Assisto senza troppo entusiasmo agli attuali sconquassamenti delle società occidentali, difatti essi seguono la classica circolarità che caratterizza i ricorsi storici e dunque non presentano nulla di nuovo sotto questo Sole, al cospetto del quale, immagino, per taluni sia bello pedalare. Guardo distrattamente le accese proteste di questo periodo così come, con la medesima superficialità, talora seguo l’ennesima replica di un vecchio film.
Da qualche parte è sorto l’obbligo morale d’inginocchiarsi e come al solito l’ipocrisia fa in modo che i più pavidi tra gli indifferenti ottemperino a tale diktat. In alcune etnie e culture vi è una tendenza al vittimismo che anche nelle sue istanze più autentiche viene mortificato dai secondi fini con cui qualcuno cerca di cavalcarlo per i propri scopi o per giustificare azioni sbagliate come quelle contro cui asserisce di protestare. A mio modesto parere nella quasi totalità delle società multietniche le tensioni sono destinate ad aumentare sempre di più, fino a quando non sfoceranno in un conflitto aperto, in una costante oscillazione tra la guerriglia urbana e l’orlo della guerra civile. Io non m’inginocchio per nessuno e provo un totale disprezzo per l’iconoclastia a prescindere da chi la ponga in essere. Se tutto dipendesse da me autorizzerei chi di dovere a sparare ad altezza d’uomo per difendere le statue e non già per queste in quanto tali, bensì come prova di forza e monito del potere ai suoi sottoposti. Le società umane sono intrinsecamente violente e dunque solo la grave minaccia di una punizione irreversibile può mantenerle in una relativa quiete, ma tutto ciò non sarebbe necessario se a monte prevalesse nei più una forte morale che invero è peculiarità di pochissimi popoli.
Auguro alle generazioni future pace e prosperità, ma se dovessi scommettere cinque euro sull’avvenire allora metterei il denaro su un esito nefasto, oscuro, efferato e crudele, una Babele con differenze e conflitti insanabili dove una parte della cosiddetta “intellighenzia” continuerà a negare l’evidenza in nome delle sue bieche utopie e dei suoi sordidi interessi. Detesto tutto ciò che è politicamente corretto e non mi diverte quanto gli si oppone per partito preso: le due facce della stessa medaglia.
Tra damnatio memoriae e iconoclastia
Pubblicato venerdì 15 Settembre 2017 alle 17:52 da FrancescoLa cancellazione del passato non è una vocazione recente, ma già nella Roma repubblicana era una pratica tutt’altro che inconsueta. Dell’iconoclastia invece i bizantini non hanno scritto grandi pagine, tutt’al più hanno distrutto quelle che contenevano immagini sacre, però ne hanno fornito esempi straordinari.
In quest’epoca di stucchevole buonismo vi sono certi gaglioffi che vorrebbero modificare il retaggio architettonico del ventennio fascista, tuttavia presumo che costoro caldeggino simili proposte con l’unico scopo di rimediare un po’ di facile visibilità per la loro carriera politica in netto declino. Non mi sorprendono mai le vette di stoltezza a cui riescono ad assurgere certuni, difatti credo che non vi sia modo di mettere un freno all’idiozia così come non lo si può porre alla provvidenza. Per illustrare cotanta pochezza non vedo la necessità di scomodare un iperbolico e risibile paragone con l’opera di distruzione che ha compiuto Daesh nel Medio Oriente, ma i vili di casa mia, miei connazionali sulla carta ancorché de facto stranieri (e giammai profeti) in patria, meritano anche siffatte canzonature.
Mi fa sorridere l’idea che qualche sincero democratico (o presunto tale) voglia vietare certi gesti e determinati simboli, equiparandone l’esibizione sotto il profilo penale a reati di ben altro spessore; proposte del genere avallano vieppiù il mio convincimento secondo cui la vera uguaglianza degli esseri umani si trovi nella reciproca tendenza alla sopraffazione.
Talvolta alcune proibizioni instillano un ulteriore vigore in ciò che viene proibito e così ne incrementano la forza, ma non mi sorprende che a certi somari una simile idea non passi neanche per l’anticamera del cervello. I divieti risultano strumenti efficaci soltanto in precise circostanze e vi sono invece dei casi in cui questi sortiscono effetti contrari ai loro intenti, perciò il loro savio ricorso spetta a intelletti che sappiano discernerne l’opportunità.