dall'altra parte.
La donna mi ripresenta la mano e le dico che cercherò di aiutarla, ma appena le tocco le dita la ferita s'irradia e al contempo il volto della signora diventa tanto pallido quanto cattivo: provo un orrore improvviso e mi risveglio di colpo con il battito cardiaco piuttosto accelerato.


Sogno n. 19

Mi riaddormento quasi subito e nel nuovo sogno mi ritrovo in una grotta bianca vicino al mare. Parlo con una ragazza che fa colazione e ad un tratto compare un essere androgino dalla pelle scura: ha il volto di un ragazzo e il corpo di una donna procace. Alla sua vista la ragazza si arrabbia con lui e con me, perciò se ne va infuriata e scende sotto la grotta, lungo una sorta di scalinata naturale. Saluto l'altro battendo il mio pugno contro il suo e sorrido.

Nel primo sogno credo che la signora simboleggi il mondo femminile: la sua età è indecifrabile poiché ne deve raffigurare ogni stagione, dalla massima beltade fino alla naturale sfioritura.
Intravedo nella mia iniziale ritrosia il lontanissimo fatalismo nei confronti dell'altro sesso che ha caratterizzato la mia adolescenza, perciò il momento in cui la signora mi riporge la mano per me rappresenta l'ingresso nell'età adulta; la reazione che ella ha al mio tocco sintetizza tutte le difficoltà, le insidie e le frustrazioni che il dovuto cambio di atteggiamento ha comportato nella mia esistenza: l'orrore che ne segue e il risveglio sono la sofferenza e la rinascita nonché le facce diametralmente (e sostanzialmente) opposte della solitudine emotiva.

La prima scena onirica è legata alla seconda, ma preferisco procedere separatamente poiché le ho percepite come esperienze singole, inframmezzate da un brusco risveglio.
La ragazza nella grotta è un altro simbolo dell'altro sesso, ma l'essere androgino che compare non è che il mio lato femminile, inteso come l'Anima (la maiuscola è voluta) junghiana e io interpreto il nostro saluto, pugno contro pugno, come un ritrovato equilibrio con l'Animus (ovvero il lato maschile che io costituisco in quell'essere proprio come quello costituisce in me il lato opposto). La ragazza che si allontana arrabbiata è il mondo femminile che percepisco in perenne afelio e il mio sorriso finale è quasi una specie di accettazione per questa distanza che forse non è reale: che sia un errore di parallasse dovuto proprio… ad un punto di vista?
Su quest’ultima immagine azzardo un’altra ipotesi, un po’ arrogante, ma non lascio che i timori della modestia frenino i miei spunti.
Può darsi che l’allontanamento furioso della figura femminea simboleggi la frustrazione di quelle (poche) ragazze che hanno trovato nella mia Anima (cioè nel mio lato femminile) quanto non volevano sapere di loro, con un chiaro infrangimento delle normali regole di seduzione a cui non mi sono sottomesso e la mia tendenza introspettiva che le ha costrette al confronto con loro stesse: rare ma intense occasioni che si sono risolte sempre con nette separazioni (e tali sarebbero state anche senza le dinamiche anzidette).
Se quest’ultima ipotesi corrispondesse a verità allora ci troverei un concorso di colpe, poiché non ritengo un merito favorire l’altrui introspezione a meno che certi contenuti dell’inconscio non emergano in una maniera appropriata: est modus in rebus, ma sul serio

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