Si può vergare qualsiasi corbelleria su un pezzo di carta pregiata, ma questa libertà d’imbrattare e di trascrivere ciarle mi diverte oltremodo quando presenta velleità dogmatiche. Non so davvero come interpretare la costituzione, il codice penale, la dichiarazione dei diritti dell’uomo, il regolamento del Monopoli, le dichiarazioni d’indipendenza, ma anche i Kleenex con cui si asciugano le lacrime di commozione dinanzi a cotanti faldoni, nonché lo Scottex che all’uopo può assorbire la pioggia che cade sul bagnato o il sangue che in quest’ultimo scorre a rivoli; ebbene, fate vobis!
Voglio smontare il linguaggio per abusarne senza uno scopo o quantomeno senza pormene uno da cui calare la carota. Talora odo individui che non si capiscono da un capo all’altro del disagio, ma ne apprezzo l’ostinazione attraverso la quale essi suggellano i reciproci fraintendimenti. Non ho bisogno di rispettare qualcuno, i morti men che mai! Ognuno piange i cadaveri che lo fanno sentire vivo, ma io sono convenzionato con la morte e non ho bisogno di mezze verità per riempire la parte del bicchiere che è ancora vuota: le mie giornate sono fulgide e risplendono d’amor proprio. L’identificazione è una brutta bestia che io cerco di affamare. Conosco molti coglioni che considero tali perché evidentemente mi reputo migliore di loro, però questo giudizio corrisponde davvero alla realtà fattuale o mi certifica lo status che io attribuisco a terzi? Se potessi copulare con l’oggettività mi porrei il problema, ma io tutt’al più mi massaggio l’uccello con regolarità certosina e dunque mi avvalgo di approssimazioni perché non ho nulla di meglio. Circoscrivo un campo in cui ritengo probabile la presenza di elettroni. Specchio delle mie brame, quanta merda nel reame.