18
Ago

Verso le foglie ingiallite

Pubblicato martedì 18 Agosto 2015 alle 17:44 da Francesco

Questa mia estate ha tradito le sue ottime premesse e nel periodo più rovente si è rivelata un calderone di frustrazioni. Per cause di forza maggiore (precisamente di vicinato) mi sono anche dovuto separare da quel simpatico gatto che mi era stato affidato e che io avevo prontamente chiamato Heidegger; ho avuto appena il tempo di affezionarmici, così come già altre volte in altri ambiti di questa mia vita umana. Dopo cinque anni d’isolamento in campagna avevo quasi del tutto dimenticato quanto potesse risultare cancerogena la convivenza con certi bipedi della mia specie, ma per cercare di essere obiettivo devo anche riconoscere una ragione formale a quanti mi siano invisi e al contempo mi riservo il diritto di esercitare lo stesso grado di comprensione (cioè nullo) verso quegli stessi soggetti: mi considero un individuo vendicativo e paziente, fiero sostenitore della lex talionis, inoltre credo che il fuoco vada combattuto con il fuoco.
Aspetto con trepidazione le prime atmosfere autunnali e mi auguro che queste ammantino i miei dintorni ancor prima delle idi di settembre. Sento in me una recrudescenza di conflitti irrisolti e riesco a tollerarla bene perché il mio stato psicofisico ha un’ottima tenuta, però farei volentieri a meno di misurare quest’ultima in base a una scala di disagi: insomma, preferirei che la conferma della mia buona salute scaturisse dall’esercizio di nobili sentimenti e non dalla solita resilienza.
Ho quasi terminato la lettura, lo studio e gli appunti del primo volume delle conferenze di Carl Gustav Jung sullo Zarathustra di Nietzsche, dunque mi auguro di trovare presto la voglia di scriverne un po’ su queste pagine virtuali. Ho molte cose da dire e sarebbe opportuno che io trovassi sufficienti sbocchi per farle fuoriuscire tutte, ma in realtà posso anche tenermele senza problemi: per ora la forma speculativa del pensiero è ancora esentasse e grazie alla filogenesi la memoria umana ha tanti scompartimenti vuoti dove si può stipare qualsiasi cosa.
Le tante strade che ho percorso in auto, a piedi e con la mente non mi hanno ancora portato dove una certa intuizione continua a suggerirmi di andare, ma lontano da tutto e senza contatti con terzi (o trini) c’è in me qualcosa che non ha mai smesso di rifulgere (neanche quando io stesso ero convinto della sua estinzione).

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26
Gen

Null’altro che resilienza

Pubblicato sabato 26 Gennaio 2013 alle 16:05 da Francesco

Sono vivo, ma l’onere della prova non spetta a me. Ho la mente sgombra e nel mio cerebro non circolano inquietudini. Vorrei vivere in un mondo migliore, però non tengo mai un’utopia in tasca. Quest’epoca decadente non conoscerà una discesa infinita, ma forse riprenderà quota quando i limiti biologici mi avranno già condotto in punta di piedi sull’orlo di quel precipizio da cui ognuno è destinato ad affacciarsi. La ciclicità mi rincuora oltremodo e all’orizzonte non scorgo una fine imminente, ma può darsi che questa mi sia perpendicolare. Non ho nulla da obiettare agli eventi che cadenzano la mia vita interiore: ne accompagno le oscillazioni senza offendere la volontà. Ho del tempo a disposizione che cerco d’impiegare nel migliore dei modi per stare bene e per sviluppare la mia persona senza nuocere alle altre creature viventi, anch’esse dotate di respiro. In questa fase della mia vita non ho tensioni né ambizioni, e invero dentro di me non sono mai state particolarmente intense né le une né le altre, tuttavia non escludo che entrambe possano ripresentarsi a braccetto e senza preavviso. Non ho colpe da espiare né meriti da sventolare come se fossero bandiere bianche. Mi trovo in una neutralità confortante mentre attorno a me sembra che ogni cosa crolli o imputridisca. E passeggio tra rovine e tessuti necrotici, tra bellezze mitologiche che sono rese tali dalla distanza, tra ciò che fu e che non sarà mai, da ciò che non è stato e sarà; circa.

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