La nuova normalità continua a snodarsi in abiette e deformi abitudini di sottomissione, ma d’altronde la misura non è ancora colma giacché serve molto tempo per riempire un barile di cui sia stato raschiato a lungo il fondo. Il pensiero critico è bandito da ogni consesso di rilievo e l’unica funzione che rimane al dubbio è quella di prestarsi a oggetto di scherno. Le apparenze ingannano perché talora affermano una verità che non sa vincere la loro cattiva reputazione, perciò restano vox clamantis in deserto e solo il tardivo ausilio del senno di poi può riabilitarle quando ormai sia troppo tardi.
Il nemico viene creato a tavolino, ma si trova sempre un posto a sedere per ambo le parti ed è proverbiale l’aiuto a crocifiggerlo da parte di chi salti prontamente sul carro del vincitore. Io non credo più neanche alla verità, qualunque essa sia. Per me l’essere umano è degno solo del proprio sdegno, ossia la sua tendenza a riflettere la propria inadeguatezza rispetto alle utopie di cui teorizza nei più consolatori dei deliri. Non vedo cosa aggiungere che non valga poi la pena di rimuovere. Non ho vocazioni eroiche né slanci idealistici, bensì mi limito a constatare una natura morta, olio su tela o petrolio su terra. Forse andrebbero aboliti gli scambi di ossigeno e anidride carbonica così da abbassare le emissioni inquinanti nonché le figure inquietanti. Mi attardo su questo pianeta per l’istinto di conservazione e per il cattivo gusto di vedere un brutto finale.
Il salvatore di turno mangia l’uovo di Colombo a pranzo e cena mentre le sue controfigure ne fanno le veci al cospetto di una claque che viene pagata a cottimo. Ognuno mantiene le proprie convinzioni come se fossero ex mogli alle quali pagare gli alimenti e va bene così benché così invero non vada affatto bene.
Il ginocchio destro ha ricominciato a darmi qualche problema, perciò consulterò il mio medico per risolvere definitivamente la questione. Purtroppo la terapia a base di bestemmie non ha dato i risultati sperati. Posso camminare, ma non posso correre per più di due chilometri e nel calcio a cinque non riesco a compiere quei movimenti innaturali di cui è difficile fare a meno nel corso di una partita. Il prossimo inverno non riuscirò a decollare per l’amato Oriente e resterò in patria, a disposizione della pubblicità nostrana. Trovo che quest’estate sia meno idilliaca di quanto mi aspettassi, però l’accetto così com’è e non pretendo che cambi. Non ci sono sempre momenti favorevoli e la loro assenza talvolta ne preludia il ritorno in pompa magna.
Mia madre m’invita a coltivare un presunto talento letterario: io le rammento sempre che la mia dote migliore consiste nel vergarmi il cazzo per contenere le mancanze affettive. Se dovessi mai scrivere un quarto libro, e ciò potrebbe accadere anche a breve, di certo non mi cimenterei più con le dinamiche del romanzo, bensì mi atterrei allo stile saggistico. Non ho grandi idee e dubito di averne mai avute, inoltre ciò che avevo da scrivere per scopi introspettivi l’ho già messo nero su bianco, però non escludo d’intraprendere la via suddetta prima o poi: mai, sarebbe meglio. Parteciperò a qualche concorso letterario del cazzo per fornire a mia madre la prova di come i miei scritti non possano valicare il carattere autoreferenziale che ne ricopre ogni singola parte. Ho progetti più grandi che prevedono uno zero verde e altri trentasei numeri, divisi in rossi e neri come nel dualismo anacronistico che ancor oggi avvolge svariate menti. Io invece l’unico segno che apprezzo è quello della croce che si fanno i parenti dei politici quando partecipano alle esequie dei loro cari: oh, sarebbe davvero divertente se qualcuno in natura legiferasse sulla morte e vi contemplasse una sorta di legittimo impedimento. Io ad esempio non vorrei mai essere stroncato sulla tazza del cesso, con un bello stronzo a metà tra il culo e la meta finale.
Qualche settimana fa una concittadina mi ha contattato per chiedermi un favore. Costei voleva scoprire una password per accedere a certi dati che il suo ragazzo aveva smesso di condividere con lei. Io non sono un esperto di cracking e se lo fossi di sicuro non userei le mie abilità per accontentare una stronza isterica. Questa ragazza mi ha detto che per lei era molto importante sapere se il suo fidanzato la tradisse dato che era in procinto di andare a convivere con lui; cazzo, doveva essere un rapporto che si basava sulla fiducia reciproca, un po’ come la guerra fredda. Alla giovane idiota sarebbe bastata un po’ di ingegneria sociale e, giusto per onorare le sue radici, un cavallo di Troia, ovvero una volgare backdoor: una delle tante con cui i ragazzini si divertono ancor oggi. La tecnologia dovrebbe migliorare la vita degli uomini invece di inasprirne i lati peggiori. La protagonista di questa richiesta ridicola è stata un’universitaria che ha pressappoco la mia età e ciò mi ha confermato di nuovo che l’intelligenza non è per forza una conseguenza della cultura, tuttavia oltre a deriderla le ho suggerito di parlare apertamente con il suo partner fedifrago e lei ovviamente ha escluso questa possibilità. Due fidanzati che parlano sinceramente tra di loro? Abominio! Giammai! Distanti nel tempo e nello spazio, diverse relazioni naufragano in un mare di rancori e risentimenti, ma d’altronde non vedo come potrebbero giungere a un esito diverso con delle premesse simili a quelle che sono emerse da questo aneddoto. La gelosia impregna molte vicende del genere ed è anche il perno del palinsesto di Rete Quattro. Mi stomacano e mi annoiano i sotterfugi e le mezze verità: vaffanculo, porco dio. Io non mi comporterei mai così se avessi una relazione e se mi nonna avesse le ruote sarebbe una carriola.