21
Ago

Il cinema secondo Hitchcock

Pubblicato lunedì 21 Agosto 2023 alle 23:13 da Francesco

Ho terminato la lettura de Il cinema secondo Hitchcock, una lunga intervista che Sir Alfred rilasciò in più occasioni a François Truffaut. Sotto il profilo aneddotico ho trovato questo volumetto meno divertente rispetto a quello curato da Peter Bogdanovich per la sua brillante intervista a Orson Welles, anch’esso pubblicato da Il Saggiatore, ma ha saputo ugualmente carpire il mio interesse e mi ha dato qualche strumento in più per inquadrare il cinema tout court: in entrambi i casi ho appreso qualcosa dall’intervistato e dall’intervistatore giacché tutti registi.
Di Alfred Hitchcock ho visto trenta film, dal 1940 con Rebecca, la prima moglie, fino al 1975 con Complotto di famiglia. Mi viene difficile esprimere una preferenza assoluta in questa panoplia di opere stupende, ma devo ammettere un’inclinazione verso La finestra sul cortile, Caccia al ladro e Il delitto perfetto per la presenza di Grace Kelly, a mio parere la donna più bella e aggraziata che sia mai scesa su questo pianeta. Apprezzo molto anche Intrigo internazionale con il leggendario Cary Grant in quanto stilistico precursore di tutta la saga basata sul personaggio di James Bond; il già citato Rebecca, la prima moglie con una stupenda Joan Fontaine e L’ombra del dubbio sono altre due pellicole di mio sommo gradimento. Forse, tra quelli da me visti, gli unici film di Hitchcock che non sono riuscito ad apprezzare sono gli ultimi due, ossia Frenzy e Complotto di famiglia. Titoli eccelsi come Nodo alla gola, Psyco, Gli ucccelli e La donna che visse due volte parlano da soli.

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2
Lug

Il lutto di Antonio Onofri e Cecilia La Rosa

Pubblicato sabato 2 Luglio 2022 alle 17:33 da Francesco

La mia lettura più recente è stata quella de “Il lutto”, un saggio a quattro mani scritto da Antonio Onofri e Cecilia La Rosa che si occupa dell’argomento da una prospettiva EMDR (eye movement desensitization and reprocessing), ma il mio interesse non si è rivolto tanto a questo approccio terapeutico quanto all’analisi del fenomeno e quindi ai suoi caratteri più generali rispetto alla specificità di qualsiasi trattamento.
Per me approfondire il lutto è un espediente con cui esaminare a ritroso la composizione del desiderio e dell’attaccamento, qualcosa di simile a ciò che in informatica si chiama reverse engineering, ma almeno nelle mie intenzioni lo scopo precipuo è quello di mediare la questione attraverso una sorta di decostruzionismo alla Deridda.  
A mio parere tramite la comprensione dell’assenza si possono ricavare le ragioni di una presenza compiuta o auspicata e dalla loro correlazione è poi possibile risalire alla meccanicità del tutto, incluso il ventaglio di gioie e afflizioni che a mo’ di tachimetro emotivo indica quelle espressioni artistiche che siano improntate a un’inconsapevole automazione, come se il libero arbitrio fosse un prodotto di fabbrica, frutto di un’alienazione di marxiana memoria.
Ecco dunque che tra le pagine de “Il lutto” concetti quali quello di catessi, la subdola funzione dell’autorimprovero, il riordino del sé dopo l’evento traumatico, i correlati fisiologici di processi interiori e molto altro di analogo permettono di circoscrivere il campo d’indagine mentre al contempo ne stabiliscono i canoni: la sterminata (in molteplici accezioni) realtà diviene così più a misura d’uomo. In ultima analisi mi sono servito di questo testo per un fine diverso da quello che immagino fosse nelle intenzioni degli autori, nondimeno ne ho apprezzato l’utilità.

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17
Feb

I meccanismi di difesa di Robert B. White e Robert M. Gilliland

Pubblicato giovedì 17 Febbraio 2022 alle 22:45 da Francesco

Ho colto la lettura de “I meccanismi di difesa”, scritto a quattro mani da White e Gilliland, come un’occasione per passare in rassegna e approfondire dei concetti di cui ero già edotto, non ultimo quello di “permanenza oggettuale”, ovvero la capacità della quale i bambini sono sprovvisti fino ai diciotto mesi e la cui mancanza induce essi ad attribuire un’esistenza solo a quanto rientri nel loro campo visivo. Un altro punto capitale in apertura del testo riguarda la distinzione tra paura e angoscia con le loro differenti implicazioni, laddove la prima riguardi un pericolo concreto mentre la seconda abbia ragioni indefinite e una natura endogena.
Dopo queste e altre premesse nelle pagine si susseguono disamine ed esempi per tredici meccanismi di difesa di cui la rimozione figura come quello principale, difatti opera per escludere dalla coscienza un impulso insopportabile e il suo relativo ricordo, ma il materiale escluso (e anche questa nozione compone la parte introduttiva del libro) non ne decreta né ne riduce la portata, bensì lo tiene sotto custodia come se fosse un carcerato; a corredo di ciò aggiungo una celebre citazione di Freud che secondo me in una certa misura rimarca il concetto: “Le emozioni inespresse non moriranno mai. Sono sepolte vive e usciranno più avanti in un modo peggiore”.
Oltre alla rimozione le forme di difesa sono la conversione, l’inibizione, lo spostamento, il diniego, la razionalizzazione, la formazione reattiva, l’annullamento, l’isolamento dell’affetto, la regressione, la proiezione, il rivolgimento contro il Sé e la dissociazione: di queste tredici ve ne sono due (razionalizzazione e diniego) che fanno parte anche delle cosiddette cinque fasi del lutto, ma si tratta di una mia libera associazione più o meno corretta di cui il testo non fa menzione. Non è un volume corposo, consta di appena duecento pagine, ma tanto denso quanto utile per chi sia digiuno di tali nozioni e voglia meglio comprendere sé e gli umanoidi.

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30
Set

La via per l’Oxiana di Robert Byron

Pubblicato giovedì 30 Settembre 2021 alle 10:34 da Francesco

I saggi storici di Hopkirk mi hanno indotto a soppesare La via per l’Oxiana, un libro di viaggio che ho finito per leggere con particolare piacere e coinvolgimento. Al di là della loro vocazione diaristica, anche nelle pagine di Robert Byron vi sono elementi di divulgazione in subordine alle vicende personali, una commistione questa che secondo me infonde un ottimo ritmo al testo e lo rende scorrevole benché sia piuttosto corposo.
La narrazione copre un arco temporale di undici mesi e comincia nel tardo agosto del 1933 in quella che una volta fu La Serenissima. Il modo di descrivere gli incontri e le situazioni, l’ironia più o meno velata con cui Byron rende conto delle proprie e delle altrui vicissitudini, così come lo stupore che talora prorompe dalla sua penna davanti a squarci paesaggistici o ad alcune opere architettoniche, a tratti mi hanno ricordato la scrittura di Tiziano Terzani al quale immagino che quest’autore non fosse sconosciuto.
Ho trovato interessante la sezione persiana che restituisce un’immagine del paese ancora lontana dalla rivoluzione di Khomeini, ma anche la parte dedicata all’Afghanistan mi è risultata utile per intuire da dove nasca e si trovi ancor oggi quella continuità che sta a fondamento dei suoi recenti “sviluppi”.
Mi ha divertito il giudizio negativo e inclemente di Byron sui Buddha giganti che furono scolpiti nella roccia a Bamiyan, infatti mi sono immaginato cosa egli avrebbe detto se avesse vissuto abbastanza per apprenderne la distruzione operata dai talebani nel 2001.
Oltre ai profili autoctoni, dal racconto emergono anche le tensioni politiche tra Russia e Regno Unito sebbene residuali rispetto a quelle raccontate dalla penna del già citato Hopkirk, perciò lo scritto contiene anche sporadici accenni al modus vivendi delle rappresentanze occidentali in un contesto così diverso dalle loro patrie. Per quanto breve, ho trovato pregevole e a mio parere stilisticamente eccelsa l’introduzione di Bruce Chatwin, un altro scrittore su cui prima o poi dovrò investire del tempo.
Come al solito, e per quanto possibile, ho integrato la lettura con la consultazione di mappe satellitari e fotografie recenti per ricavarne un’idea visiva dei luoghi descritti.

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27
Mar

Pubblicazione de “L’atea verginità, la beata verginità”

Pubblicato domenica 27 Marzo 2011 alle 23:10 da Francesco

Dopo mesi di ritardo e un contratto stracciato, ho deciso di pubblicare il mio secondo libro attraverso Internet. Il testo può essere scaricato come e-book alla faraonica cifra di un euro e cinque centesimi su Amazon.
In una sezione del blog intitolata “I miei libri” ho inserito anche il mio primo scritto che può essere richiesto gratuitamente in formato PDF: “La masturbazione salvifica: diario agiografico di un onanista”.
Non ho i mezzi di una casa editrice e dubito che io possa ottenere qualsivoglia riscontro, tuttavia sono soddisfatto di ciò che ho creato e conto di ripetermi. La scrittura mi aiuta a vivere meglio e assieme alla lettura mi consente di sopportare agevolmente le carenze affettive: un po’ come l’assunzione di ferro per gli anemici.

L'atea verginità, la beata verginità
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