Il multiculturalismo non può funzionare a meno che non sia sottoposto a regole certe e a numeri contenuti, ma tali paletti fanno stringere il cuore a quanti lo vivano da lontano e lo reputino un valore imprescindibile. Credo che tutti gli esseri umani siano davvero uguali solo al cospetto della morte e nella riverenza verso l’istinto di sopraffazione, perciò nutro un realistico disincanto verso ogni utopia di fratellanza. Il razzismo non c’entra nulla, tuttavia lo si può imboscare in questa grande festa dell’equivoco dove i pesi e le misure si moltiplicano all’uopo come i pani e i pesci nel cenacolo. Non si possono cancellare per decreto secoli e millenni di archetipi, però nulla vieta a qualcuno d’illudersi in merito a quest’impresa.
Ieri l’autista di un bus ha dato fuoco al mezzo che guidava, ma prima d’incendiarlo è stato così didascalico da minacciare una strage. Il protagonista di questa vicenda risponde al nome di Ousseynou Sy, un senegalese con cittadinanza italiana e un paio di precedenti che non gli hanno comunque impedito di svolgere per lungo tempo un lavoro di cotale responsabilità, ma d’altro canto ciò è stato possibile perché in Italia, malgrado la selva di leggi e norme inutili, vi sono lo stesso lacune legislative come in altri paesi in via di sviluppo suoi parigrado. Il tizio di cui sopra pare che abbia motivato le sue azioni con la vendetta per i morti in mare, ma non ho capito se nel novero vadano inclusi anche coloro che non sono mai più tornati dalla pesca in apnea.
Che sia il limes romano o una frontiera europea poco importa: qualunque popolo che non sappia difendere i suoi confini è votato all’estinzione e non è detto che quest’ultima evenienza sia da rifuggire. Ho ragione di pensare che l’appuntamento con l’orrore in Italia sia soltanto rimandato in attesa di attentatori più scaltri e fortunati. È davvero un peccato che i processi di combustione e l’energia cinetica delle pallottole non sappiano riconoscere l’innocenza, ma talora mi sembra che anche gli esseri umani difettino in codesto discernimento.
Non credo che l’evoluzione umana sia un processo lineare benché il resoconto delle puntate precedenti dia quest’impressione. Nell’epoca attuale mi sembra che l’Occidente stia pagando le utopie che cominciò a coltivare dopo la perestrojka. La folle idea che tutti gli esseri umani siano uguali si scontra oggi con le loro differenze e d’altro canto non può essere altrimenti.
Il disagio della civiltà è stato descritto bene da Freud ed è per questo motivo che il costo di certi ideali si traduce in nevrosi di massa: il ritorno del revanscismo in tutto l’Occidente è il chiaro segno del contrasto che sussiste tra un minoritario desiderio di integrare altri popoli e il netto rifiuto per questo melting pot da parte di maggioranze inascoltate. È come se i governi buonisti fossero la coscienza e i popoli, fedeli all’istinto di conservazione, rappresentassero l’inconscio con tutti gli inderogabili segnali che quest’ultimo impone per propria natura.
In tutto ciò io vedo il risveglio di quello che Jung chiamava inconscio collettivo, ovvero un celere ritorno a quell’aspetto tribale delle società antiche che si ripresenta allorché la minaccia è sotto gli occhi di chiunque. V’è una regola aurea che vale tanto nel microcosmo d’ognuno quanto nel macrocosmo: tutti i contenuti che vengono rimossi dalla coscienza sono destinati a riaffiorarvi in seguito con ancor più forza. L’accoglienza indiscriminata, l’assalto al welfare, la costante idea d’ingiustizia che, mutatis mutandis, ricorda quella di un bambino al quale venga imposto un fratello dai genitori, ebbene questo e molto altro concorre a prospettare reazioni sempre più efferate e frequenti da quanti si vedono estorta la cosiddetta solidarietà.
Conosco persone che un tempo non avrebbero fatto manco per scherzo una battuta razzista, oggi invece sembrano dei ferventi nazionalsocialisti, tanto che talora persino nei loro sorrisi si possono intravedere croci uncinate. La storia dell’uomo non inizia nel secondo dopoguerra ed è inutile chiedere a qualcheduno di rinunciare ai suoi archetipi, difatti non potrebbe distaccarsene neanche se lo volesse. Vi sono fieri comunisti d’un tempo che oggi riconoscono tranquillamente l’esistenza non solo di un problema, ma di un vero vulnus legato ai flussi migratori; d’altro canto le categorie novecentesche non hanno più attinenza con la realtà, sono superate, ed è questa la vera uguaglianza degli esseri umani: la loro inclinazione alla sopraffazione di cui anche l’istinto di conservazione è una forma attenuata.
Può darsi che un giorno grazie ai progressi della tecnica le utopie saranno a portata di mano, ma ciò di certo non avverrà mai grazie a quanti, come nel gioco delle tre carte, pretendono di dare dei diritti alle minoranze allogene sottraendoli a chi li ha resi possibili.
Mi seguano i lor signori sulla via per defecare. Alleggeriamoci oggi e promettiamoci di ripetere quest’esercizio intestinale anche nei giorni a venire. Dopo quasi diciassette anni c’è stata una svolta nel delitto Claps e forse proprio di applausi abbisognano talune procure per agire con solerzia. Profuma di beffa la scarcerazione delle maestre violente. Queste donne manesche dovrebbero sostenere una lezione di metrica sotto la lapidazione delle loro scolaresche. Ogni tanto tornano gli anni ottanta e il presente fatica ad affermarsi: talvolta la contemporaneità sembra quasi un crimine. C’è un ammanco di idee nei crani di certa gente che sbatte la testa contro i muri. Non mi viene nulla in tasca da ciò che annoto e potrei anche girare in tenuta adamitica se gradissi l’abbronzatura, ma io preferisco mantenere un colore latteo. Alcuni italiani sfruttano la manodopera dell’Est per ristrutturare e costruire abitazioni o trincee analoghe, ma poi costoro mostrano sommo stupore quando gli operai che hanno pagato in nero tinteggiano con lo stesso colore i fatti di cronaca a seguito delle rapine malriuscite. Martiri rassegnati, ponti per una generazione migliore, trafficanti d’uomini e criminali di piccolo calibro: dai Balcani con odio e amore. Tra la bassa natalità e l’immigrazione qual è il problema peggiore a lungo termine? Per qualcuno la vita è appesa a un filo, per altri invece alla presa di un terminale su cui scorre l’andamento di un trading. Anche il tempo vuole le sue commissioni e non accetta proroghe, ma manco per il cazzo! Se bastasse tingere i capelli per aumentare la durata della vita allora ci sarebbero meno teste canute e più corpi decrepiti. Cosa dovrei dire davanti alla morte? Io posso tirare fuori qualche “amen” che mi è rimasto nell’ugola dai tempi della prima e ultima comunione, toh. Cara umanità, quanto non ti assomiglio nella tua massificazione moderna, però non credere che mi sia sempre facile saltare di alternativa in alternativa per sfuggire ai tuoi lati esecrabili e devo anche ammettere che certe tue banalità sono più pregevoli delle controparti a cui talvolta mi rivolgo. Sappi che io sto bene, cara umanità, ma anche tu cerca di riguardarti perché ti vedo in una fase di tribolazione benché ci siano stati momenti peggiori nella tua giovane storia. Postum scriptum: ricordarmi di tornare alla cenere e alla terra.