Non aderisco a quelle convinzioni nostalgiche che negano ai tempi odierni la possibilità di figliare ottima musica, difatti ancor oggi compulso le nuove uscite nei miei generi preferiti e non di rado compio piacevoli scoperte. Non vivo nel passato sebbene quest’ultimo dimori ed echeggi in me. Certo, sono molto legato ad alcune pietre miliari, però non lascio che si trasformino in zavorre e mi tengo a galla nel presente grazie all’ambigua posizione del morto.
Negli ultimi sette giorni ho ascoltato oltre novanta volte Zio Klaus, quarta traccia di Imilla, il nuovo disco de Il Bacio della Medusa (band che seguo dal 2008 e di cui posseggo quasi tutta la discografia), un simpatico concept album di rock progressivo italiano (prog, per amici ed estimatori) che racconta la parabola di Monika Ertl, la militante dell’ELN che sparò tre colpi a Quintanilla Pereira (formandogli in petto una vu di vittoria), reo quest’ultimo di aver mozzato le mani al cadavere di Che Guevara. L’intero disco è grandioso, intriso di atmosfere da spy story che sono rese in maniera magistrale dal classico stile del gruppo, ma in Zio Klaus sento forte la vocalità alla Peter Hammill e l’impronta dei Van Der Graaf Generator, inoltre il testo di Simone Cecchini è un vero gioiello. Spero di rivedere presto Il Bacio della Medusa dal vivo in quanto serbo un bel ricordo di un loro concerto a Perugia a cui io presenziai e in occasione del quale la band registrò il suo primo live.
Il Balletto Di Bronzo al Traffic Club di Roma
Pubblicato sabato 14 Settembre 2019 alle 23:21 da FrancescoVenerdì tredici, poco prima dell’imbrunire, ho guidato fino a una mesta periferia della capitale e là ho avuto il privilegio di vedere per la seconda volta un raro concerto de Il Balletto Di Bronzo, questa volta presentatosi con quella che lo stesso Gianni Leone ha definito la migliore formazione di sempre, sua conditio sine qua non per la registrazione di nuovo materiale di cui a tal guisa ho dedotto l’annuncio.
È difficile spiegare la portata di questo gruppo a chi non lo conosca, ma per me è nell’olimpo dei grandi anche se per merito di un solo disco, ormai uscito quasi cinque decadi fa e ancor oggi oggetto di culto tra gli appassionati di tutto il pianeta. Gianni Leone è uno dei miei tastieristi preferiti insieme a Wakeman ed Emerson (anche se per ovvi motivi ricorda più il secondo del primo). Con dieci euro d’ingresso ho potuto assistere a ciò per cui altri, a diverse latitudini, farebbero i salti mortali se venisse loro presentata la possibilità: nemo propheta in patria.
”Ys” è un album imprescindibile per il progressive mondiale ed è incredibile come a quarantasette anni di distanza risulti ancora un’opera d’avanguardia; la mia copia in vinile adesso contiene anche una “leonina”, ossia una di quelle lettere (nel mio caso un’invettiva contro Chiesa e Stato) che Gianni Leone scrive in privato e poi lancia al pubblico: questa volta sono riuscito a prenderne una perché mi sono messo in prima fila con largo anticipo.
Era molto tempo che non mettevo piede al Traffic Club di Roma e l’ho trovato migliorato, perciò conto di vederci qualche altra band. Affievolitasi la passione per le gare, e non per mio dolo, riprendo la militanza sotto i palchi di mezza Italia, almeno laddove ritenga che valga la pena di avventurarmi. Ogni tanto condivido qualche trasferta, ma se dovessi sempre aspettare qualcun altro non farei mai una sega.
Il ventitré luglio ho avuto la fortuna di vedere per la prima volta i King Crimson dal vivo ed è stata una bellissima esperienza. Mi sono recato nella splendida cavea dell’auditorium che ha progettato Renzo Piano e, da un punto rialzato della struttura, mi sono goduto le meravigliose versioni di “Epitaph” e “Island” con l’attuale formazione della band. Per me il concerto è finito con l’esecuzione della seconda parte di “Larks’ Tongue In Aspic”, infatti non sapevo della lunga pausa tra una scaletta e l’altra, quindi me ne sono andato come un coglione al termine della prima, tuttavia la portata dell’evento è stata intensa e me la sono goduta momento per momento. Inoltre sono stato contento anche per la presenza di Tony Levin in quanto egli ha prestato il suo basso a tanti dischi di mio gradimento. Questo concerto e quello dello scorso anno degli Yes sono diventati per me dei punti fermi, un po’ come il numero di Avogadro e la costante di Planck, perciò farò tesoro di questi bei ricordi che ho coltivato nella mia attuale incarnazione.
Ho alle spalle tanti concerti e spero di vederne ancora molti, ma di solito preferisco ambienti più raccolti, piccoli locali et similia. Riesco a trarre molte energie dalla passione per la musica e le trasferte solitarie non mi costano fatica alcuna, ma rispetto a qualche anno fa sono meno propenso ai lunghi viaggi perché ho già visto parecchi degli artisti per i quali ero disposto a sobbarcarmi più chilometri del solito. Se il tempo avesse concesso più di se stesso alla vita di certi gruppi forse sarei già in procinto di cambiare auto, tuttavia non posso lamentarmi perché ho avuto il privilegio di vedere grandi musicisti, alcuni dei quali hanno già lasciato il corpo da un po’. C’è qualcosa di bello nella transitorietà degli esseri umani e nell’arte altrettanto passeggera di alcuni di essi che sopravvive a loro stessi.
Il Balletto di Bronzo in concerto a Roma
Pubblicato venerdì 1 Giugno 2018 alle 22:53 da FrancescoIeri sera mi sono recato nella città eterna e là ho avuto il privilegio di assistere a uno dei rarissimi concerti de Il Balletto di Bronzo. Pochi eletti, ambiente raccolto: per fortuna avevo prenotato un tavolo per uno. Gianni Leone ha un’identità musicale ben definita e la sua esibizione dal vivo è stata un’esperienza intensa, ma al contempo mi sento di affermare senza tema di smentita che in lui Keith Emerson faccia ancora parte di questo pianeta.
Per me un album come “Ys” è al di fuori di ogni possibile classifica e ci sono delle valide ragioni se dal 1972 a oggi è diventato oggetto di culto in tutto il mondo: il tempo non lo definisce e lo spazio non lo colloca. Comincerò a sentirmi vecchio quando non avrò più voglia di mettermi in viaggio per assistere a eventi del genere. Ancora riesco a stupirmi di come certa musica moderna non senta il peso dei decenni, così come altra (e alta, còlta) non avverte quello dei secoli.
Quasi sempre durante i momenti di passaggio (che siano effettivi o simbolici) mi piace ricordare il titolo di un libro di Tiziano Terzani, ovvero La fine è il mio inizio.
Ieri sera mi sono recato da solo a Tivoli, laddove un tempo Adriano celebrò la bellezza del suo Antinoo e dove io, invece, senza lasciare traccia alcuna ho festeggiato l’ultimo giorno dell’anno.
In Piazza Garibaldi ho preso parte al concerto della Premiata Forneria Marconi: per la terza volta ho assistito a un loro live e credo che tra le tre quella di ieri sia stata la performance migliore.
Un capodanno all’insegna del rock progressivo non l’avevo mai trascorso ed è stato stupendo!
Ho respirato un’atmosfera fantastica e ho salutato con allegria i dodici mesi che si sono succeduti senza soluzione di continuità. Se fossi stato uno incapace di starsene per i fatti suoi forse avrei accettato uno dei vari inviti che avevo ricevuto per delle festicciole in cui difficilmente mi sarei divertito. Purtroppo con le altre persone rischio sempre di apparire scostante e sfuggente, certe volte addirittura snob, ma in realtà non sono affatto così o forse lo sono in una misura inferiore a quella che talora può trasparire dal mio comportamento.
Ho capito da prima che iniziasse il concerto quanto fosse stata saggia la mia scelta, ma quando Patrick Djivas ha attaccato l’intro di basso di Maestro Della Voce, celebre pezzo della PFM dedicato a Demetrio Stratos, non ho avuto più il benché minimo dubbio! Dovevo essere là, in prima fila!
In questo periodo l’anno scorso ero dall’altra parte del mondo e stavo bene: quest’anno sono sul suolo natio e sto bene lo stesso. Memorie piacevoli mi attraversano rapide e fugaci perché io non sono tipo d’albergarle troppo a lungo, però sono contento che ogni tanto mi facciano visita.
Auguro a me stesso un anno di crescente consapevolezza e che le mie azioni possano essere in accordo con i miei pensieri. Ho ancora una lunga strada da percorrere da solo e intendo fare il possibile affinché le circostanze mi concedano il tempo necessario per il viaggio. Ad maiora.