In quattro giorni ho assistito a due grandi concerti, entrambi svoltisi a sud delle mie attuali coordinate. Mercoledì sera ho visto per la terza volta uno dei più grandi chitarristi di sempre, Guthrie Govan, che in quest’occasione ha suonato con il gruppo fusion di Yiorgos Fakanas.
Ogni tanto invidio chi ha avuto modo di presenziare a qualche leggendario live degli anni settanta che a me è stato precluso per ragioni anagrafiche e per l’apparente unidirezionalità del tempo, ma non baratterei le esibizioni di Govan con nessuna capatina nel passato, neanche se nell’offerta fosse compreso il servizio di navetta con una DeLorean.
Domenica invece in quel di Ciampino ho preso parte al concerto dei Fates Warning, una band progressive metal che seguo dall’inizio di questo millennio e di cui non avevo mai visto una performance dal vivo. V’è stata poca affluenza di pubblico e infatti sono riuscito a stare sotto il palco per tutta la durata del live, ma quest’ultimo si è comunque protratto per quasi due ore e ha coperto buona parte della discografia del gruppo. Temevo che la tenuta vocale di Ray Alder potesse deludermi, ma è stata buona fino alla fine, ossia con l’esecuzione della sesta traccia di “Parallels”, album del 1991.
La foto ritrae me e Guthrie Govan nel 2016, quando lo vidi con gli Aristocrats: per questo scatto devo ringraziare S. V. e la memoria interna del suo smartphone.
Guthrie Govan a Roma e Fates Warning a Ciampino
Pubblicato venerdì 26 Gennaio 2018 alle 16:28 da FrancescoPer me i Fates Warning sono stati molto sottovalutati e non hanno ottenuto ciò che meritavano. Apprezzo principalmente il periodo progressive metal del gruppo, ma non disdegno neanche i loro primi lavori heavy metal. La voce di Ray Alder è una delle mie preferite nel suo genere e in certi passaggi riesce a esaltarmi come poche altre. Ho sempre reputato il sound dei Fates Warning personale e riconoscibile. Il gruppo non mi ha mai dato l’idea di crogiolarsi in una tecnica fine a se stessa e trovo che la loro discografia sia caratterizzata da un ottimo compromesso tra melodia e virtuosismi. Il pezzo del video è estratto da “Parallels”, un album di diciassette anni fa che reputo perfetto dall’inizio alla fine e di cui possiedo una copia originale. Qualcuno ritiene ancora che “Parallels” sia un album commerciale e anch’io penso che lo sia, ma non lo considero “commerciale” in senso dispregiativo e credo che il disco in questione sia stato ciò che “Images and Words” è stato per i Dream Theater. C’è un passaggio in particolare di “Eye to Eye” che mi esalta ed è il momento in cui Ray Alder intona le parole che seguono.
“All we can really share
is the coldness we feel
and the silent memory
of the moment we met
eye to eye”
Vorrei essere in grado di cantare “of the moment we met” allo stesso modo: darei un rene per saperlo fare! “Parallels” è uno di quei dischi che mi consentono di sopportare con più facilità i miei sforzi fisici e dopo tanti anni non mi sono ancora stancato del suo contenuto galvanizzante.