Pubblicato martedì 18 Ottobre 2016 alle 13:27 da
Francesco
Sabato ho attraversato per l’ennesima volta una parte d’Italia da solo e con la mia auto sono arrivato in quel di Parma per prendere parte l’indomani alla prima edizione della maratona cittadina, una gara organizzata bene che ho completato in 2h55’11”, il mio secondo miglior tempo di sempre sulla distanza regina. Mi sono classificato undicesimo assoluto su novecento arrivati e secondo di categoria: un ottimo piazzamento che non avevo mai conseguito prima.
Le gambe non hanno girato a pieno regime, tuttavia i primi ventiseimila metri se ne sono andati tranquillamente. Ho bevuto mezzo bicchiere d’acqua al ristoro del trentesimo chilometro e un altro mezzo al ristoro del trentacinquesimo.
Avevo con me due gel che non ho usato perché ho avvertito un disturbo allo stomaco e quindi, per non rischiare una crisi, ho corso senza altra integrazione che la suddetta H²O.
Ho affrontato interi tratti della gara da solo, più distante dal gruppo degli inseguitori che da quello di cui vedevo le schiene, però la tenuta mentale è stata buona e l’ultimo sorpasso l’ho effettuato a metà del quarantesimo chilometro.
Sono soddisfatto perché nell’arco di due settimane sono riuscito a correre due maratone sotto le tre ore e la seconda meglio della prima. Ho preparato entrambe le gare senza lavori specifici per la velocità, ma solo con degli allenamenti medi e lunghi.
Sono l’allenatore di me stesso e ho dei metodi poco ortodossi, ma per come sono fatto non conosco un altro approccio possibile da parte mia a questa disciplina.
Da una libreria del centro di Parma ho acquistato "L’essere e il nulla" di Sartre che sarà oggetto di mie future, doverose ed esistenzialistiche letture.
Questi i miei intertempi:
10KM: 41’29"
Mezza maratona: 1h27’20"
30KM: 2h01’56"
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Pubblicato giovedì 6 Ottobre 2016 alle 14:15 da
Francesco
Domenica ho corso la maratona di Torino che valeva anche come campionato mondiale militare e campionato italiano interforze, perciò vi si respirava un clima solenne. Quando sono andato a ritirare il mio pettorale, il giorno prima della partenza, ho assistito anche alla sfilata degli atleti che l’indomani si sarebbero dati battaglia per il summenzionato titolo del mondo.
La mia è stata una gara senza infamia e senza gloria, tuttavia posso ritenermene soddisfatto. Sono partito forte perché le sensazioni erano buone, di conseguenza mi sono attestato su un passo di poco inferiore ai quattro minuti al chilometro e fino al trentatreesimo ho mantenuto una media di quattro minuti netti, ma poco dopo quest’ultima frazione ho sentito una fitta al fianco destro: sua maestà il fegato! Ho camminato per almeno tre minuti, ho fatto dei respiri profondi e alla fine ho ripreso a correre con l’intenzione di giungere comunque al traguardo sotto le tre ore: in qualche modo ci sono riuscito! Suppongo che la mia crisi sia scaturita dal mio approccio aggressivo che si è scontrato con il caldo della seconda metà di gara e con un tracciato un po’ ostico ancorché non durissimo. Ho tagliato il traguardo in 2 ore, 58 minuti e 58 secondi, così mi sono classificato centotredicesimo e quinto di categoria.
Anche questa mia sesta maratona l’ho conclusa sotto le tre ore, perciò sono contento perché non è da tutti gli amatori l’abbattimento regolare di questo muro psicologico, ma alcune volte risulta più facile di altre e non escludo che prima o poi io possa sbatterci il muso.
Come premio di categoria ho ricevuto un buono di benzina da venti euro che ho usato subito e una bella felpa. Ho osato e questa volta sotto il profilo cronometrico non è andata benissimo, infatti se avessi distribuito meglio lo sforzo avrei fatto registrare un tempo più basso e mi sarei stancato di meno, però sono davvero felice perché ho recuperato una gara compromessa e ne è uscito un ottimo allenamento in prospettiva di altre maratone.
Ho intenzione di ripetermi a breve e l’altro ieri, appena due giorni dopo la maratona, ho sciolto un po’ le gambe con venti chilometri e mezzo a 4’49” di media: per me, niente male!
Oltre al lato sportivo voglio aprire una parentesi personale. Il mio ritorno nella città sabauda, precisamente il mio secondo soggiorno torinese, mi ha fatto ricordare dei bei momenti che là vi vissi tre anni or sono per conto mio. Sono anche tornato a mangiare nello stesso ristorante giapponese dove cenai la prima volta e ho persino riconosciuto la cameriera che già allora mi servì svogliatamente. Trovo qualcosa di buffo nell’eterno ritorno delle cose. Ad maiora.
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Pubblicato lunedì 9 Maggio 2016 alle 19:58 da
Francesco
Sabato mi sono recato a Firenze per prendere parte a una gara di sei ore su un circuito di duemiladuecento metri, però l'ho corsa con l'intenzione di usarla come allenamento per un'altra competizione. L'inizio è avvenuto a mezzogiorno e fino alle sei ho percorso lo stesso giro più o meno una trentina di volte. Alla fine ho mantenuto un'andatura media di poco al di sotto dei cinque minuti al chilometro e ho accumulato circa settantatré chilometri che mi hanno fatto guadagnare il primo podio della mia carriera come terzo uomo.
Questo genere di eventi sono un po' elitari e la partecipazione non è certo quella delle grandi occasioni, tuttavia vi si riversano coloro che hanno una certa confidenza con le lunghe distanze. La mia prestazione è risultata migliore di qualunque mio pronostico e mi ha dato dei riscontri importanti che spero mi aiutino ad affrontare al meglio una gara a cui tengo parecchio.
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Pubblicato lunedì 23 Marzo 2015 alle 16:18 da
Francesco
Scrivo qualcosa su quel passatempo con cui mi illudo di allungare i telomeri, ma sarebbe meglio che spendessi delle parole su qualcos’altro. Ieri alla Maratona di Roma ho corso di proposito senza orologio e con appena ventitré chilometri di allenamento nelle ultime tre settimane (di cui cinque in una staffetta e diciotto veloci qualche giorno prima della gara).
Sono partito forte, troppo forte, e per quasi venti chilometri ho seguito una kazaka che poi ha chiuso in due ore e quarantatré minuti: un tempo irrealistico per me.
Ho corso la prima metà in un’ora e ventuno minuti, la seconda in un’ora e trentacinque minuti: porco dio! La crisi è cominciata al ventottesimo chilometro, bella prematura come i mali incurabili che falcidiano i più sfortunati alla grande lotteria della genetica.
Ho pensato al ritiro fino al quarantesimo chilometro, ma a forza di ripetermelo come un mantra quel comprensibile intento ha perso di significato. Solo al mio secondo Passatore ho sofferto più di ieri mattina. Il paradosso è che in una gara gestita malissimo ho chiuso con un tempo per me soddisfacente, ovvero due ore, cinquantasei minuti e ventiquattro secondi: si tratta del mio secondo miglior risultato di sempre in maratona!
Non ho mai accusato così tanto le asperità dei sanpietrini: ottimi come armi improprie per gli scontri di piazza, un po’ meno per correrci. Alla fine ho chiuso 158° su 11486 e sulla via del ritorno, in una piccola libreria, ho anche trovato una buona versione dell’Eneide a sette euro.
Ho deciso di mettere a piè di pagina le foto impietose che mi ritraggono in prossimità dell’arrivo perché in quei quarantadue chilometri ho alzato ancora una volta la soglia di sopportazione del dolore: ieri la vera prestazione è stata caratteriale, non atletica.
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Pubblicato giovedì 19 Febbraio 2015 alle 19:03 da
Francesco
Domenica mi sono recato a Terni per correre la maratona di San Valentino. Lungo il tragitto ho tratto fiducia da lontani nembi che minacciavano tempesta, difatti le mie gare migliori sono state tutte sovrastate da cieli plumbei. L’oracolo atmosferico ha trovato pieno compimento lungo i quarantadue chilometri del percorso e la mia prestazione è stata superba: non c’è appello per le sentenze di Kronos e della corsa amo proprio il suo tratto categorico in relazione al tempo.
Ho alzato la cresta e ho abbassato di quasi otto minuti il mio record personale di maratona: ho tagliato il traguardo in 2h 50m 34s, ventesimo assoluto e quinto di categoria. Per metà gara ho tallonato la prima donna, la croata Vrajic, poi l’ho staccata e ho mantenuto un’andatura media di 4’03”. Ho aspettato una crisi che non è mai arrivata e questa volta l’azzardo è andato bene. A ridosso del trentottesimo chilometro ho iniziato ad avvertire delle fitte alla milza che sono riuscito a gestire e non ho avuto altri disagi. Ho anche fatto negative split, ovvero ho corso la prima metà più lenta, in 1h e 26m, e la seconda più veloce, in 1h e 24m.
Il mio unico rifornimento è stato una bottiglietta d’acqua che ho preso verso il trentacinquesimo chilometro: l’ho bevuta metà (più per prevenire un eventuale caso di ematuria che per sete) e l’ho gettata. Non ho assunto solidi perché non ne ho sentito il bisogno ed è stato meglio così.
Mi ha ripagato in toto il cambio di allenamento che mi sono imposto e che ho ricamato sulle mie esigenze. Non sono alla ricerca ossessiva di miglioramenti e non mi lamenterei affatto se il tempo di questa maratona rimanesse per sempre la mia prestazione migliore sulla distanza classica: la mia esistenza non ruota attorno alla corsa, ma ne trae beneficio.
Questa accozzaglia di numeri e impressioni ha anche un’altra matrice che fa riferimento al già citato salto d’ottava e di fatto ne è una conferma trascurabile
Solo qualche mese fa, in quell’autunno così nefasto e tormentato, ho pensato che non avrei più fatto una gara per parecchio tempo e invece sono tornato a correre più forte di prima. Quando non c’era nessuno accanto a me, proprio come non c’è ora e non c’è mai stato prima, ho cercato di risvegliare lo spirito dei miei avi perché sono sicuro che tra uno di loro c’è stato un grande uomo. Ormai indosso sempre una hachimaki, una bandana giapponese, che a qualcuno può sembrare soltanto un vezzo, ma per me simboleggia l’odissea degli ultimi mesi e la forza che ho ritrovato dall’altra parte del mondo. Chissà domani cosa fileranno le Parche.
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Pubblicato giovedì 18 Dicembre 2014 alle 11:40 da
Francesco
Nel buio pesto di tre mesi fa non riuscivo a scorgere nemmeno un lontano bagliore di questo meraviglioso presente che allora era soltanto un futuro nascosto, del tutto inimmaginabile.
Non sono un fatalista e penso davvero che homo faber fortunae suae. Sono governato da leggi superiori che non conosco e non scarico la mia ignoranza sulle cosiddette casualità: certo, esse esistono, ma forse viene ascritto loro più di quanto in realtà portino nei loro amorfi grembi.
Mi sento di nuovo forte e allineato sulla mia via: il baricentro è stabile, lo sguardo deciso, perciò che io possa ricordare bene questi giorni e le notti che ne hanno preceduto la mirabile venuta. Oltre alle liete constatazioni è opportuno un resoconto: di sicuro non è indispensabile, però ho voglia di scriverlo per rinnovare la recente fragranza di quei momenti già incensati dagli eventi.
Sabato sono decollato dall’aeroporto di Waimea e prima di arrivare a destinazione ho fatto due brevi scali sulle isole di Maui e Molokai. Ho volato tre volte a bordo di un Cessna 208 Caravan e durante la seconda tratta sono stato l’unico passeggero: ho provato una sensazione surreale! Sono arrivato a Honolulu in circa due ore e mezzo. Una volta uscito dall’aeroporto ho rimediato un passaggio da un atleta locale che si trovava anch’esso sul mio terzo volo e così sono andato a ritirare il pettorale: ho ricevuto il numero 16508! Non so se nasconda un valore cabalistico…
Non mi sono trattenuto molto all’Hawaii Convention Center, ma ho preferito dirigermi a Waikiki per riposarmi il più a lungo possibile e nel migliore dei modi.
Mi sono svegliato alle tre del mattino poiché lo start era previsto per le cinque. Ho messo il mio completo e mi sono legato una hachimaki (una bandana giapponese) in testa che riportava i due ideogrammi della parola “touhon”, ovvero “spirito combattente”. Per riscaldarmi ho corso da Kuhio Avenue fino alla partenza in Ala Moana Boulevard (guarda un po’, un boulevard): circa due chilometri e mezzo in cui ho visto maratoneti (o aspiranti tali) frammisti a degli ubriachi, ma forse qualcuno univa in sé i due mondi: creature ibride, un po’ dionisiache, un po’ mercuriali…
Poco prima dello start è stato cantato l’inno americano e poco dopo nel cielo ancora scuro sono esplosi dei fuochi d’artificio. Il primo chilometro l’ho dovuto correre piano, ma ho poi recuperato in progressione i secondi persi negli ingorghi dei primi mille metri. Qualche folata di vento e un po’ di pioggia hanno caratterizzato buona parte della gara, ma nulla d’insostenibile. Sono stato quasi sempre in gruppo con degli atleti nipponici, meno che in un frangente dove siamo stati in tre: un italiano, un giapponese e un tedesco, come in una barzelletta ricordata male o in un’alleanza bellica dagli esiti nefasti. Ho passato il decimo chilometro in 41 minuti e rotti e là ho trovato le prime conferme sulla mia andatura, ma ne ho ricavate di ulteriori al ventunesimo, infatti sono transitato in circa 1 ora e 28 minuti alla mezza maratona. Ho avuto una piccola crisi attorno al venticinquesimo chilometro poiché il vento si è alzato all’improvviso e la pioggia si è fatta più fitta, ma dopo poco il peggio è rientrato. Ho maturato la convinzione che sarei sceso sotto le tre ore prima del trentaquattresimo chilometro anche se avevo già cominciato ad accusare stanchezza muscolare: ho continuato a testa bassa, come altre volte, in altre casi…
Al traguardo il mio real time è stato di 2 ore, 58 minuti e 21 secondi, tempo che mi ha permesso di guadagnare l’82° posto assoluto, il 13° di categoria (M30-34) e il 71° tra gli uomini, uno dei primi europei e primo di quello che suppongo sia uno sparuto gruppo di italiani: tutto questo a fronte di più di ventiduemila partecipanti (e circa trentamila iscritti).
Niente male per uno come me che sembrava avesse chiuso con le gare e con altro: la verità è che “non è finita finché non è finita”!
Tra l’altro nel 2013 anche alla cento chilometri del Passatore (la mia prima gara) arrivai all’82° posto: quello fu un inizio e quest’ultimo forse ne sancisce un altro, come in un cerchio che si chiude, come in un eterno ritorno…
Ho iniziato questo viaggio dubitando delle coincidenze e queste mi si sono presentate in forme, modi e numeri di cui non ho ancora appuntato tutto. Non si tratta di autosuggestione: forse è qualcosa di ancora più prosaico, ma di certo non è autosuggestione. A tempo debito lascerò qui ulteriori dettagli e intanto continuo a starmene in mezzo al Pacifico, ospite di brave persone.
Dal Vecchio Continente un caro amico mi ha inviato un articolo apparso nella cronaca sportiva dell’edizione di oggi (diciotto dicembre) de Il Tirreno. Ringrazio ancora una volta chi di dovere.
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Pubblicato mercoledì 28 Maggio 2014 alle 08:44 da
Francesco
Sabato ho corso la cento chilometri del Passatore per la seconda volta e sono di nuovo riuscito a terminarla benché il mio tempo sia stato più alto di circa cinquantaquattro minuti rispetto a quello dell’anno precedente: nel 2013 impiegai 9 ore, 40 minuti e 54 secondi per raggiungere piazza del Popolo a Faenza, in quest’edizione invece ho fermato il cronometro 10 ore, 34 minuti e 31 secondi dopo lo start che è avvenuto in via dei Calzaiuoli, in quel di Firenze.
Fino al Passo della Colla tutto è filato liscio e infatti, da quanto m’è stato riferito, ero tra i primi novanta benché abbia impiegato quattordici minuti più dello scorso anno per scollinare al 48° chilometro. Fino a Marradi, al 65° chilometro, ho mantenuto un passo che mi proiettava ancora sotto le dieci ore, ma dopo il 70° ho avuto dei crampi ai polpacci e all’addome, dolori così lancinanti per i quali mi sono dovuto stendere sull’erba al lato della strada mentre passavano le auto. Una volta a terra, nel buio della notte e in quello del cuore, ho spinto le gambe contro una recinzione: dopo un po’ è sopraggiunto un altro podista che s’è fermato quasi un minuto per aiutarmi. Quando costui è ripartito io sono rimasto qualche altro secondo disteso e mi sono chiesto se avrei fatto lo stesso qualora i ruoli fossero stati invertiti: ho pensato subito di sì, ma ne sono diventato certo prim’ancora di rialzarmi per ripartire.
Verso Brisighella mi sono dovuto fermare una seconda volta per dei conati di vomito, forse un principio di congestione che mi sono procurato con l’assunzione di troppi liquidi: insomma, mea culpa, ho fatto qualche errore d’integrazione. Qualche chilometro dopo, prima del 95°, si sono ripresentati i crampi: bentornati! Seppur di minore intensità, i dolori alle gambe mi hanno fatto crollare di nuovo a terra e ho impiegato oltre un minuto per riprendermi. All’ultimo ristoro, quello del 95° chilometro, ho bevuto del the caldo e mi è sembrato la panacea di tutti i mali perché mi ha permesso di correre gli ultimi cinquemila metri sotto i sei minuti al chilometro: una velocità stellare per la condizioni in cui ero ridotto e con i quasi cento chilometri che avevo già macinato. Ho riguadagnato diverse posizioni e mi ha davvero sorpreso il cambio di passo che mi sono imposto, però avrei preferito che una tale brillantezza fosse stata spalmata meglio negli ultimi trenta chilometri.
Ora mi domando dove io abbia trovato quel vigore finale. Forse dopo il superamento di un limite s’apre per un po’ una comoda strada che ne introduce di più tortuose. La mia tenuta mentale è stata ottima e ne sono felice perché mi ha dato buone indicazioni su quanto esula dallo sport. Ho patito molto in questa cento chilometri, è stata la mia gara più lunga in assoluto e penso che mi abbia aiutato ad incrementare la mia soglia di sopportazione del dolore (che fa tanto comodo anche nella vita), ma alla fine sono riuscito a concluderla con un dignitoso 204° posto su 1738 atleti arrivati e su 2198 partiti.
Penso che ormai abbia dato il meglio di me nell’ultramaratona, perciò ho intenzione di dedicarmi a distanze più brevi, almeno per qualche tempo, però è sempre facile ricascarci…
Invero la cosa migliore sarebbe che io cominciassi a scopare.
Ad maiora.
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Pubblicato venerdì 19 Febbraio 2010 alle 14:31 da
Francesco
Diversi internauti giungono su queste pagine attraverso ricerche che concernono la scelta della musica per correre. Credo che l’efficacia di una compilation sia piuttosto soggettiva, ma condivido volentieri le mie esperienze. Nell’ultima settimana ho adottato una nuova playlist per affrontare un percorso di 21,8 chilometri (quasi quattro chilometri in più rispetto allo standard delle mie sessioni). Ho coperto la distanza testé citata in un’ora e trentotto minuti, a una velocità media di 13,35 chilometri orari e con un passo al chilometro di quattro minuti e trenta. Quanto ho descritto finora è il miglior risultato in termini di velocità che io abbia mai ottenuto. Ovviamente i miei dati non si sposano con le possibilità di vittoria in una mezza maratona, però mi soddisfano enormemente e in futuro mi auguro di fissare un nuovo record personale. Tra l’ascolto di un album e l’altro, ogni tanto realizzo una playlist come quella che mi accingo ad appuntare. Le mie prestazioni sono legate alla scelta della musica adatta per correre. Alcune tracce le seleziono per il valore emotivo mentre altre (e queste sono la maggior parte) per le caratteristiche prettamente musicali. In questa quarta compilation ho preso in prestito un po’ di roba dalla colonna sonora di Rocky e qualche cover in chiave metal. La raccolta contiene pezzi piuttosto piuttosto celebri e dunque non escludo che almeno una parte di quest’ultima possa fornire uno spunto per altre persone. La cover di “Eye Of The Tiger” dei Pain Confessor l’ho inserita due volte perché mi motiva molto. Quando la compilation termina e non sono ancora giunto a destinazione, faccio ripartire alcuni pezzi a mia discrezione. La cover di “Take On Me” dei Northern Kings è un pezzo a cui voglio dare una nota di merito perché lo reputo l’episodio più esaltante di tutta la playlist.
- Vince DiCola – Training Montage
- Bill Conti – Gonna Fly Now
- Crossfade – No Giving Up
- Robert Tepper – No Easy Way Out
- R.E.M – It’s The End Of the World As We Know It
- The Trophy – The Gift Of Life
- Bon Jovi – You Give Love A Bad Name
- Northern Kings – Take On Me
- Pain Confessor – Eye Of The Tiger
- Metallica – Whiskey In The Jar
- Survivor – Burning Heart
- Bad Religion – Broken
- Guns N’ Roses – You Could Be Mine
- Pain Confessor – Eye Of The Tiger
- Northern Kings – We Don’t Need Another Hero
- Northern Kings – My Way
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Pubblicato martedì 15 Settembre 2009 alle 04:30 da
Francesco
Ho preparato e collaudato una terza raccolta di tracce power metal e heavy metal da ascoltare durante le mie sessioni di corsa. Ho affiancato qualche band meno nota a dei gruppi blasonati e il risultato per me è stato stupefacente: un mix stimolante di vecchie glorie e nuove leve. Ho provato quest’ultima compilation lungo un percorso di ventisei chilometri (circa otto chilometri in più rispetto alla distanza che copro abitualmente) e ne ho tratto grande beneficio, specialmente in salita. Tra tutti i grandi pezzi che ho scelto credo che “Heading Northe” degli StormWarrior sia il punto in cui la mia esaltazione raggiunge il culmine e difatti si rivela un aiuto potente quando aumenta la pendenza verso l’alto.
- Axxis – The Fire Still Burns
- Angra – Carry On
- Astral Doors – Black Rain
- Astral Doors – Raiders Of The Ark
- Axel Rudi Pell – Fly To The Moon
- Domine – True Leader of Men
- Gamma Ray – Send Me a Sign
- Gamma Ray – It’s a Sin
- Iron Maiden – Flight of Icarus
- Iron Maiden – The Evil That Men Do
- Judas Priest – A Touch of Evil
- Kotipelto – Sleep Well
- SevenGates – I Don’t Believe
- StormWarrior – Heading Northe
- Stratovarius – 4000 Rainy Nights
- Stratovarius – Black Diamond
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Pubblicato venerdì 28 Agosto 2009 alle 08:56 da
Francesco
Per questa seconda raccolta ho utilizzato dei pezzi hip hop mentre per la terza compilation userò nuovamente delle tracce power metal e heavy metal. Trovo che, salvo poche eccezioni, l’efficacia della musica durante la corsa tenda a diminuire ed esaurirsi ogniqualvolta non venga diversificato l’ascolto dopo un numero variabile di sessioni. Penso che sussistano delle analogie tra la differenza di potenziale che si trova in campo elettrico e l’adozione della musica come elemento di tensione per intensificare l’attività fisica, perciò a mio avviso è necessario che la mente non si abitui mai a certi suoni e per evitare d’incorrere in questa condizione ho notato che almeno nel mio caso è sufficiente sostituire all’uopo il contenuto dell’ausilio musicale. Attraverso un continuo riciclo di tracce mi sono reso conto di come ogni pezzo valido ricarichi la propria efficacia dopo un periodo nel quale non giunga mai all’udito.
- Army Of The Pharaohs – All Shall Perish
- Fat Joe – King Of N.Y.
- Goodie Mob – Still Standing
- Ill Bill – What’s Wrong
- Immortal Technique – The Poverty of Philosophy
- Juelz Santana – Shottas
- Killah Priest – One Step
- Killah Priest – B.I.B.L.E.
- Kool G Rap – My Life
- Large Professor – Stay Chiseled
- M.O.P. – Ante Up
- Sticky Fingaz – No More
- Talib Kweli – Beautiful Struggle
- Three 6 Mafia – Late Night Tip
- Tragedy Khadafi – Hood Love
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