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L’ottimismo nel suo contrario

Pubblicato venerdì 1 Maggio 2020 alle 11:57 da Francesco

La festosa atmosfera di questi giorni mi ricorda quella altrettanto vivace del video di "Hurt" di Johnny Cash.
Può darsi che alla fase due segua la fase terminale, in senso medico. Oltre alle mascherine dev’essere distribuita la morfina. Secondo me l’economia può essere rilanciata (nel baratro) sottraendo il business dell’eutanasia all’Olanda e alla Svizzera. Le file dinanzi al monte dei pegni si sposteranno ai piedi del Golgotha e l’Imago Christi monopolizzerà il mondo del cosplay. Un accordo tra regioni può riproporre le crocefissioni di massa a cui ricorse Crasso lungo la via Appia. Credo che il modo migliore per assicurare un futuro ai figli si annidi nella sterilità congenita o in quell’atto di pietà che risponde al freddo nome di vasectomia.
Dal crollo degli idoli di Nietzsche alla caduta degli idolatri. È tutto in diretta senza interruzioni pubblicitarie, ma solo di gravidanza. L’aborto è un atto di clemenza in contumacia.
Non riesco a capire quale sia la natura fisiologica della coscienza, se essa si risolva nelle modeste conquiste della neocorteccia o se preceda la vita biologica. Comunque vada sarà un decesso. Se fossi accomodante farei parte del mobilio. Un, due tre, stella! Anzi, supernova.
Un’opportuna citazione di Manlio Sgalambro:

"Io, contemporaneo della fine del mondo
non vedo il bagliore,
né il buio che segue,
né lo schianto,
né il piagnisteo
ma la verità
da miliardi di anni
farsi lampo".

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20
Giu

Optimum

Pubblicato domenica 20 Giugno 2010 alle 14:02 da Francesco

Una volta, in terza media, la professoressa d’italiano mi punì con una nota di demerito quando le dissi che non avevo svolto il compito a casa nel quale avrei dovuto illustrare i miei progetti per il futuro. Già allora, difatti, non albergava in me il desiderio di diventare qualcuno e per fortuna neanche in seguito quest’ultimo è mai venuto a bussare alla mia inferriata, o forse si è presentato a mia insaputa ed è stato spaventato dai cani da guardia. Non ho mai avuto ambizioni particolari, sogni, carote o altri ortaggi da mettere davanti al mio carattere per trainare la volontà come una bestia da soma. Non mi sono mai interessate le qualifiche né i riconoscimenti, ma se avessi ricevuto qualcosa del genere, il giorno successivo al conferimento di tali addobbi avrei portato tutto a un rigattiere per poterne ricavare qualche tallero. Se l’anno scorso l’Esercito Italiano non avesse scartato il mio profilo psicologico forse oggi, con nove mesi di servizio alle spalle, mi sarei già potuto fregiare del grado di caporale e quest’ultimo sono certo che non lo avrei svenduto. Mi considero nel fiore degli anni e sboccio ogni giorno in un deserto emotivo che almeno io non trovo inospitale come invece accade a qualcun altro che tra quelle stesse sabbie sconfinate appassisce a ogni sospiro. Non penso che si possa ottenere una buona fioritura innaffiandosi soltanto di lacrime e sborra, ma io sono il giardiniere di me stesso, non mi occupo di altre radici che non siano le mie, e a titolo informativo: il mio pollice verde non ha mai lambito le pendici del monte di Venere. Adoro le cose che non vanno in porto, quelle che hanno un attracco lontano, ma a cui sta comunque a cuore il raziocinio e di sicuro né le previsioni catastrofistiche né l’isteria che le veicola ne fanno parte. La fine dell’umanità è un prodotto da supermercato che si trova in confezioni diverse. C’è quella attribuita alle profezie dei Maya, adatta per l’esoterismo domenicale e indicata per i bambini dai tre ai sei anni. Ne esiste una versione cospirativa, adatta per trascorrere le serate con folte schiere di dietrologi, complottisti e altri nani da giardino che hanno in orrore il CICAP. V’è anche un tipo più prossimo alla realtà, per coloro che hanno lo stomaco debole, e in questa veste la fine del mondo si presenta attraverso le parole di qualche studioso canuto che oltre a riproporre il pensiero di Thomas Robert Malthus, ne prevede la concretizzazione in tempi stretti.

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