C’è solo una minoranza al mondo per cui simpatizzo ed è quella curda. Si tratta di un popolo fiero, senza terra, che combatte da sempre contro tutti. Di tanto in tanto vado a riguardarmi il filmato in calce a queste righe nel quale una bella ragazza cerca obiettivi con il suo Dragunov e sorride alla pallottola che la manca di poco. I curdi hanno combattuto sul campo quelle merde di Daesh e anche le donne dell’YPJ hanno ucciso tanti sgherri di al-Baghdadi, perciò l’Occidente ha un grosso debito nei loro confronti. Trump non è un interventista, di conseguenza la sua decisione di ritirare le truppe dalla Siria è coerente con quanto ha sempre dichiarato prima e dopo la sua elezione, nondimeno a me dispiace che gli Stati Uniti abbiano tradito i curdi poiché così essi sono stati lasciati soli da tutti in una lotta ìmpari contro turchi e jihadisti, perciò spero che sia proprio una donna curda a ficcare un proiettile nel cranio di Erdogan.
Una parte dell’Occidente tende la mano a gente che vuole prendersi tutto il braccio, spesso ingrata e violenta, mentre limita a frasi di circostanze il suo aiuto verso chi ha contenuto l’avanzata degli estremisti islamici. Ci sono migliaia di individui che millantano di fuggire da presunti conflitti e sono accolti da perfetti imbecilli ai quali, per interesse economico o mera idiozia, non preme la verità, però non ravviso la medesima partecipazione verso chi una guerra la combatte davvero e in parte lo fa anche al posto di altri. Per me il popolo curdo è un esempio di coraggio e abnegazione.
Tra damnatio memoriae e iconoclastia
Pubblicato venerdì 15 Settembre 2017 alle 17:52 da FrancescoLa cancellazione del passato non è una vocazione recente, ma già nella Roma repubblicana era una pratica tutt’altro che inconsueta. Dell’iconoclastia invece i bizantini non hanno scritto grandi pagine, tutt’al più hanno distrutto quelle che contenevano immagini sacre, però ne hanno fornito esempi straordinari.
In quest’epoca di stucchevole buonismo vi sono certi gaglioffi che vorrebbero modificare il retaggio architettonico del ventennio fascista, tuttavia presumo che costoro caldeggino simili proposte con l’unico scopo di rimediare un po’ di facile visibilità per la loro carriera politica in netto declino. Non mi sorprendono mai le vette di stoltezza a cui riescono ad assurgere certuni, difatti credo che non vi sia modo di mettere un freno all’idiozia così come non lo si può porre alla provvidenza. Per illustrare cotanta pochezza non vedo la necessità di scomodare un iperbolico e risibile paragone con l’opera di distruzione che ha compiuto Daesh nel Medio Oriente, ma i vili di casa mia, miei connazionali sulla carta ancorché de facto stranieri (e giammai profeti) in patria, meritano anche siffatte canzonature.
Mi fa sorridere l’idea che qualche sincero democratico (o presunto tale) voglia vietare certi gesti e determinati simboli, equiparandone l’esibizione sotto il profilo penale a reati di ben altro spessore; proposte del genere avallano vieppiù il mio convincimento secondo cui la vera uguaglianza degli esseri umani si trovi nella reciproca tendenza alla sopraffazione.
Talvolta alcune proibizioni instillano un ulteriore vigore in ciò che viene proibito e così ne incrementano la forza, ma non mi sorprende che a certi somari una simile idea non passi neanche per l’anticamera del cervello. I divieti risultano strumenti efficaci soltanto in precise circostanze e vi sono invece dei casi in cui questi sortiscono effetti contrari ai loro intenti, perciò il loro savio ricorso spetta a intelletti che sappiano discernerne l’opportunità.
A differenza di altri io non nutro certezze granitiche sugli eventi di geopolitica. Qualche giorno fa non ero a Idlib, in Siria, ma a Grosseto per acquistare delle cialde al ginseng, quindi non ho assistito in prima persona all’attacco col gas sarin e quanto ho letto non mi ha fornito elementi sufficienti per comprenderne la paternità.
Bashard al-Assad ha il physique du rôle del dittatore novecentesco, Donald Trump invece mi sembra più una pop star al potere, ma il mio immaginario trova del buono in entrambi e quindi è un po’ come se fossi lacerato per la lite di due buoni amici. A dire il vero il mio leader prediletto nell’epoca attuale resta Rodrigo Duterte, ma questa è un’altra storia. Per me il solo guaio della guerra è costituito dalle vittime innocenti, ma non traduco questa banalità in un’accoglienza a braccia aperte per ogni disgraziato che s’incammini verso l’Europa, tanto meno per i cosiddetti migranti economici. Rispetto molto i curdi in quanto a differenza di altre etnie non scappano in massa, ma rivendicano un territorio che manco esiste sulle carte geografiche e combattono nel fuoco incrociato di Turchia, Siria e Daesh: persino le curde (sotto la sigla YPJ) affrontano gli uomini di al-Baghdadi e i jihadisti le temono in quanto la morte per mano di una donna nega loro l’accesso al paradiso.
Mi domando se l’iniziativa statunitense sia il principio di una rapida escalation verso la Terza guerra mondiale, magari con l’ausilio di armamenti nucleari; per Einstein la Quarta si combatterà coi bastoni e forse sarà l’occasione per riscoprirsi bambini ancorché orfani. Non parteggio per gli alti valori che traboccano dai trattati internazionali o dalle costituzioni, ma spero che l’Occidente prevalga e rivaluti i suoi nazionalismi europei per difendersi dalle ondate migratorie.
A me pare evidente come il ritrovato clima da guerra fredda suggerisca un revival degli anni ottanta, perciò sarà mia cura rivedere tutti gli episodi di Miami Vice e i tanti film che il machismo di Hollywood ha donato all’umanità.
La storia insegna quanto il limes sia importante, difatti l’Impero Romano cadde proprio quando tentò d’integrare i popoli barbari per affrontare il problema della natalità, ma è anche vero che essa tende a ripetersi. Non m’illudo che i confini attuali restino inalterati in saecula saeculorum, ma confido comunque in una loro longevità.