A volte le cose si mettono a posto da sole, come se in fondo fossero disciplinate e giudiziose, ma può anche darsi che in alcuni casi di loro s’impossessino spiriti con la mania dell’ordine. Non so mai cosa aggiungere a quanto non è stato detto giacché appesantire il nulla mi pare un segno di cattiva educazione. Credo che le parole siano sempre fuori posto e cadano vittime dei loro stessi propositi, ma da qualche parte vanno parcheggiate, in doppia fila e con i doppi sensi. Chi si ferma è perduto, ma talora chi si perde non si ferma e innesca spirali negative il cui moto rischia sovente di risultare irreversibile. L’elogio dell’inazione non si riduce sempre ad apologia della pigrizia, ma ogni tanto incensa a dovere quella che per quanto temporanea può essere la scelta migliore al cospetto di certe situazioni. Agire non è necessariamente un dovere bensì talvolta si configura come un vizio dai tratti coattivi. Che le acque si chetino da sole lo reputo preferibile all’inconcludente iniziativa di spazzare il mare con una scopa.
L’arte di arrangiarsi ha in sé i prodromi dell’ascetismo ed è propedeutica all’accettazione della rinuncia. A mio parere non si può avere né perdere tutto in quanto la pienezza e l’assenza si lasciano sempre qualcosa dietro al netto delle rispettive definizioni, ma termini così assoluti si prestano alle percezioni di ciò e quindi trovo legittimo il loro impiego per creare un’alternativa inaffidabile alla realtà.