Ho imparato a palleggiare per mimesi. Nel corso dell’ultimo anno la mia tecnica ha mostrato lievi segni di miglioramento. Non ambisco a diventare un freestyler, non sono un giocatore e neanche tifo per una squadra, perciò l’unico legame che ho con il calcio riguarda il controllo della palla. Come ho già scritto in passato, io considero il palleggio calcistico alla stregua di un esercizio yoga e me ne avvalgo per affiancare una controparte fisica al mio equilibrio interiore.
Ogni tanto partecipo a qualche partita di calcio a cinque e spesso mi diverto, ma non sono un granché in campo e d’altronde un gioco di squadra non è proprio nelle mie corde. Il calcio lo seguo senza trasporto e mi fanno ridere tutti quei babbei che hanno bisogno di identificarsi nei colori di una società sportiva per sentirsi parte di qualcosa. Trovo che la violenza negli stadi sia catartica e l’approvo fintantoché non procuri morti né feriti gravi, ma allo stesso tempo la reputo comica poiché spinge le persone a compromettersi per degli atleti che percepiscono compensi faraonici. Anche la passione per il calcio aiuta i più deboli a sopportare la solitudine e difatti non è raro che si mischi con la politica. A me piacciono soltanto i gesti tecnici, le grandi giocate e le dimostrazioni atletiche, tuttavia quando l’Italia perde le partite ne sono contento perché i successi della nazionale di calcio esaltano la mediocrità e di conseguenza, per istinto di conservazione, auguro sempre le peggiori sconfitte agli azzurri. Probabilmente gli spettacoli più belli mi sono stati regalati da Roberto Baggio e Zinédine Zidane. Oggi oltre al solito Franck Ribéry, ammiro Javier Zanetti per la sua abnegazione, Arjen Robben per le sue capacità atletiche e tecniche, Giuseppe Mascara e Keisuke Honda per la fantasia, Mario Balotelli per la potenza ed Emanuel Pogatetz per ricordarmi sempre di comprare più carne rossa dal macellaio.
Sarei molto grato al signor Kim Jong-il se evitasse di giocare con i missili in prossimità della nazione in cui mi trovo dato che uno dei suoi balocchi difettosi è finito al largo del Giappone. Oggi pomeriggio ho conosciuto tre francesi di origini magrebine che soggiornano nel mio stesso hotel e mi sono unito a loro per qualche ora; che il titolo dell’appunto con il quale mi sono congedato dall’Italia sia stato premonitore? Il trio transalpino è composto da due fratelli e da un loro amico. Tutti e tre amano il calcio, perciò abbiamo acquistato un pallone e ci siamo fatti indicare un luogo dove calciarlo liberamente. Durante la nostra ricerca abbiamo parlato molto del nostro sport e i miei compagni d’avventura sono rimasti piacevolmente sorpresi dal fatto che io tifi per la nazionale francese nonostante sia italiano; per loro ho pure indossato la maglia di Ribery che ovviamente non può mai mancare nel mio bagaglio. Alla fine abbiamo incontrato un gruppo di ragazzini giapponesi e abbiamo giocato contro sei di loro. I giovani figli del Sol Levante si sono dimostrati all’altezza dei loro coetanei europei e durante la partitella hanno sfoggiato una buona disciplina.L’educazione giapponese non smetterà mai di sorprendermi. I ragazzini hanno fatto un gioco di squadra preciso mentre io e miei compagni ci siamo dilettati in azioni individuali per mostrare il nostro bagaglio tecnico agli occhi dei passanti; qualche telecronista ci avrebbe definiti leziosi, ma il risultato finale è stato a favore del vecchio continente. Ho parlato un po’ di tutto con i ragazzi francesi e mi hanno detto una cosa che non mi aspettavo: nonostante siano magrebini vedono di buon occhio Jean Marie Le Pen e lo preferiscono a politici quali Segolene Royal in quanto lo reputano un uomo diretto. Alle superiori ho studiato francese per cinque anni e sono in grado di leggerlo correttamente, ma non lo comprendo e soltanto di rado riesco a indovinare il significato di qualche frase grazie alle assonanze con l’italiano: English leads the way. In viaggio socializzo sempre con qualcuno. Non vado molto d’accordo con i miei connazionali e credo che il problema sia legato alla lingua italiana che io reputo bella e allo stesso tempo molto incline alle ambiguità. Dovrei relazionarmi sempre in inglese per non generare fraintendimenti ed evitare tutte quelle situazioni che difficilmente potrebbero verificasi con una comunicazione più essenziale. La lingua italiana è bella e affascinante come una mantide religiosa. Appena avrò tempo e voglia appunterò qua sopra le mie impressioni sulla giornata che ho trascorso a Hitachi. Finora sono stato molto bene, ma per me questa non è affatto una sorpresa e lo scrivo con una punta di orgoglio. Il mio umore spesso è alto e in questi giorni viene elevato ulteriormente dalle condizioni meravigliose in cui mi trovo.