1
Dic

In memoriam

Pubblicato domenica 1 Dicembre 2024 alle 00:39 da Francesco

Una morte improvvisa ha colto una persona di mia conoscenza. Taluni lasciano il corpo senza preavviso e senza affiggere biglietto alcuno giacché non torneranno subito: forse un domani, chissà dove, vi sarà la rimpatriata delle anime perse. Tutto è vanità. Anche i miei giorni sono contati senza che ne enumeri ognuno. Tutto è destinato all’estinzione e al superamento, perciò non resta che l’attimo stesso nella sua natura fugace e spesso intangibile. Qualcuno, forse uno scrittore esistenzialista o uno dei suo personaggi (Camus? Sartre?), un giorno ebbe a dire qualcosa del genere: “Anche se nulla ha senso è bene che io ceni”.
A tutta prima mi pare che la morte non riguardi i defunti, bensì concerna i vivi o presunti tali. Un evento inaspettato può confondere un soggettivo ordine delle cose, perciò solo l’individuo può ristabilirlo dentro di sé e immagino che spesso il tempo sia il migliore tra i suoi possibili alleati. I lutti non mi appartengono, sono di taglia troppo ampia per la mia vita stretta, perciò partecipo all’altrui dolore nella forma di una privata comunione col ricordo del defunto: chi egli fu è ancor un po’ per me, nelle mie sparute memorie delle parole che furono e dei gesti a cui gli arti diedero seguito. La natura dell’assenza è uno specchio che nulla riflette, è l’imperfezione di un ronzio a cui non si possono mai riconoscere i titoli di silenzio compiuto.
La morte altrui parla della nostra e per una volta mi fa usare il plurale maiestatis, ne fa annuncio a data da destinarsi: essa rammenta l’inesorabile facendosi inesorabile. Così passa la gloria del mondo e un giorno anche al mondo stesso, in ragione della sua scomparsa, non sarà più riconosciuta gloria alcuna. Riposi in pace chi già l’abbia trovata, morto o vivo che sia.

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28
Dic

Del morire

Pubblicato mercoledì 28 Dicembre 2016 alle 18:59 da Francesco

Mi sorprendo di fronte a quanti si sorprendano per la sorpresa di una morte sorprendente, ma il mio è un atteggiamento di tenero disincanto. Forse i decessi illustri ricordano più di altri come ognuno di noi sia anzitutto la propria finitezza. Mi domando se per qualcuno sussista davvero la piena illusione che l’opera sua possa garantirgli una vita dopo la morte, come se per i meriti del suo percorso terrestre ambisse poi da salma a chiedere asilo presso gli altrui ricordi.
Salvo rare eccezioni, la quasi totalità degli esseri umani è destinata alla completa dimenticanza in capo a qualche generazione, ma talora ciò avviene già dalla nascita stessa e molti orfani lo potrebbero confermare se solo qualcuno si ricordasse di loro.
Non ho nulla contro qualsiasi tipo di commemorazione dei defunti, ma per me il due novembre è, appunto, il due novembre; semplicemente mi annoiano certe celebrazioni e io stesso mi auguro di non esserne mai oggetto, benché, invero, il rischio nel mio caso sia pressoché nullo.
Preferirei essere apprezzato da vivo piuttosto che da morto, ancorché io preferirei non essere e basta. Nel caso di una mia morte prematura ho lasciato precise disposizioni, tuttavia so già che queste sarebbero prontamente disattese. Se crepassi relativamente presto vorrei tanto che il mio corpo fosse gettato in mezzo a un campo incolto, cosicché i vermi possano banchettarvi in tutta comodità. Dunque per la mia carne non vorrei né sepoltura né cremazione, ma soltanto l’abbandono alla terra: è questa un’immagine che nella mia mente chiude un cerchio e assume tinte di titanismo romantico. Insomma, una volta decaduto, che l’ex impero dei sensi sia scisso tra i suoi atomi d’idrogeno, azoto, ossigeno, carbonio, in una spartizione simile a quella che era in uso tra i figli dei re Franchi. Sono venuto per poco e, nessuno me ne voglia (circostanza di cui non dubito), spero di non tornare troppo presto su questo pianeta.

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27
Feb

Morte e ramen

Pubblicato domenica 27 Febbraio 2011 alle 20:15 da Francesco

Ieri, tra le mura medicee di Grosseto, ho scoperto un negozio di cibo etnico in cui non ho esitato a comprare alcune delizie. Mi sono portato a casa un po’ di ramen e me lo sono preparato per il pranzo d’oggi e per quell’altro pasto della giornata che solitamente si consuma durante la sera. Devo proprio risolvermi a fare una scorta di ramen: in questo caso l’imperativo è d’obbligo.
Nel circo mediatico oltre agli elefanti e alle puttane tirano molto anche i morti. Gli indici d’ascolto si alzano come in un’erezione al cospetto dei cadaveri, difatti la morbosità diffusa costituisce una necrofilia platonica. Quando la carne viene meno e lo spettacolo sembra finito, c’è sempre qualche virtuoso del cattivo gusto che riesce immancabilmente a sfregiare finanche la memoria. Avvezzi alla violenza, alla prevaricazione, ma sempre al soldo delle loro insicurezze, un numero consistente di miei simili si diletta a esorcizzare le paure con l’infantilismo dei bambini, tuttavia senza avere più a disposizione la cattiveria innocente che ricorre spesso nei fanciulli. A me pare che a molte persone piaccia stringersi attorno ai lutti per adoperare il proprio dolore o quello di estranei come collante emotivo. Talvolta la solidarietà veicola aspetti meno nobili e altrettanto essenziali per il quieto vivere. Un raduno di motociclisti non è poi tanto diverso da una veglia funebre. Gli usi e i costumi sono sempre più raffinati, il pudore rasenta l’ipocrisia e la condotta si modella su schemi canonici, ma c’è sempre un fondo primitivo alla dipartita di un essere umano come al suo arrivo. Dall’efferatezza alla commozione mi pare che ancora sia difficile svincolarsi dagli istinti e dai retaggi comportamentali per muoversi in regioni più alte del pensiero. Ci provo.

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