A me piace prendere le cose di petto, proprio come una ninfomane giunonica. La scorsa estate il caso mi ha portato a scambiare alcune opinioni con una ragazza partenopea. Costei m’affascina e vorrei approfondire la sua conoscenza o, alternativamente, mi piacerebbe estradarla dai miei pensieri. Pur non conoscendola io intuisco qualcosa di estremamente adorabile in questa figlia del Mezzogiorno.
Com’è fatta Stephania? Dunque, è piuttosto esile e conserva un’apparenza efebica. Ha un naso che ricorda un po’ quello di una befana, però si sposa benissimo con il resto del volto e poi è il segno distintivo dell’epifania (nel senso più profondo del termine) che ella rappresenta. Adoro i lineamenti lievemente aguzzi. Non è bionda né ha gli occhi chiari, però non me ne frega un emerito cazzo e ciò mi sorprende. Oibò. Non è procace. Per sbirciarle la scollatura credo che occorra tendere il collo. Insomma, non potrà mai avere il suo quarto d’ora di fama grazie al suo décolleté, però dentro il cranio ha tante cosette che possono garantirle una felicità vitalizia.
Abbiamo appurato che il suo sguardo non brilla di luce propria, però ella ha un taglio degli occhi che io trovo favoloso. Insomma, Stephania è una figliola che presenta un’estetica armoniosa, in cui ogni parte è nel posto che le spetta e alla giusta distanza dalle altre. Costei esprime quella classicità di cui è imbevuta la sua esperienza. Visto che lei capita puntualmente sui miei appunti io mi sento autorizzato a visitare altrettanto puntualmente la sua pagina di Facebook. Cazzo, questo gioco voyeuristico sembra un rifacimento scadente della Guerra Fredda.
Una fotografia recente ritrae la suddetta con un bambino in braccio e appena l’ho vista io ho pensato subito a Medea. Nell’immagine Stephania sembrava intenta a compiere delle prove tecniche di maternità, però non escludo che in lei possa celarsi un’infanticida. Comunque quello scatto mi è piaciuto molto e mi ha fatto riflettere sulla paternità. Devo confessarlo: mi sarebbe piaciuto infiltrarmi in quella foto e accettarne la staticità, magari cingendo delicatamente i due soggetti che già vi si trovavano di diritto. Stephania ha un’aura pudica, però non so di cosa sia fatta: dramma, scelta, educazione o caso, chissà. Non dialogo con lei e un po’ me ne dispiace, però cerco di spintonare via le fantasie amorevoli che ha suscitato in me dopo oltre due anni in cui non ne ho esperita neanche una. Ovviamente non posso disfarmi di certi pensieri da solo e come al solito il tempo mi aiuterà, seppur con i suoi tempi. Questo è il passato che si ripresenta e gli esiti possono essere soltanto due: uno manco si presta alle parole per quanto è ineffabile e l’altro invece riguarda i confini del dimenticatoio. Per fortuna non ci sono vie di mezzo in questi casi. A suo tempo avrei abbassato ogni difesa per stare con L. poiché avevo avuto modo di conoscerla e confrontarmici, ma alla fine lei ha imboccato (in tutti i sensi) un’altra strada. Oggi abbasserei ogni difesa per cominciare a conoscere Stephania, ma non c’è comunione d’intenti. Queste righe almeno mi dimostrano quanto io sia disinvolto e ben disposto verso ciò che faccia anche lontanamente pensare all’amore e quest’ultimo esiste al di là dei nomi nei quali lo si può incarnare: viverlo autenticamente è un privilegio, ma lo è anche ponderarlo senza che inevitabili delusioni e rifiuti precoci ne alterino la percezione. Questa volta ho scritto delle belle cose.