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Ott

Imilla de Il bacio della medusa

Pubblicato mercoledì 4 Ottobre 2023 alle 21:18 da Francesco

Non aderisco a quelle convinzioni nostalgiche che negano ai tempi odierni la possibilità di figliare ottima musica, difatti ancor oggi compulso le nuove uscite nei miei generi preferiti e non di rado compio piacevoli scoperte. Non vivo nel passato sebbene quest’ultimo dimori ed echeggi in me. Certo, sono molto legato ad alcune pietre miliari, però non lascio che si trasformino in zavorre e mi tengo a galla nel presente grazie all’ambigua posizione del morto. 
Negli ultimi sette giorni ho ascoltato oltre novanta volte Zio Klaus, quarta traccia di Imilla, il nuovo disco de Il Bacio della Medusa (band che seguo dal 2008 e di cui posseggo quasi tutta la discografia), un simpatico concept album di rock progressivo italiano (prog, per amici ed estimatori) che racconta la parabola di Monika Ertl, la militante dell’ELN che sparò tre colpi a Quintanilla Pereira (formandogli in petto una vu di vittoria), reo quest’ultimo di aver mozzato le mani al cadavere di Che Guevara. L’intero disco è grandioso, intriso di atmosfere da spy story che sono rese in maniera magistrale dal classico stile del gruppo, ma in Zio Klaus sento forte la vocalità alla Peter Hammill e l’impronta dei Van Der Graaf Generator, inoltre il testo di Simone Cecchini è un vero gioiello. Spero di rivedere presto Il Bacio della Medusa dal vivo in quanto serbo un bel ricordo di un loro concerto a Perugia a cui io presenziai e in occasione del quale la band registrò il suo primo live.

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1
Ago

Banco Del Mutuo Soccorso ad Abbadia San Salvatore

Pubblicato lunedì 1 Agosto 2022 alle 23:51 da Francesco

Domenica, all’imbrunire, mi sono avventurato lungo le tortuose strade amiatine che serpeggiano fino ad Abbadia San Salvatore e là ho assistito a un concerto del Banco Del Mutuo Soccorso. L’ultima volta che avevo visto il gruppo dal vivo risaliva a dieci anni fa, quando ancora sia Francesco Di Giacomo che Rodolfo Maltese non avevano lasciato i rispettivi corpi.
Non sapevo cosa aspettarmi da questa nuova formazione, ma la curiosità e l’entusiasmo mi hanno spinto ugualmente a guidare per un totale di circa duecento chilometri: alla fine non me ne sono pentito! Ho trovato fin da subito una band eccezionale di cui avevo già visto i nuovi innesti con altre formazioni (il batterista dei Metamorfosi e il bassista de Il Balletto Di Bronzo), un Vittorio Nocenzi in forma e un Tony D’Alessio che sa rendere omaggio e giustizia alla voce del Banco senza imitazioni né forzature!
La scaletta ha attinto dai grandi classici del gruppo e ne ha coperto un po’ tutta la discografia, compreso l’ultimo convincente album pubblicato ormai un po’ di tempo fa, ossia Transiberiana. Mi è piaciuto ogni singolo pezzo e mi hanno divertito gli aneddoti raccontati da Vittorio Nocenzi, ma per ragioni personali i momenti che mi hanno esaltato di più hanno riguardato i brani tratti da Darwin!, dal cosiddetto Salvadanaio (il primo album omonimo) e una grandiosa esecuzione di Canto nomade per un prigioniero politico.
Io sono arrivato pochi minuti prima che il concerto cominciasse e mi sono messo subito in prima fila dove sono rimasto, come rapito ed estasiato, fino alla fine. È stata davvero una bella serata e il pubblico presente si è dimostrato molto partecipe, inoltre è stato un evento gratuito in seno alla locale festa della birra ove io, da astemio e contrario agli alcolici, non ho trovato niente a parte la musica: e mi pare poco? Lunga vita al Banco!

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Giu

Il Balletto di Bronzo in concerto a Roma

Pubblicato venerdì 1 Giugno 2018 alle 22:53 da Francesco

Ieri sera mi sono recato nella città eterna e là ho avuto il privilegio di assistere a uno dei rarissimi concerti de Il Balletto di Bronzo. Pochi eletti, ambiente raccolto: per fortuna avevo prenotato un tavolo per uno. Gianni Leone ha un’identità musicale ben definita e la sua esibizione dal vivo è stata un’esperienza intensa, ma al contempo mi sento di affermare senza tema di smentita che in lui Keith Emerson faccia ancora parte di questo pianeta.
Per me un album come “Ys” è al di fuori di ogni possibile classifica e ci sono delle valide ragioni se dal 1972 a oggi è diventato oggetto di culto in tutto il mondo: il tempo non lo definisce e lo spazio non lo colloca. Comincerò a sentirmi vecchio quando non avrò più voglia di mettermi in viaggio per assistere a eventi del genere. Ancora riesco a stupirmi di come certa musica moderna non senta il peso dei decenni, così come altra (e alta, còlta) non avverte quello dei secoli.

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1
Ott

PFM a Radda In Chianti, Osanna e Metamorfosi a Roma

Pubblicato giovedì 1 Ottobre 2015 alle 17:49 da Francesco

Nella mia esistenza la musica ricopre un ruolo centrale e talvolta è l’unica entità a cui concedo di rompere la sacralità di certi silenzi o di seguirne la fine naturale, perciò non mi faccio mai alcun problema a recarmi da solo in ogni dove quando senta forte il richiamo di certe cose: è sempre un’avventura personale e solitaria di cui sono unico protagonista e depositario. Da alcuni anni a questa parte ho trovato la mia dimensione ideale nel mondo prog, un genere magico a cui ero destinato ad approdare con tutto me stesso, ma i miei ascolti spaziano ancora moltissimo. 
Nelle ultime settimane ho assistito a tre concerti grandiosi, tutti all’insegna del rock progressivo made in Italy. Il quattordici settembre mi sono recato a Radda In Chianti, nel senese, e ho visto per la seconda volta la Premiata Forneria Marconi: è stata davvero un’esibizione coinvolgente in cui la PFM ha proposto un piacevole sunto della propria discografia in una cornice meravigliosa. Franz Di Cioccio ha sempre una carica strepitosa, la trasuda da tutti i pori, e nonostante la sua veneranda età riesce ancora a trasmetterla al pubblico; il basso di Patrick Djivas è quello che tutti conoscono e Marco Sfogli sostituisce degnamente Franco Mussida alla chitarra.
Tre giorni dopo mi sono recato a Roma per il festival Progressivamente che si è tenuto al Planet, un celebre locale capitolino che fino a qualche tempo fa si chiamava Alpheus. Dei quattro giorni in programma io ho partecipato a due serate, perciò in tutto ho guidato da solo per circa seicento chilometri in quarantotto ore. Il diciassette settembre ho avuto il piacere di sentire e di vedere per la seconda volta i mitici Osanna di Lino Vairetti: mi piace la nuova formazione e pure il nuovo album, Palepolitana di cui ho acquistato una copia originale in CD proprio al termine del concerto. Gli Osanna sono un mondo da scoprire e da riscoprire: fantastici. Il giorno seguente, il diciotto, ho rivisto la Nuova Raccomandata Con Ricevuta di Ritorno, con alla voce lo straordinario Luciano Regoli che di recente ho apprezzato anche nell’unico disco firmato dai Samadhi, appena quarantuno anni fa. E poi fu il sesto giorno… Qui mi sono permesso un gioco di parole col nome del primo album dei Metamorfosi, band che sono finalmente riuscito a vedere dal vivo: ci tenevo! Avevo già avuto modo di ascoltare la voce tuonante di Jimmy Spitaleri in occasione della sua collaborazione con Le Orme per quel bell’album (che possiedo in vinile) che è La via della seta e anche su un suo disco da solista (a nome Davide Spitaleri) che s’intitola Uomo irregolare.
Durante il concerto succitato i Metamorfosi hanno presentato Purgatorio, il nuovo album che dopo Inferno (di quarantatré anni fa) e Paradiso (di undici anni or sono) conclude la triade dantesca di questa straordinaria formazione di cui io mi professo grande fan.

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23
Lug

Serata leggendaria di progressive rock italiano

Pubblicato lunedì 23 Luglio 2012 alle 04:13 da Francesco

Sabato mi sono recato nel viterbese per assistere ad una manifestazione di progressive rock italiano che è durata quasi sei ore. Sul palco si sono alternati nomi importanti per il genere, ma ci è salito anche Paul Whitehead, un disegnatore che ha creato copertine storiche per gruppi come Genesis e Le Orme. La serata è stata un crescendo continuo e diverse formazioni hanno celebrato il quarantennale di qualche caposaldo delle loro discografie. Io mi sono esaltato molto più di quanto mi potessi aspettare e per qualche ora ho avuto la sensazione di trovarmi in una successione di momenti che s’è già cristallizzata nella mia memoria. Forse in queste righe rischio di non riportare l’ordine corretto delle apparizioni, però sono certo di tutto quello che mi hanno lasciato. Gli Analogy sono stati i primi a suonare, tuttavia non avevo mai ascoltato nulla di loro. Da quanto ho capito hanno proposto i pezzi del loro album omonimo del settantadue, dato che i membri, in parte italiani e in parte tedeschi, dopo l’esordio hanno preso strade diverse e dalle ceneri della band sono nati gli Earthbound in Inghilterra. A me sono piaciuti sebbene non mi abbiano fatto gridare al miracolo e provvederò a recuperare il loro debutto discografico.
Ho accolto con moltissima curiosità l’esibizione della Nuova Raccomandata con Ricevuta di Ritorno, storico gruppo di Roma che conserva soltanto un membro della formazione originale, ovvero il vocalist. Se qualche appassionato mi leggesse potrebbe tacciarmi di blasfemia, però in qualche acuto di Luciano Regoli io ho risentito Ian Gillan! Mi sono piaciuti gli inserimenti del soprano e in generale non c’è nulla che mi abbia fatto storcere il naso: ottima prestazione.
Sono poi giunti gli UT, l’anima prog dei New Trolls, e hanno ricevuto una grande risposta da parte del pubblico, me compreso. Lo stile di Claudio Cinquegrana alla chitarra mi ha davvero esaltato, ma anche le parti vocali eseguite da Alessandro Del Vecchio hanno contribuito molto a farmi apprezzare lo spettacolo e, ovviamente, le fughe del leggendario Maurizio Salvi.
Da un mostro sacro all’altro: dopo Salvi le tastiere sono state protagoniste sotto le mani altresì mitologiche di Joe Vescovi, leader dei Trip, con i quali è risalito sul palco Fabrizio Chiarelli (questa volta alla chitarra e alla voce) che aveva suonato poco prima con gli UT (ma al basso e alla voce): insomma, doppio turno per questo giovane esponente del prog italiano: complimenti. La serata ha dato anche modo di salutare Jon Lord ed è stato proprio Joe Vescovi a ricordarlo. Uno dei miei momenti preferiti è stato quando agli Osanna (che hanno preso posto dopo i Trip) si è aggiunto il grandissimo Gianni Leone de Il Balletto di Bronzo la cui sola esibizione sarebbe valsa il costo del biglietto: io l’ho filmata e me la sono goduta! Devo anche sottolineare la prova straordinaria del giovane chitarrista degli Osanna che ha citato alla grande l’assolo di Stairway To Heaven, un’idea davvero riuscita: spettacolare!
Questa fantastica maratona ha avuto il gran finale con il Banco del Mutuo Soccorso. Prima di prendere posto, all’entrata, ho incontrato Francesco Di Giacomo, però non gli sono andato a rompere le palle e gli ho semplicemente rivolto un cenno di apprezzamento. Comunque non c’è molto da dire sulla performance del Banco perché ogni parola è scontata. Ho sentito i pezzi che mi attendevo dai miei album preferiti, in particolare da quel Darwin! che porta benissimo i suoi quarant’anni. Udire dal vivo pezzi come L’evoluzione, E 750.000 anni fa… l’amore, Io sono nato libero e Cento Mani, Cento Occhi mi ha fatto un certo effetto…
Per me è stato un viaggio onirico e solitario nel tempo, in quegli anni settanta che hanno visto il concepimento di dischi ai quali io mi affido tanto nei momenti migliori quanto nei periodi funesti. Quando sento i pezzi della Locanda delle Fate, de Le Orme, del Banco del Mutuo Soccorso, dei Metamorfosi o del Museo Rosenbach, mi sembra quasi che si rivolgano a me, come se più che un ascoltatore io diventassi un interlocutore. L’elenco dei gruppi sarebbe biblico: in ogni caso ho un grande debito nei confronti del progressive rock italiano. Ci sono generi che ascolto nella stessa misura o anche maggiormente, alcuni mi aiutano addirittura a correre più di quanto potrei fare con le mie sole forze, tuttavia il rapporto d’intimità che ho con il progressive rock è unico. Alla fine del concerto, prima di rincasare ho passato un po’ di tempo ai banchetti e finalmente ho trovato il vinile de Il Tempio delle Clessidre, una giovane band di Genova (con un “ragazzo” della vecchia guardia alla voce) a cui auguro tutto il bene possibile e della quale ho scoperto il talento in un altro grande concerto alla Casa del Jazz di Roma, quando ho avuto l’occasione di vedere dal vivo anche la Locanda delle Fate.

Sono rincasato tardi e felicissimo, con le orecchie affaticate ma ancora pronte ad ascoltare altra roba lungo il tragitto. Mi sono addormentato benissimo, ma forse devo ancora svegliarmi, o no?

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9
Set

Dagli anni settanta in poi

Pubblicato venerdì 9 Settembre 2011 alle 08:56 da Francesco

Sono abituato a guidare da solo lungo le strade di mezza Italia per assistere a grandi concerti. Mercoledì mi sono recato nella Città Eterna per un live straordinario al quale hanno partecipato Il Tempio delle Clessidre e Locanda delle Fate. Nei primi milita anche Stefano Galifi che nel 1973 cantò quel capolavoro del progressive rock italiano che s’intitola “Zarathustra” e il cui parto fu opera dei Museo Rosenbach: durante il live è stato suonato un pezzo di quel disco ed è inutile che adesso io cerchi di verbalizzarne i brividi. Invece la traccia che mi ha colpito di più tra quelle de Il Tempio delle Clessidre è stata La stanza nascosta: un duetto eccezionale tra la voce di Galifi e il tocco magistrale di Elisa Montaldo. Anche “Danza esoterica di datura” mi è piaciuto particolarmente come pezzo benché sia strumentale.
Non so come incensare in modo adeguato la Locanda delle Fate. Ho ascoltato svariate volte il loro gioiello, “Forse le lucciole non si amano più” e proprio la settima traccia di quest’album che è stata eseguita dal vivo mi ha traghettato in un’altra dimensione: Vendesi saggezza. La voce e il carisma di Leonardo Sasso mi hanno incantato quanto la classe di Max Brignolo alla chitarra.
Il tre settembre ho visto di nuovo Le Orme e conto di rivedere il gruppo veneziano per la quarta volta: La Via della Seta è un disco straordinario! Ci ho messo un po’ a capirlo, ma alla fine mi sono reso conto che alla voce di Tagliapietra io preferisco quella che le è subentrata, difatti la versione di Sguardo verso il cielo cantata da Jimmy Spitaleri è un pezzo in cui finalmente riesco a rispecchiarmi in pieno grazie alla potenza vocale di quest’ultimo: cazzo, mi fa vibrare le vertebre, davvero sublime.

“La colpa d’esser vivo e non poter cambiare”

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