Qualche notte addietro ho fatto un sogno per me inedito, o almeno io non ricordo di averne mai avuto uno analogo. Mi trovavo a cena con molte persone che non riuscivo a focalizzare, come se fossero state parte di un sottofondo vivente: ero seduto e tenevo in braccio un neonato.
Probabilmente il pargolo era il figlio di un mio ipotetico conoscente. L'ambiente era allegro, però il convito non faceva parte di alcuna celebrazione e, in base alle mie percezioni, mi sembrava che fosse semplicemente un'occasione per riunire della gente attorno a una tavola imbandita.
In quest'immagine onirica l'elemento principale è l'infante che rappresenta il cosiddetto puer aeternus, ovvero il bambino interiore: il significato credo che sia duplice e in apparenza molto contraddittorio. In parte il fanciullo simboleggia la mia apertura verso il mondo e la voglia di un cambiamento che tarda ad arrivare, ma in una certa misura è come se io pretendessi tutto ciò a mo' di bambino viziato, quasi che mi fosse dovuto. Inoltre credo che quel neonato fossi io e così è come se nel sogno fossi stato padre di me stesso benché all'inizio abbia attribuito il pargolo a un mio ipotetico conoscente: dunque, io senex e puer al contempo.
Non mi faccio sconti perché l'introspezione non può funzionare coi compromessi, perciò deduco che l'inconscio mi abbia informato ancora una volta del mio spaventevole bisogno d'amore.