Attraverso un periodo di profonda serenità. Non c’è niente che io desideri intensamente, perciò le piccole bramosie che porto in grembo non hanno abbastanza forza per compromettere il mio attuale equilibrio. Non valuto mai lo stato d’animo in base a qualche suggestione o sull’onda di un entusiasmo passeggero, bensì ne attendo sempre la conferma attraverso sonni tranquilli e risvegli lieti. Prendo il polso della mia situazione dalla facilità con cui riesco ad addormentarmi e non conosco un metodo più accurato tramite il quale ottenere un responso altrettanto preciso. Le descrizioni positive non sono avvincenti quanto le loro controparti e io non m’impegno molto per renderne più interessante l’esposizione, ma d’altro canto non ho un motivo né un capriccio per tentare qualsivoglia rafforzamento in tal senso.
La quotidianità mi offre delle piccole sfide di pazienza e dei doveri che assolvo senza sentirne il peso, ma nell’arco di una giornata riesco comunque a ritagliare ampi momenti da dedicare a me stesso. Il mio egoismo non nuoce a nessuno. Traggo delle sensazioni concrete dal mio modo di vivere, ma non ho la certezza che quest’ultimo sia davvero quello a me più confacente: chissà! Mi sto avvicinando al Pranayama col duplice scopo di sperimentarne gli eventuali benefici nella corsa e di avvalermene nella vita d’ogni giorno, perciò a tempo debito spero di poterne scrivere qualcosa di utile. Per ora mi limito a constatare quanto stia crescendo il mio lato contemplativo e in particolare in relazione ai colori del crepuscolo. Prima dovevo sforzarmi molto per osservare un tramonto e non sapevo mai goderne, ora invece, a volte, il mio occhio si volge in maniera del tutto spontanea verso il calar del sole: lo considero un primo passo benché non senta ancora in me un vero trasporto di fronte alle ultime luci del giorno; forse un domani, forse mai…
Ho iniziato la stesura del mio terzo libro prima del previsto, ma probabilmente non sarei stato così celere se non avessi accettato un contratto editoriale di tre anni. Intanto la mia esistenza procede bene e segue i ritmi ai quali è abituata. L’attività fisica, la lettura e qualche distrazione solitaria mi accompagnano a ridosso del futuro. Non ho preoccupazioni e non ho motivo alcuno per supporne l’imminenza.
Talvolta può apparire dissonante il rapporto tra il tempo e i significati con i quali viene riempito. Cerco di fuggire da parecchie forme di identificazione per evitare di mettere la mia felicità nelle mani degli eventi, ma non sono ancora in grado di svincolarmi coscientemente da ogni morsa di questo genere. Pago il prezzo della mia giovane età e per questa ragione vedo ancora orizzonti tanto meravigliosi quanto inesplorati nel potenziale emotivo delle relazioni possibili tra persone.
Per diverso tempo ho creduto di essere un portatore sano di anaffettività cronica, ma in seguito ho dovuto ricedermi perché sono stato confutato dall’esperienza. Per quanto siano rare, ancor oggi non mi sottraggo da quelle occasioni casuali che in un modo o nell’altro mi permettano di conoscere in maniera più o meno superficiale qualcuno che mi sia affine e dubito che sentirei un moto di piacere in questi casi se io fossi davvero anaffettivo. Finora le conoscenze platoniche da me esperite a vari livelli di approfondimento non hanno portato a nulla, però non credo che bastino un certo grado di affinità e un principio di attrazione per sancire un rapporto autentico. Conosco vari individui che mostrano i segni evidenti della depressione ogniqualvolta debbano affrontare lunghi periodi senza amore o privi di qualcosa che assomigli a quest’ultimo e non è affatto raro che sottraggano il significato a ogni altra cosa durante i periodi di solitudine; tutto ciò avviene tramite il disfattismo, l’autodistruzione e quant’altro sposi la causa del malessere. Per me non è affatto auspicabile un approccio di questo tipo ai rapporti sentimentali ed è forse a causa di questa concezione che io in passato ho sospettato d’essere affetto dall’anaffettività.
Riesco a guardare il vuoto emotivo senza impaurirmi e se un domani dovessi colmarlo non sarà certo il mio mondo interiore a rivoluzionarsi, tuttavia quest’ultimo accoglierà con i dovuti onori e sommo entusiasmo un legame per me ancora inedito.
Oscillo in silenzio tra il giorno e la notte, ma non m’illudo che il mio moto sia perpetuo e spesso rammento la sua provvisorietà. Non cerco la soddisfazione personale e non ho ambizioni filantropiche, ma la mia forma mentis non confina con l’apatia né con il menefreghismo. Nutro un disinteresse totale nei confronti di molti discorsi, ma presto attenzione al modo in cui vengono modulate le parole che li compongono. Non è la superbia che mi allontana dalle opinioni, bensì la consapevolezza di quanto valga poco ogni parola che non ricalchi la realtà. Freno le mie esternazioni verbali e preferisco annoiarmi in modo genuino ogniqualvolta l’alternativa sia un divertimento fallace. Alcune volte credo che la mia età non mi rispecchi e in altri momenti sorge in me il dubbio che io non sia in grado di rispecchiarmi nella mia età. Sono fiero dell’equilibrio che vige nella mia condotta solitaria e penso che la sua costanza sia indice di serenità, ma non ignoro la bellezza che si trova al di fuori della sua portata e la contemplo da lontano. L’isolamento mi ha rafforzato nei segmenti della mia giovane esistenza e oggi le difficoltà del passato mi sembrano delle inezie, perciò non ho motivi validi per ritenere che alle avversità del presente spetti una sorte diversa. Non ho bisogno di una forma di fiducia sebbene la mia autostima sia alta quanto il tasso glicemico di un diabetico. Non aspetto che una zingara usi le sue carte per giocare d’azzardo sul mio futuro e non cerco una divinazione delfica per ottenere un po’ di conforto inutile. Non temo il futuro malgrado i suoi presagi funesti e la mancanza di questa paura è una delle colonne che sorregge l’equilibrio della mia condizione anomala.