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Dic

Miti e simboli dell’India di Heinrich Zimmer

Pubblicato sabato 4 Dicembre 2021 alle 12:52 da Francesco

La mia lettura novembrina è stata quella di Miti e simboli dell’India, un saggio concernente aspetti della religiosità vedica a me già noti, ma di cui il testo di Heinrich Zimmer mi ha offerto ulteriori e interessanti approfondimenti. Basilare ma doverosa la spiegazione iniziale di come ogni ciclo del mondo per l’induismo sia ripartito in quattro età definite yuga e il cui avanzamento va di pari passo con un impoverimento del dharma, ossia dell’ordine morale.
Altra definizione capitale e precipua riguarda i concetti di maya e shakti, laddove la prima indica il mondo fenomenico, quanto è manifesto e illusorio, mentre la seconda è l’aspetto dinamico della prima che ne genera e ne alimenta le epifanie. Zimmer dà conto in più occasioni degli apparenti dualismi che attraversano l’induismo, perciò egli spiega come la shakti rappresenti il potere attivo di una divinità e ne sia la consorte o regina, in complementarietà e opposizione all’elemento passivo maschile (l’eternità): in un passaggio l’unione dei due viene descritta come autorivelazione dell’Assoluto.
Molte sono le pagine dedicate ai simbolismi e alla cosmogonia che mi hanno avvinto, ma è stata in particolare la storia del tracotante Jalandhara a colpirmi poiché il suo tentativo di prendersi in sposa Parvati fa compiere all’autore un parallelismo con il mito edipico, paragonando la consorte di Shiva a Giocasta al fine di sottolineare come il possesso della moglie di un sovrano risponda a un preciso rituale di potere e sia quindi scevro di tutte le implicazioni freudiane.
Sessuale, archetipico e fortemente simbolico è il linga, oggetto fallico d’elezione per il culto di Shiva in quanto energia maschile creatrice, ma il dio è anche distruttore e questa sua duplice natura viene esplicitata dalle principali danze che egli padroneggia: la Tandava e la Lasya.
La gerarchia delle divinità, la differenza tra Brahma e Brahman, i vari aspetti di Shakti (di cui a me piace molto la Kali nera) e, soprattutto, lo stato di prigionia al quale ogni individuo è costretto dalla propria Maya-Shakti (e quindi dalla cosiddetta nescienza) che egli stesso genera, sono altri elementi ivi presenti e stimolanti la cui lettura mi ha ricordato di nuovo quanto verso tutto ciò sia debitrice parte della filosofia occidentale. Duecento pagine spese bene.

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20
Ott

L’India e Pitigliano

Pubblicato sabato 20 Ottobre 2007 alle 01:24 da Francesco

È probabile che in futuro mi attendano due tappe. In primis ho intenzione di recarmi a Pitigliano in bicicletta, ma non sono ancora certo di riuscirci: il percorso non è dei più semplici a causa delle sue salite e delle relative pendenze. Il mio comune dista quarantanove chilometri da Pitigliano, quindi per andare e tornare (vivo) in un solo giorno devo prepararmi a pedalare per novantotto chilometri con uno zaino sulle spalle. Non so quando tenterò di affrontare questa piccola impresa per mettere alla prova il mio fisico, ma sono certo che la mia decisione arriverà all’improvviso nel corso di una mattina poco ventosa. Nel mio zaino riporrò qualche integratore, un po’ di cibo e una coperta di dimensioni ridotte qualora, per cause di forza maggiore, dovessi trascorrere la notte sotto il firmamento. Nel corso dei primi mesi dell’anno venturo è possibile che io mi rechi in India per affrontare il terzo viaggio da quando ho assunto la gestione della mia vita, ma anche questo spostamento non è ancora certo. Ho già provato a me stesso di non temere la fatica né le distanze e inoltre sono in grado di gestire le situazioni inaspettate. In questa fase della mia vita sto raccogliendo i risultati dei miei sforzi e ne sto producendo di nuovi. Sembra che la mia emotività non possegga nulla a causa della sua totale estranietà dagli aspetti più profondi dei rapporti interpersonali, ma in realtà contiene più di quanto io stesso riesca a quantificare.

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