In Messico è stato arrestato Jesus Enrique Rejon Aguilar, altresì conosciuto con lo pseudonimo di “El Mamito”. Negli Stati Uniti sulla testa di questo signore pende una taglia di cinque milioni di dollari. Costui ha fondato e capeggiato i Los Zetas, un’organizzazione criminale che è dedita al narcotraffico e alla quale devono molto le imprese locali di pompe funebri. Forse se Rejon non avesse fatto fuori un agente statunitense le autorità messicane non si sarebbero impegnate tanto per catturarlo. Negli ultimi quattro anni, in Messico, la guerra tra cartelli ha provocato circa trentacinquemila morti, però è ragionevole credere che questa cifra sia lievitata ulteriormente dal momento della sua diffusione e probabilmente anche dalla lettura della prima riga di questo mio appunto. Secondo la testimonianza di un membro del cartello, pare che i Los Zetas amino le rivisitazioni storiche e stando al racconto avrebbero sequestrato i passeggeri di alcuni autobus per farne dei moderni gladiatori. I prigionieri, una volta dotati di armi bianche, sarebbero stati costretti a combattere tra di loro fino alla morte. Che ciò sia la naturale evoluzione di quanto fu la ritualità violenta degli aztechi e la colonizzazione altrettanto efferata dei conquistadores?
Fosse comuni, decapitazioni e torture sono soltanto gli elementi parziali di un campionario ben più vasto a cui la polizia non può opporsi, poiché non è raro che sia al soldo dei narcotrafficanti, e difatti il Messico impiega l’esercito per la lotta alle organizzazioni criminali. Mi domando se un domani anche l’Italia possa ritrovarsi a fronteggiare gli stessi problemi, diventando per l’Europa ciò che il Messico è attualmente per gli Stati Uniti, ovvero fonte di problemi e frontiera di morte.