La nuova normalità continua a snodarsi in abiette e deformi abitudini di sottomissione, ma d’altronde la misura non è ancora colma giacché serve molto tempo per riempire un barile di cui sia stato raschiato a lungo il fondo. Il pensiero critico è bandito da ogni consesso di rilievo e l’unica funzione che rimane al dubbio è quella di prestarsi a oggetto di scherno. Le apparenze ingannano perché talora affermano una verità che non sa vincere la loro cattiva reputazione, perciò restano vox clamantis in deserto e solo il tardivo ausilio del senno di poi può riabilitarle quando ormai sia troppo tardi.
Il nemico viene creato a tavolino, ma si trova sempre un posto a sedere per ambo le parti ed è proverbiale l’aiuto a crocifiggerlo da parte di chi salti prontamente sul carro del vincitore. Io non credo più neanche alla verità, qualunque essa sia. Per me l’essere umano è degno solo del proprio sdegno, ossia la sua tendenza a riflettere la propria inadeguatezza rispetto alle utopie di cui teorizza nei più consolatori dei deliri. Non vedo cosa aggiungere che non valga poi la pena di rimuovere. Non ho vocazioni eroiche né slanci idealistici, bensì mi limito a constatare una natura morta, olio su tela o petrolio su terra. Forse andrebbero aboliti gli scambi di ossigeno e anidride carbonica così da abbassare le emissioni inquinanti nonché le figure inquietanti. Mi attardo su questo pianeta per l’istinto di conservazione e per il cattivo gusto di vedere un brutto finale.
Il salvatore di turno mangia l’uovo di Colombo a pranzo e cena mentre le sue controfigure ne fanno le veci al cospetto di una claque che viene pagata a cottimo. Ognuno mantiene le proprie convinzioni come se fossero ex mogli alle quali pagare gli alimenti e va bene così benché così invero non vada affatto bene.
Mancano sette giorni alle elezioni e non oso fare pronostici, inoltre se fosse possibile scommettere su un partito non farei neanche una puntata simbolica: la politica italiana è un gioco d’azzardo e il debito pubblico ne è il risultato. Dopo le votazioni si terrà un rinfresco che durerà per una legislatura e alcune persone telegeniche si spartiranno la torta degli interessi nazionali, ma l’elettorato continuerà a sperare che venga il diabete a chiunque prenda le fette più grandi e probabilmente non smetterà di patire l’amarezza dell’insofferenza. Attendo le votazioni per respirarne il clima mediatico, ma la mia curiosità astensionista è rivolta principalmente agli aspetti formali di questo evento politico. Credo che il mio interesse per l’attualità sia deprecabile e inutile, sebbene io non lo ritenga tanto sterile quanto l’atteggiamento fanatico di certi individui. Secondo taluni le schede elettorali sono confusionarie, ma nel caso in cui vengano ristampate penso che la prima tiratura possa essere riciclata in modo tale da fornire ai partiti il materiale cartaceo di cui necessitano per arricchire le loro liti in parlamento con il lancio di oggetti. Penso che la fiaccola olimpica avrebbe dovuto transitare in Italia per accendere l’ingegno di chi ha realizzato le schede elettorali, ma attualmente ha l’ingrato compito di alimentare le tensioni tra chi protesta per l’indipendenza del Tibet e chi, a mio avviso giustamente, sostiene il governo cinese.