Qualche giorno fa ho appreso che la Grecia ha saldato ogni debito con il Fondo Monetario Internazionale, per gli amici FMI, perciò la notizia mi ha riempito il cuore di eurobond.
Della crisi greca ricordo in particolare la storia di un ex farmacista di settantasette anni, Dimitris Christoulas, che all’inizio del periodo fosco si recò in piazza Syntagma ad Atene e si sparò in testa. Così egli lasciò scritto: "Non vedo altra soluzione che questa fine dignitosa della mia vita, così da non trovarmi a cercare cibo nei bidoni della spazzatura".
Poi arrivò Syriza con a capo il prode Tsipras, ma alla fine il capitale ebbe la meglio con buona pace di Marx ed Engels. Eh, che ci vuoi fare, è la legge del mercato bellezza!
Gli appassionati dell’horror possono trovare un’applicazione letterale delle cosiddette manovre "lacrime e sangue" nella Grecia di quegli anni. Poi vi fu la rapida ascesa di Alba Dorata perché giustamente per i problemi complessi si cercano soluzioni semplici, quindi come sempre accade il tracollo economico fu accompagnato da fortissime tensioni sociali di cui il gruppo d’estrema destra si fece interprete.
Ricapitolando: i politici greci mentirono sui conti pubblici del paese, i politici europei imposero misure draconiane ai cittadini greci, altri politici greci promisero al popolo di opporsi alle misure europee, ma alla fine queste vennero applicate senza umanità con tanto di referendum inascoltato, ovviamente. Il sillogismo viene da sé, così come la naturale conclusione che votare non serve a una sega.
Credo che per ragioni ataviche l’essere umano conservi in sé una sete di sangue e suppongo che quest’ultima possa affiorare in qualsiasi momento, specialmente nei casi di esasperazione. Dietro ogni violenza c’è un disagio e penso che il male assoluto sia davvero raro nonostante le razionalizzazioni di certi genocidi possano indurre a credere il contrario sulla base di uno slancio emotivo. La prova della primitività di quest’epoca risiede nell’attuale impossibilità di rendere un evento raro l’uccisione di un individuo per mano di un suo simile.
Non biasimo quella folla che ha applaudito un orafo per aver ucciso una rapinatrice e di sicuro se mi fossi trovato là in mezzo anch’io mi sarei messo a battere le mani, però immagino che tali manifestazioni d’apprezzamento siano l’espressione di qualcosa che trascende l’episodio in sé. L’esasperazione puzza di demagogia e viceversa, inoltre è il piede di porco (di solito amputato ai governanti in odore di condanna a morte) per scardinare le democrazie. In Italia aleggia un senso di impunità e vige un garantismo (invero per taluni, non per tutti) che di caso in caso fa sì che l’asticella della tolleranza si abbassi sempre di più. Vivo come una sconfitta della mia specie l’idea (che abbraccio in toto) secondo cui in certi momenti bisogna fare alcuni morti per evitarne molti di più, possibilmente tra le fila di coloro che de facto sono rei di circostanze ad orologeria. Qualcuno potrebbe farmi notare che l’idea accennata sopra stia alla base dei bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki e, in scala “minore”, anche di quella che fu (forse è ancora o sarà?) la strategia della tensione: sarebbe una giusta obiezione che probabilmente qualche americano con alle spalle una bandiera degli stati confederati chiamerebbe “danno collaterale”.
Molti problemi esistono soltanto a posteriori, ovvero quando l’esito tragico vi è già stato e può innescarne altri. Per l’induismo questo tempo è quello del Kali Yuga e dovrebbe durare per altri quattrocentomila anni, però in questo periodo sono certo che grazie alla povertà, all’odio, alla sovrappopolazione, allo sperpero di energie e quant’altro componga il ventaglio mortifero della mia specie, ebbene grazie a tutto ciò nutro la granitica certezza che le reincarnazioni saranno sbrigate velocemente e con solerzia! Io voglio rinascere fiume per diluire il sangue già versato.