Talora le parole giuste cadono dal cielo o precipitano dalle bocche nei momenti sbagliati, perciò ogni loro beneficio viene nullificato dal pessimo tempismo. Non so quali formule pronunciare davanti agli eventuali entusiasmi di una nuova conoscenza e suppongo che questa mia incapacità derivi da una crescente noncuranza verso ogni possibile reciprocità, ma preferisco attribuirla a un amor proprio fattosi ipertrofico per ragioni di sussistenza interiore.
In trentasette anni non ho mai esperito relazioni sentimentali né carnali, però ho avuto delle sporadiche infatuazioni platoniche con pochissime temerarie che si sono concluse sempre con un distacco vicendevole e definitivo. A me piace pensare che qualche rara volta le persone si allontanino così tanto solo per ritrovarsi all’altro capo del mondo, ma io non mi ci vedo in un rendez-vous di questo tipo. Forse l’età fa scemare certi bisogni, specialmente se essi siano rimasti inespressi e inappagati proprio quando potevano affermarsi all’acme della loro intensità. Non riesco davvero a rendermi conto se in me alberghi ancora qualche necessità affettiva e, qualora davvero ve ne si annidino, quale sia la loro entità. Non sono neanche in grado d’immaginarmi al di fuori di quel numero che precede tutti i numeri primi benché esso stesso non lo sia e mi doni alla grande: è l’abito buono per… tutta l’esistenza.
Dagli albori a oggi la mia individualità ha compiuto passi da gigante, ma forse questi non sono così ampi da consentirmi di farne qualcuno indietro. Mi sento quasi in debito con la specie per il mio (in)giustificato assenteismo.
Non ho un’indole autodistruttiva e la mia funzione di adattamento negli ultimi tre lustri ha dato il meglio di sé, ma il rovescio della medaglia si trova nella lontananza e nel disinteresse da ogni altro universo che proprio qui dibatto tra me e me stesso: mi avvince più la questione in quanto tale che il suo oggetto di domanda. Può darsi che ulteriori introspezioni di cui l’avvenire è puntuale latore finiscano per darmi ulteriori spunti, ma al momento non ne scorgo e quindi non ho altro da aggiungere né qualcosa da rimuovere.
Così è se mi pare.
Quando incontrai colei che non incontrai più
Pubblicato lunedì 29 Aprile 2019 alle 22:02 da FrancescoQuasi un anno fa mi recai nella città eterna e, in un’umida sera alle porte dell’estate, gareggiai tra le strade capitoline. Una volta all’arrivo in Piazza del Popolo mi diedi una pulita di fortuna e m’incamminai alla volta del ponte Regina Margherita: là vidi per la prima volta una ragazza con cui negli anni precedenti mi ero immerso in lunghe conversazioni, talora al limite dell’assurdo, talora al culmine del piacere. Sapevo benissimo come la natura e le sue abitudini ne avevano modellato le fattezze, nondimeno la sua beltà mi colpì lo stesso.
Avevamo improvvisato quel rendez vous in ragione della reciproca curiosità, ma io non la feci sentire desiderata come in seguito ho immaginato che si aspettasse. Rammento qualche passo a Villa Borghese, un gelato mediocre che mi fu offerto e il cui consumo avvenne con somma celerità, ma anche dei bei gatti randagi e una crescente insofferenza da parte della sventurata di cui sopra. Non cercai il contatto fisico perché volevo conoscerla davvero, sapere chi fosse in un contesto avulso da quello digitale, ma questa mia condotta la indispose. Più ci ripenso e più ci rido perché fu un tentativo di sdrammatizzare che si risolse in una comica grottesca
Non ho mai avuto relazioni sentimentali né rapporti carnali, condizione di cui non faccio mai mistero nelle rare volte in cui io mi ritrovi a interloquire con una ragazza, perciò da me nessuna può aspettarsi determinate iniziative. Non sono un maschio alfa in questo ambito. Ho un modo particolare di rapportarmi con l’altro sesso, ma forse il mio è più indicato per il cabaret e favorisce meno quanto si trovi al di là di una simpatia passeggera o di un’infatuazione.
Perlomeno questa storia prova come io non escluda alcune possibilità, ma conferma anche quanto finisca per non risultare mai la persona di cui l’altra è alla ricerca: sono proprio un pasticcione. Recentemente ho provato a tornare in contatto con la ragazza della storia, ma i miei timidi messaggi si sono infranti su un muro di silenzio e quindi ho lasciato perdere: la ricorderò per sempre.
Le cose non vanno sempre come qualcuno spera che vadano, ma ce ne sono comunque tante altre a cui volgersi e qualora non se ne vedano la colpa può essere ascritta soltanto alla propria miopia. Quand’ero un adolescente insicuro ebbi un periodo di lunga malinconia al cospetto della prima e immancabile delusione, ma in quell’occasione e in altre pagai lo scotto dell’inesperienza: ero ancora convinto che dovessi cercare il mio senso interiore nella reciproca risonanza con una ragazza. Capisco chi avverta l’urgenza dell’altrui considerazione, come se essa conferisse davvero un significato all’esistenza, ma le cose stanno diversamente.