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Reiterate impressioni con apocalisse annessa

Pubblicato mercoledì 16 Maggio 2012 alle 12:44 da Francesco

Seguo con interesse la deflagrazione dell’Europa. Ogni tanto penso a quel farmacista che si è sparato in piazza Syntagma ad aprile: sopravvissuto all’occupazione dei nazisti nel quarantuno, è stato ucciso dalla dittatura finanziaria che ne ha legittimati dei nuovi nel parlamento greco. Laddove è nato il pensiero occidentale, oggi per molte persone si prospetta uno stile di vita pari a quello che fu di Diogene di Sinope. La culla della democrazia è intrisa di sangue e tra quelle macchie rapprese forse ritorneranno i tempi efferati di Licurgo. Ho sempre lottato dentro di me per confutare la più celebre espressione di Hobbes, ma ormai non mi resta altro che chiedere l’onore delle armi: homo homini lupus.
Questi anni finiranno nei libri di storia su pagine di caligine. Io non condanno la violenza, bensì mi auguro che esploda in faccia ai governanti inetti: passati, correnti e futuri. Credo che occorra uno shock potentissimo per riportare il male sotto la soglia della sopportazione, a mo’ di cura omeopatica. L’acqua bolle a cento gradi Celsius e il piombo fonde ad oltre trecento: in tutto vi è un punto di rottura. Se in Europa dovessero verificarsi tensioni sociali su vasta scala allora mi adopererei per trovare un’amaca nel sud-est asiatico, ma non punterei il dito contro fiumane di persone incazzate e disposte a tutto. Spero di non essere mai costretto ad abbandonare la mia terra, tuttavia se lo stallo continentale provocasse uno scenario del genere io approverei tutte le reazioni violente e non potrei fare altresì per rimanere onesto con me stesso. Ogni individuo dovrebbe auspicarsi il bene del prossimo in quanto le persone che non hanno nulla da perdere sanno diventare armi fatali: seguo la via di un egoismo illuminato in quanto non ho facoltà di incidere al di fuori della mia esistenza. I politicanti, le istituzioni, i feticisti del garantismo e altra gentaglia del genere esigono l’uso esclusivo di strumenti democratici per cambiare le cose, ma solo perché  sanno benissimo quanto sia facile abusarne per proteggere i loro interessi o i loro princìpi, entrambi sottoprodotti del banditismo. I tempi biblici dei meccanismi democratici sono clessidre di morte: ci deve essere una convenienza comune a rispettare le regole e queste non devono valere al di là della vita come un dogma religioso. Purtroppo espongo la mia attenzione a tematiche del genere perché ritengo che il peggio debba ancora arrivare con tante mattanze in dote, perciò cerco di giocare d’anticipo, almeno col pensiero. Non si può buttare in faccia a dei disgraziati agi e privilegi per poi ricordare agli stessi che sono appannaggio di quanti sappiano abusare della res publica. A me non interessano gli ideali, ma le questioni pragmatiche. Non ho una causa da sposare e cerco di pensare a me stesso senza danneggiare il prossimo. Non mi perdo nell’identificazione con qualche corrente di pensiero pur approvandone talune, a torto o a ragione. Non sono un idealista e penso soltanto a me, ma per farlo bene, a differenza di quanto ritengono arraffoni ottusi d’ogni risma, devo confrontarmi onestamente col malessere altrui. Se avessi gli attributi per fare l’anacoreta nel Kalahari probabilmente me ne sbatterei i coglioni, ma d’altronde gli effetti di queste parole sono del tutto identici all’indifferenza di certuni e hanno un po’ di utilità esclusivamente per il sottoscritto, cosicché sia pronto alla peggiore delle evenienze.

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