Lunedì, venti all’una, ho messo uno zaino sulle spalle, sono montato in bicicletta e ho pedalato per quasi nove ore fino a Montepulciano, in provincia di Siena. Ho compiuto brevi soste per mangiare, bere e pisciare. Già altre due volte avevo guadagnato la meta poliziana con itinerari diversi e anche in quest’ultima occasione ho affrontato un percorso differente dai precedenti.
Da Orbetello ho raggiunto Pitigliano e là ho fatto la prima delle quattro soste. Ho proseguito per Sorano e poi verso San Quirico. Superato Casone, alla mia destra ho notato un cartello stradale che segnalava la fine della Toscana e ho compreso che a Sorano avrei dovuto seguire la strada per Castell’Azzara invece di allungare verso Acquapendente, ma oltre alla bestemmie di rito mi sono concesso un autoscatto per immortalare cotanta coglioneria. Per raggiungere la Cassia ho attraversato l’Onanese, ovvero la strada provinciale che porta a Onano e mi sono chiesto se sia stato soltanto un caso: ogni riferimento biblico è tutt’altro che casuale.
Una volta raggiunta Acquapendente ho seguito la Cassia e ho cominciato ad accusare parecchia fatica nonostante avessi ancora da coprire sessanta dei centocinquanta chilometri. Il continuo saliscendi ha messo alla prova i miei nervi, tuttavia sapevo cosa mi aspettava poiché avevo già affrontato la strada per Chianciano. Sono arrivato a destinazione poco dopo le nove di sera e ho fatto un pasto abbondante per il quale ringrazio chi mi ha ospitato per i tre giorni seguenti. L’indomani ho camminato per alcuni chilometri e il giorno successivo ho ripreso la bicicletta per raggiungere Cortona: una cinquantina di chilometri tra andata e ritorno. Infine sono rincasato a bordo di un mezzo meccanico a quattro ruote.
Sono tornato sui pedali da circa tre mesi e ho abbandonato la mountain bike per una bicicletta da ciclocross, più leggera e più adatta alle mie esigenze. Sono rimasto abbastanza soddisfatto della mia prestazione benché non sia stata nulla di trascendentale. Io rapporto gli sforzi alle capacità personali e mi diverto a cimentarmi nelle sfide a singolar tenzone che di tanto in tanto oso lanciare a me stesso. Mi ricamo su misura dei momenti di esaltazione che un dì potrebbero procurarmi dei punti di sutura o un infarto perfetto, ma cerco di passare la notte con quello che ho e dell’alba forse non m’interessa granché. Lo sforzo solitario e il contatto con la natura sono gli strumenti migliori che conosca per dilatare la vena più clemente dell’esistenza ed è un vero peccato che non possa ricorrervi sotto la promessa di una dissoluzione sublime.