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Gli orsi non esistono di Jafar Panahi

Pubblicato martedì 8 Novembre 2022 alle 01:36 da Francesco

Nel novembrino pomeriggio della scorsa domenica mi sono infilato dentro un piccolo cinema di Grosseto per vedere un recente e premiato film iraniano, Gli orsi non esistono, ultima fatica di Jafar Panahi. Di norma non amo molto il metacinema benché in suo nome siano stati realizzati dei capolavori, ma in questo caso l’ho apprezzato in quanto mezzo e non fine, difatti la storia di un film dentro a un film è funzionale al messaggio di opposizione al regime di Teheran e non si arena nel pur nobile esercizio di stile. A mio parere quest’opera rientra tra quelle che più di altre richiedono allo spettatore uno sforzo di attenzione nei suoi tempi dilatati, ma per me l’impegno risulta spontaneo e non si fa mai gravoso.
Nella narrazione viene dato conto di due mondi apparentemente agli antipodi: da una parte c’è il protagonista, ossia un regista abbiente e metropolitano che possiede auto, fotocamere e soprattutto una coscienza politica; dall’altra gli autoctoni del viaggio al confine con la Turchia dove egli dirige le riprese del proprio film da remoto: ivi si trovano individui ancorati e mossi da quei retaggi e da quelle scale di valori con cui deve fare i conti anche il primo ancorché per ragioni diverse e con una differente consapevolezza.   
Per me la carta dell’impegno civile non gioca alcun ruolo, infatti non opero una divisione tra buoni e cattivi, bensì sono i ritmi del racconto, i dialoghi, gli espedienti da metacinema, le soggettive e tutta la messa in scena che secondo me rendono il film riuscito ed esauriente. Forse gli orsi non esistono in questa diegesi, ma di sicuro a quelle latitudini esiste del buon cinema che riesce ancora ad arrivare in Occidente.

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Giu

Persia

Pubblicato lunedì 15 Giugno 2009 alle 07:32 da Francesco

Non mi sorprende che la rielezione di Ahmadinejad in Iran abbia suscitato forti dubbi negli osservatori occidentali, ma trovo strano che tali riserve sulla regolarità delle elezioni continuino a ricevere una forte risonanza dai media internazionali. Sembra quasi che gli organi di informazione stiano preparando il campo a qualcuno, ma probabilmente la mia è mera dietrologia. Per gli sconfitti non è raro invocare lo spettro dei brogli e dichiarazioni del genere sono state fatte anche nel passato recente in Italia e negli Stati Uniti. In assenza di prove i dubbi possono comunque diventare certezze qualora lo scacchiere planetario lo esiga. All’Iran è già stata fatta una guerra di otto anni per interposta dittatura che la buon anima di Saddam Hussein non è riuscito a vincere. L’Italia è una teocrazia come l’Iran, ma a differenza di quest’ultimo il suo status non è esplicito. Talvolta penso ironicamente che qualcuno voglia negare ad Ahmadinejad la sua convinzione negazionista oltre alla possibilità di affrancare il suo paese dall’uso del petrolio. Mi chiedo quanti giornalisti si domandino se le vicende degli ultimi giorni siano il preambolo di una nuova Operazione Ajax. Tra le rivoluzioni discutibili della storia contemporanea, quella attuata da Khomeini è l’unica che ai miei occhi risulti affascinante. Sono favorevole alla parità dei sessi, ma in linea di massima non credo che le donne occidentali subiscano un trattamento molto diverso da quello che possono ricevere le donne iraniane. Le prime spesso devono fare i conti con l’impraticabilità di conseguire l’indipendenza economica ed essere madri in società che le tutelano soltanto sulla carta, mentre le seconde sono soggette alla sharia: ne consegue che entrambi i modelli forse sono fallimentari per l’emancipazione femminile. Oggigiorno, alla luce dei costumi moderni, qualche vecchia femminista si rimprovera di aver combattuto troppo. Io vivo bene nella mia nazione opulenta e corrotta poiché non mi lascio contagiare da chiunque la infetti; che sieda su una scranna o davanti al bancone di un mercato.

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