Questo caro amico ogni tanto mi viene a trovare e oggi ha deciso d’indossare una piccola striscia di luce solare. Si adagia dove meglio crede, talora sul mio letto, altre volte al cospetto delle persiane benché egli non abbia il pelo lungo. Vivo bene in mezzo ai gatti e per quanto posso cerco d’imitare alcuni dei loro tratti.
Immagino che il malumore in una mente chiusa si propaghi come il monossido di carbonio. Non ho motivi particolari per gioire né per rattristarmi, ma questa neutralità imperfetta non mi infastidisce. Mediamente sono tranquillo e talvolta ho dei picchi d’entusiasmo che compensano oltremodo i rari scivoloni del mio umore. Esistono eventi di grande portata emotiva che per adesso mi sono ignoti quanto gli orizzonti di cui può godere un astronauta, ma non sento l’urgenza di scoprire nuove sensazioni e non escludo che tali moti interiori per me possano restare avvolti nel mistero. In me non si trova una malinconia latente, altrimenti scriverei poesie dozzinali. Ogni malattia ha le sue caratteristiche: la diarrea porta con sé colate di merda e la malinconia concatena idiozie altrettanto maleodoranti di cui la poesia è spesso la sintesi stercoracea. Troppo spesso la sensibilità viene associata alla tristezza, ma io credo che un accostamento simile non sia sempre corretto. Qualche giorno fa ho visto e immortalato un roditore che avrebbe avuto dei buoni motivi per intonare il de profundis, ma per fortuna i suoi squittii non si sono trasformarti in un plagio di Pablo Neruda. L’immagine sottostante mostra la bravura dei miei piccoli gatti e fa parte delle fotografie che aggiorno di tanto in tanto nelle gallerie di questo angolo virtuale. Quel fottuto topo mi ha svegliato nel cuore della notte, un errore madornale, e la mattina seguente ho adunato tre dei miei migliori felini che ancora una volta non mi hanno deluso. Miao.
Qualche giorno fa un topo è comparso improvvisamente dietro il mio monitor e dopo averlo seguito per un po’ con lo sguardo sono andato a prendere la mia gatta, Mata Hari, a cui ho detto: “C’è un lavoro per te”. Sul mio tavolo c’era un mouse di troppo. Penso che il roditore abbia visto scorrere davanti a sé tutta la sua breve vita appena ho posato la micia accanto al mio monitor. In meno di un minuto la natura ha fatto il suo corso e ne ho approfittato per immortalare l’ennesima uccisione di Mata Hari.
Intanto i piccoli felini (Hirohito, De Gaulle e Maginot) hanno cominciato ad avventurarsi da soli nell’ambiente circostante e se masticassi un po’ di etologia potrei dilungarmi nella descrizione di questa fase della loro crescita.
Non sono cagionevole e mi ammalo di rado, ma da alcuni giorni la sinusite e il raffreddore mi costringono a stare tra le mura domestiche. È quasi una settimana che non vado a correre e mi manca l’endorfina che sono abituato a guadagnare a forza di falcate. Dopo una lunga pausa ho ripreso a scrivere il seguito de “La Masturbazione Salvifica: Diario Agiografico Di Un Onanista”, ma finora ho steso soltanto sette pagine: questo dato conferma quanto ho annotato qualche giorno fa a proposito della mia carenza creativa. Per fortuna scrivo per diletto e dunque posso concedere tempi biblici alla redazione dei miei manoscritti. Mi sento bene nonostante la mia mucosa nasale non sia in perfetto stato e respiro il mio benessere nel ventre delle circostanze interiori in cui mi trovo: una condizione che non può essere sottoposta agli esami clinici. Talvolta la frequenza con la quale incorro nei paradossi mi spinge a chiedermi se io mi abbassi a piegare certe idee alle mie esigenze, tuttavia l’entusiasmo che deriva dal mio vuoto positivo produce effetti ricorrenti e reali. Non sono circondato soltanto da sensazioni piacevoli e indipendenti, ma attorno a me orbitano anche dei felini. Sono cresciuto in mezzo ai gatti e conosco l’odore del loro piscio. Fino a qualche anno fa avevo un gatto persiano di cui adoravo l’espressione e l’indolenza e lo ritenevo il capo silenzioso dei suoi quattro compari. Ho avuto anche due cani, un pastore tedesco e un pastore maremmano, ma preferisco i gatti e in particolare i gatti persiani. Non ho mai idealizzato gli animali e non ho mai creduto che le bestie fossero migliori degli esseri umani. Vivo da poco con due nuovi felini che ho battezzato Eisenhower (il maschio) e Mata Hari (la femmina).