13
Apr

Verso occidente

Pubblicato lunedì 13 Aprile 2009 alle 16:13 da Francesco

Ormai il giorno del mio ritorno in Italia è vicino, ma resterei da queste parti un altro po’ se ne avessi la possibilità. Il Giappone non è un’isola felice come ritengono certe persone ed è pieno di contraddizioni, tuttavia mantiene ancora un fascino che va di pari passo con il suo continuo sviluppo e trovo che questa armonia tra sacro e profano sia eccezionale. Ieri ho giocato di nuovo a calcio assieme al trio francese e ad alcuni giapponesi; bei momenti che non dimenticherò mai. Tra qualche mese spero di servire la bandiera sotto la quale sono nato. Nonostante la mia decisione di propormi volontario nell’esercito italiano per un anno, io mi sento ancora un apolide. Adoro la zona in cui sono nato e nella quale vivo tutt’ora: eremo stagionale che forse non abbandonerò mai definitivamente. Io non so come descrivere il benessere interiore che impera dentro di me da parecchio tempo. Non ho bisogno di nulla perché il mio vuoto interiore è meraviglioso, ma ancora una volta le parole non possono rendere giustizia al piacere di vivere che mi pervade di continuo. Il tempo passa e la bellezza della mia esistenza aumenta in modo esponenziale. Mi sento un eroe di fronte alla mia felicità solitaria, ma questo status positivo non ha toni epici benché allo stesso tempo risulti monumentale. Anche le immagini sanno parlare.

Hitachi, di fronte al Pacifico: questa ci ttadina ha un lungomare meraviglioso.

Due tratti caratteristici del Sol Levante: un ciliegio in fiore e un torii si compenetrano in perfetta armonia.

La fotocamera è puntata su di me con l’autoscatto mentre il mio sguardo è rivolto altrove.

La presenza rosea dei ciliegi si rinnova spesso lungo le strade e continua ad attrarre la mia attenzione.
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24
Mar

Egolalia

Pubblicato martedì 24 Marzo 2009 alle 01:00 da Francesco

In questo periodo non ho granché da annotare e con il passare del tempo mi sembra che io abbia sempre meno da scrivere, ma trovo che la sporadicità dei miei appunti sia un fenomeno normale. La mia mente non è sterile, ma non riesce a partorire idee e preferisce godere dei suoi interminabili momenti di serenità. Non ho mai scritto qualcosa di monumentale perché non ho mai giaciuto in una tristezza abissale e dunque non ho mai potuto raggiungere quelle profondità del dolore dalle quali è possibile estrarre concetti di rara bellezza; taluni sono stati trascinati in una ricerca simile senza volerlo e sono rimasti sepolti sotto il peso delle loro scoperte come accade ancor oggi a certi minatori asiatici per un compenso di gran lunga inferiore. Durante le fasi più concitate della mia introspezione mi sono spinto fino a dove ho dovuto, ma non ho mai provato a oltrepassare certi limiti perché per farlo avrei dovuto procurarmi volontariamente del male, ma la mia indole tende verso il bene e per fortuna non sono in grado di arrecare danno a me stesso in maniera intenzionale. Non ho grandi eventi da celebrare né mi fronteggiano chiome che io possa incoronare, ma al cospetto di ogni giorno io provo una sorta di esaltazione per il solo fatto di vivere e questa sensazione non è figlia di alcuna struttura dogmatica. Io non sono in grado di spiegare ciò che alimenta positivamente il mio umore, ma è qualcosa di autentico che sfugge alle parole e che a mio avviso non può scaturire direttamente da nessun indottrinamento. Forse dovrei ricorrere a due termini filosofici per dare una vaga idea di ciò che intendo e con l’accostamento del cinismo filosofico allo stoicismo potrei lasciare un indizio a questo riguardo, tuttavia quest’ultimo risulterebbe tale persino per la mia capacità descrittiva data la natura sfuggente della sensazione stupenda che mi accompagna da un po’ di tempo e che ho fatto oggetto di esame per l’ennesima volta. Se io leggessi queste parole con gli occhi di un estraneo non potrei fare altro che schernirle. Ciò che ho scritto finora risulta vago e approssimativo persino per me, ma il carattere indeterminato di questo appunto non dipende affatto dalla mancanza di conoscenza dell’argomento in questione ed è soltanto la conseguenza della difficoltà di spostare una sensazione da un piano ineffabile a un piano intelligibile. Pazienza.

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