A maggio avevo presentato una domanda di assunzione presso un’azienda locale che produce pomodori e se fossi stato scelto avrei lavorato durante il torrido mese d’agosto. Evidentemente non sono stato ritenuto all’altezza di questa mansione, difatti non ho ricevuto alcuna chiamata. Quando ho capito che non mi sarei macchiato le mani di rosso mi sono risolto a convocare una riunione straordinaria con i miei gatti. Nel corso di questo sinodo felino è emersa la necessità di ricavare almeno mille euro per potermi permettere alcune cose, tra cui la possibilità di viaggiare anche l’inverno venturo, senza però aumentare la quota di denaro che io riservo annualmente per siffatte spese. Una trentina di giorni di lavoro mi sarebbero bastati, ma la strada della fatica ormai era preclusa: purtroppo io non dispongo di una laurea in scienze agrarie che mi consenta di ficcare pomodori nei barattoli di latta. Or dunque, dopo un attento esame delle forme di Anita Blond ho provveduto a stendere un piano d’azione che però è stato anticipato dalla stesura di un fazzoletto di carta sulla mia cappella: tra l’altro per l’occasione ho immaginato come sarebbe bello potersi asciugare il cazzo con la Sacra Sindone, ma non voglio divagare.
Qualche giorno prima avevo letto un articolo di psicoanalisi relativo alla ridondanza dei gesti e mi è tornato in mente proprio quando sulla stessa traiettoria transitava il ricordo della recente esperienza alla roulette: i due si sono scontrati! La collisione ha provveduto ad accendermi una lampadina, però invece di “eureka” ho gridato “porco dio!” e mi sono dato una manata sulla mia ampia fronte. Durante le piccole e innocenti giocate alla roulette avevo capito (come ho scritto meno d’un mese fa) che io potevo al massimo compiere vincite a breve termine, ma non sarei mai stato in grado di protrarle. In più mi sono ricordato che nel casinò online c’era un croupier che tendeva a far uscire i numeri principalmente sulla prima e sulla terza dozzina, con rarissime uscite sulla seconda: questo fatto l’ho collegato all’articolo di psicoanalisi su cui fortunatamente i miei occhi s’erano persi. Alla fine sono giunto ad una conclusione eccezionale ancorché sembri scontata, ovvero che partendo da piccole cifre non avrei mai potuto farne di grandi e soltanto movimentando un capitale grande avrei potuto fare piccole vincite: i fatti m’hanno dato ragione. Ho versato 2600€ sul conto di gioco e ho atteso che il croupier di cui sopra si presentasse nella diretta in streaming (difatti e per ovvi motivi il croupier cambia ogni mezz’ora). Il primo giorno con puntate da 100€ ed esponendomi al massimo per 200€ sono riuscito a fare 700€ in sedici minuti e il giorno dopo ho ripetuto quanto ho appena descritto: questa volta nello stesso arco di tempo ho incassato 550€. Ho ritirato tutto per mezzo di Pay Pal e non mi sono fatto dominare dall’avidità. Insomma, alla fine mi sono ritrovato con 1250€ in più. Cazzo, per me è stata come una rapina perché è stato maggiore il tempo impiegato per progettare questo exploit che quello necessario per attuarlo. Le mie puntate si sono limitate alle dozzine (la prima e la terza).
Forse non mi sarebbe mai venuto in mente tutto questo ambaradan se fossi stato assunto per inscatolare pomodori. Comunque la vera vittoria rimane un’altra. Io ho dimostrato un controllo straordinario su me stesso e ho saputo cogliere il momento per andarmene con le vincite. Ho dato prova della capacità di dominarmi, difatti la cupidigia avrebbe potuto plagiarmi se prima non l’avessi starnata viva. Ero quasi certo che ce l’avrei fatta e, se l’unica certezza nella vita non fosse la morte, potrei affermare d’essere stato sempre sicuro della buona riuscita di questo blitz. Ho sfruttato un fattore umano, quasi come un bug in un programma, ma non potrei mai farlo in modo regolare poiché alla fine perderei sicuramente. L’altro aspetto introspettivo di questa faccenda è proprio la consapevolezza di non poterla ripetere, difatti solo gaglioffi e inetti insisterebbero. Io so che potrei vincere ancora qualcosa, anzi ne sono fermamente convinto, ma allo stesso tempo credo che sia meglio non cercare conferme in merito, e, malgrado l’uso del congiuntivo, anche di questo io sono fermamente convinto: un paradosso che mi rende un vincitore sotto l’aspetto monetario e sotto quello introspettivo. A ‘sto giro non mi sono proprio regolato e ho dato ulteriore linfa alla mia autostima che già prima si attestava su buoni livelli. Ho risollevato la mia estate e mi sento un dritto. I miei gatti erano scettici: “Colonnello, nella sua manovra non c’è nulla di razionale!”. Io ho risposto loro: “Sapete perché voi siete gatti e io sono un essere umano? Ebbene, lasciate che ve lo dica. Si tratta della metamorfosi. Voi siete ancorati alla vostra natura limitata mentre a me talora è concesso d’essere un cavallo pazzo”.
Quasi ogni trecentosessantacinque giorni, il ministero dell’economia sito nella periferia del mio encefalo stanzia una cifra modesta per il gioco d’azzardo. Qualche anno fa giunsi ad accumulare centottanta euro al black jack partendo da dieci, ma alla fine persi tutto. In seguito rischiai di vincerne oltre seicento con le scommesse calcistiche, ma poi il Parma vinse contro la Fiorentina e le reti dei gialloblu segnarono anche la mia débâcle. Infine, piuttosto recentemente, ho vinto ben duecentosessantadue euro alla roulette francese, puntando solo sulle dozzine e senza usare null’altro che intuizioni estemporanee, ma com’è giusto che sia le mie vincite sono tornate al banco nell’arco di breve tempo. Bene, tutto ciò cosa m’insegna? Che probabilmente sono fortunato in amore, eh. In realtà ritengo che per il gioco d’azzardo occorrano abilità che io non possiedo. Sono in grado di conseguire vincite nel breve periodo, però non arrivo mai a capire quando devo abbandonare il tavolo verde e ciò dipende da due fattori. Anzitutto io do per scontato che i sesterzi dedicati al gioco siano persi in partenza, di conseguenza non mi diletto a sfidare la sorte con l’intento di guadagnarci e dunque viene meno in me l’attaccamento alla pecunia. Insomma, per chi non sia avvezzo allo stoicismo, prima di giocare consiglio di leggere qualcosina di Seneca per affrontare il tutto con il dovuto distacco. In secondo luogo: sono un idiota. Il gioco d’azzardo è divertente e per pochi eletti può essere fonte di reddito, però io non sono all’altezza d’intenderlo in un modo che non sia strettamente ludico, perciò non ho la “fame” necessaria per impegnarmici in maniera fruttuosa, splendidamente lucrativa!
Ricordo l’epopea del buon vecchio Bogdan, degna della penna di Virgilio, d’Omero o di qualche pubblico ministero. Ancora ghigno quando rammento com’egli ospitò nella sua casa alcune mignotte e, per quest’utile servigio reso alla malavita locale, gli furono dati denari a tre zeri che perse proprio alla roulette dopo aver perso la sua fidanzata per quanto sopramenzionato. Anche il mio presunto padre era un accanito giocatore e infatti uno dei pochi ricordi che ho di lui consiste in una simpatica gita all’ippodromo di Grosseto: mai come in quell’occasione io udii cotante invettive rivolte ad un ignaro quadrupede, reo d’essersi attardato al traguardo!