Devo molto all’informatica perché mi ha permesso di ampliare le mie conoscenze e di organizzarle. Non sono un sistemista né un programmatore, ma in questo campo mi piace definirmi un “power user”. Il mio primo computer è stato un Commodore 64, ma da piccolo ero più attratto dai videogiochi che dal BASIC, inoltre in edicola uscivano intere raccolte di giochi sulle celebri cassette che rendevano il mio interesse unidirezionale. Mi sono dilettato con questo mostro sacro per diversi anni e non ho vissuto l’era delle console a 16 bit, ma alcune pietre miliari di quell’epoca le ho vissute in seguito grazie all’emulazione. Dalla metà degli anni novanta in poi ho avuto un 486, un Pentium a 100MHz che portai a 133MHz muovendo i jumper, un Pentium III a 500Mhz e un Pentium IV a 1,7GHz a cui è seguito il mio primo (e ultimo) avvicinamento ad AMD. Durante la fine dello scorso millennio non ero interessato alla conoscenza della macchina che avevo di fronte, ma la utilizzavo per dilettarmi con i videogiochi. La prima connessione l’ho avuta a cavallo tra il 1998 e il 1999, ma già un anno prima avevo avuto l’occasione di accedere brevemente a Internet. Nei primi tempi dovevo connettermi con un 56K al nodo di Firenze, perciò non potevo stare online più di tanto. Il primo contatto con Internet alimentò la mia curiosità e cercai di comprenderne subito i meccanismi. È stato un effetto a catena e nell’arco di alcuni anni ho accresciuto il mio bagaglio culturale. Alla fine degli anni novanta il Web era molto diverso da com’è oggi. I siti erano meno dinamici e io stesso ne ho realizzati parecchi per diletto ricorrendo all’uso deplorevole dei frame. Il file sharing stava esplodendo con Napster e parecchi internauti preferivano ancora la rete Irc o ICQ agli odierni capisaldi dell’instant messaging. Ricordo che entrai in contatto con un tizio che vendeva videogiochi masterizzati per la prima PlayStation e da lui effettuai il mio primo acquisto attraverso Internet dato che ero smanioso di avere ogni cosa che girasse sulla console di Sony. A proposito, quello era il tempo delle prime modifiche per la PSX e i CD vergini costavano un occhio della testa e nel migliore dei casi venivano masterizzati a 4x mentre il prezzo della copia di un gioco oscillava tra le 5000 e le 10000 lire. Ricordo che il tipo in questione si faceva chiamare Master PlayStation e informava tutti i suoi clienti sulle ultime novità con una newsletter che aspettavo sempre con trepidazione: grazie a lui feci pervenire nella mia cittadina giochi che altri non avevano e divenni una sorta di leader in questo traffico bambinesco a cui compartecipavano altri ragazzini della mia età. Il Web era ancora un po’ scarno, ma penso che allora fosse più vivibile poiché la new economy era ancora allo stato embrionale e tanti espedienti pubblicitari non erano invasivi come lo sono oggi. Dopo un po’ di tempo mi avvicinai al mondo di Linux e ricordo che la prima distribuzione che installai fu Mandrake, dalle cui ceneri è nata l’odierna Mandriva. Provai anche RedHat e altre distribuzioni minori: insomma, mossi i primi passi nel mondo UNIX-Like. Lessi alcuni libri di informatica sul C e sul TCP/IP. In precedenza avevo letto e scritto programmi molto semplici in Pascal, ma fu il C che mi aprì la mente. Lo studio del TCP/IP mi è servito per comprendere il funzionamento delle reti sia in locale che in remoto mentre con la pratica del C ho compreso in modo più approfondito il funzionamento di un computer. Tante nozioni le ho perse perché non le ho ravvivate con l’allenamento e non mi perdonerò mai di non essere stato all’altezza di perseverare nello studio del C fino al tema dei socket (per levarmi lo sfizio di creare semplici applicazioni da usare in rete). Ho smanettato anche con il PHP e il MySql, ma soltanto per modificare script già fatti. Ho scritto qualcosa da zero, ma in tutti i linguaggi il mio codice è sempre stato pesante e privo di ottimizzazioni. In ogni caso quanto ho studiato per diletto non è stato inutile e mi permette ancor oggi di risolvere da solo ogni problema di software o di hardware che mi si presenti. Qualche mese fa ho montato il mio PC attuale in un case cubico di dimensioni ridotte, il NSK1380 della Antec. Sono ricorso a una scheda madre micro ATX della ASUS sulla quale ho deposto il E2160 della Intel, una GeForce 8400 e due banchi di RAM da un 1GB l’uno con clock a 800MHz di cui al momento mi sfugge la latenza. Non è certo una configurazione adatta per sbancare un benchmark, ma è più che sufficiente per i miei fini. Non mi piace la rincorsa all’hardware e per i videogiochi preferisco adoperare una console, inoltre il mondo di Linux mi ha insegnato che per un hardware meno recente la compatibilità è più probabile: risparmio e prestazioni. Dopo un anno su Ubuntu ho deciso di cambiare distribuzione e adesso sono un nuovo utente di Arch (che avevo già sperimentato qualche mese fa sul mio laptop). Adoro Arch perché permette di installare solamente ciò che si vuole, inoltre trovo che pacman sia un gestore di pacchetti eccezionale, a mio avviso superiore ad apt. Mi piace la pulizia e l’ordine. Oltre al cambio di distribuzione ho deciso di usare anche un altro desktop environment e sono passato da GNOME a KDE4. Ho apprezzato molto GNOME per il suo minimalismo, ma ho deciso di passare a KDE4 perché le mie applicazioni preferite sono legate a quest’ultimo e voglio vederle integrate senza stratagemmi (workarounds per gli esterofili). È divertente giocare con Compiz e gestire la propria musica con Amarok (a mio avviso il miglior programma della sua categoria), ma la verità è che mi piace vedere una macchina la cui efficienza dipenda esclusivamente dall’utente. Non sono un integralista e sul menù di GRUB c’è anche un sistema operativo di Microsoft. Ho installato Windows XP su una seconda partizione e ho utilizzato la licenza OEM del mio laptop (sul quale non l’ho mai adoperata) per accedere agli aggiornamenti. Per me XP è un sistema affidabile e lo utilizzo di tanto in tanto, ma senza la licenza di cui sopra non lo avrei mai installato: non lo avrei mai acquistato perché ritengo che la versione retail sia un furto e non avrei mai installato nuovamente una sua copia perché ho bandito il software pirata dal mio PC. A chi si avvicinasse al mondo dell’informatica non consiglierei mai di installare una distribuzione Linux. Credo che il mondo dell’open source debba ancora fare molti passi a livello di desktop per essere accessibile ai neofiti. Questa è la mia piccola storia informatica e sono contento di averla annotata qua in mezzo: un pesce fuor d’acqua. Potrei spendere altre parole su Usenet, sull’evoluzione del peer-to-peer e potrei citare qualche aneddoto divertente per lanciarmi in una disquisizione a metà tra informatica e sociologia, ma mi dilungherei troppo e finirei per essere dispersivo e prolisso. In futuro potrei annotare qualcos’altro su questo tema, ma per adesso va bene così. Un’ultima considerazione la devo rivolgere alla fortuna che ho avuto a nascere nel 1984, infatti la mia crescita individuale ha combaciato con l’esplosione di Internet, perciò ho potuto seguire la sua evoluzione con un tempismo perfetto. Voglio chiudere con una battuta vecchia che gira ancora in varie versioni: “Con un computer e con la vita basta usare brain.exe”.
Autore
Mi chiamo Francesco, mi trovo nel mio ottavo lustro e vivo dove sono cresciuto, ossia in Maremma.
In questo blog conduco da anni la mia autoanalisi, perciò i contenuti hanno un alto tasso d'introspezione e sono speculari agli sviluppi della mia persona.
Qui sono raccolti appunti intimisti, grotteschi, ironici; archiviati vi sono anche sfoghi, provocazioni, invettive ed esternazioni d'altro genere che oggi io considero quasi imbarazzanti od obsolete, ma di cui serbo traccia poiché nel bene o nel male hanno fatto parte del mio percorso e sono assurte fino alla coscienza.
Qualche passaggio può suscitare simpatia, talora fino all'insorgere dell'identificazione, invece brani d'opposto tenore hanno una portata sufficiente per destare un po' di disgusto, però credo che tanto i primi quanto i secondi siano adatti agli immancabili fraintendimenti o alle (in)volontarie incomprensioni.
Non sempre i significati dei miei scritti emergono dal loro contenuto manifesto, quindi io stesso mi guardo dal prendere alla lettera certe cose che metto nero su bianco o che altrove sarebbero già sbiadite.
Mi sono diplomato con ben sessanta centesimi al liceo linguistico, non ho mai messo piede in un ateneo e non ho mai fatto ingresso tra le grazie di una nubile.
Poiché errare è umano, e io di certo non nascondo né rinnego la mia natura mortale, ho ragione di credere che in tutta questa mole di appunti mi sfuggano refusi ed errori di cui chiedo venia alla mia attenzione e a eventuali (quanto incauti e improbabili) lettori.
E-mail
team84@gmail.com
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