A marzo, dopo la maratona di Roma, ho smesso di correre e per circa sette mesi non ho fatto neanche una falcata: le cause sono state plurime. Mi sentivo appagato e avevo qualche fastidio agli arti inferiori, inoltre volevo dedicare una parte maggiore del mio tempo libero ad altre cose. Qualche giorno fa ho riprovato a correre e sono riuscito a fare sedici chilometri e mezzo ad una media di quattro minuti e quarantuno secondi a chilometro! Ne sono rimasto impressionato solo in parte poiché, malgrado la lunga pausa, serbavo in me la chiara sensazione che qualora fossi tornato in attività il mio rientro sarebbe stato meno traumatico del previsto. In quest’occasione ho avuto una prova diretta di quanto possa essere efficace la memoria muscolare e per me tale scoperta (o quantomeno la conferma ad una mia intuizione) è stata davvero fantastica; benché per me sia piuttosto tecnico, ho anche trovato l’articolo di uno studio norvegese a tale riguardo. Di sicuro c’era una cosa che avevo dimenticato ed era la portata dello stato euforico che nel mio caso solo la corsa sa darmi; in sette mesi non ne ho sentito la mancanza, tuttavia appena l’ho riprovata mi sono ritrovato al settimo cielo. Non conosco gli effetti delle sostanze psicotrope e dunque non so se possano essere più forti del rilascio di endorfine che avviene col podismo, ma quantomeno quest’ultimo non ne ha di collaterali e inoltre in me nemmeno provoca dipendenza. Anche quest’oggi ho corso altri sedici chilometri e mezzo, ma con maggiore scioltezza e minori postumi dello sforzo. Non so se tornerò pure a gareggiare: chissà.
In due allenamenti ho ripreso una condizione mentale che invero speravo venisse arricchita da altro o che ad altro si accompagnasse e invece mi ci sono ritrovato davanti così come l’avevo lasciata, ma questo rendez-vous non è comunque poca cosa. C’è un pezzo di Aldo Tagliapietra che ultimamente suona nelle mie orecchie e un paio di volte l’ho ascoltato anche oggi tra una falcata e l’altra: si tratta di Nella pietra e nel vento.