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L’incompatibilità delle parti

Pubblicato lunedì 1 Aprile 2019 alle 00:00 da Francesco

Non ho mai investito molto tempo né energie nei rapporti interpersonali poiché ho capito presto come il loro andamento dipenda solo in parte da me. Il tempo mi ha dato ragione o forse io ho fatto in modo che me l’accordasse in virtù delle suddette premesse.
Il solipsismo è l’unica risposta sensata che abbia trovato all’assenza di una mutua risonanza, ma d’altro canto anch’io sono parte di un’assenza per qualcun altro in qualità di occasione mancata o mancante: ecco dunque l’unica, vera e vicendevole reciprocità possibile, quella del distacco dopo una conoscenza pregressa o l’autentica, inedita e totale estraneità delle parti.
Non ho mai sciolto certe questioni né i capelli di una ragazza, perciò ho lasciato insoluto l’enigma femmineo. La mia attrazione verso certe donne, quasi sempre scaturita a seguito di un loro primo passo, si è puntualmente risolta in silenzi inespugnabili, ma quegli esiti sterili hanno corroborato la mia individualità e dunque non so quale lettura darne. Ho avuto dei confronti, ancorché soltanto sul piano intellettuale ed emotivo, ma paradossalmente i loro effetti migliori non sono stati di matrice relazionale. Al netto di tutto e in virtù del senno di poi devo altresì ammettere come sia stata indifferente l’identità di quelle ragazze con cui ho avuto dei contatti platonici, siano essi stati epistolari o vìs-a-vìs: a rischio di piegarmi dalle risate mi chiedo se non sarebbe stato meglio se avessi optato per qualche test di Turing in luogo di tutto quel ciarlare. Il quadro è meno complicato di quanto possa sembrarmi, però devo ancora trovargli una bella cornice e non so davvero quando capiterò a un mercatino dell’usato.

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Giu

Indifferenza erudibile

Pubblicato mercoledì 4 Giugno 2008 alle 02:52 da Francesco

La notte infonde nella mia volontà ciò che il giorno le nega con la sua luce fascinosa, ma non sono un fautore dell’oscurità e adoro quest’ultima quanto le ore diurne. La mia vita risplende nelle azioni che compio e trovo che il suo fulgore sia più importante d’ogni parola che si leghi ingenuamente ai fiocchi di un moto gioioso o alle spire di una tristezza strangolatoria. Non depenno le questioni secondarie dall’elenco dei miei impegni trascurabili, ma le tratto con un’indifferenza meticolosa che non ne mina il passaggio verso la concretizzazione. Saluto cortesemente chiunque provi a disegnare la forma della felicità con i tratti di un vaniloquio, ma né io né altri possiamo pretendere che il mio garbo diventi un attestato di stima nei confronti di certi imbonitori. A mio avviso la comicità forzata di uno scroto cascante che appaia in mezzo a queste parole può suscitare soltanto l’ilarità di chi abbia un senso dell’umorismo poco volitivo, ma in questo caso è un test che lascio nel passato affinché metta alla prova la mia rilettura futura. Non mi sento a mio agio ogniqualvolta io mi ritrovi a farcire i miei monologhi con termini impegnativi quali “materia” ed “energia”, ma questo è il prezzo della filosofia spicciola ed essa nel migliore dei casi consente soltanto un guadagno che veicoli la fragranza evocativa della cartamoneta. Non mi piacciono le stramberie che incentivino una curiosità dozzinale. L’interpretazione errata di uno scritto riesce a tediarmi quanto un calembour inflazionato, tuttavia la perseveranza di una visione inesatta riesce ancora a strapparmi un sorriso moderato. Le differenze vengono confuse con gli sbagli e viceversa, ma per fortuna la realtà mantiene l’ordine semantico che talvolta viene stravolto dalla pochezza ampollosa del linguaggio.

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