Tira una brutta aria in Italia. Leggo, odo e percepisco la comune insofferenza di persone molto diverse tra loro per estrazione sociale, bagaglio culturale e contesto ambientale. Mi stupisce e al tempo stesso giustifico sotto ogni aspetto l’aggressività di certi individui i quali si sono sempre contraddistinti per la loro pacatezza. Le condizioni economiche stanno precipitando e le esitazioni del governo allungano le ombre sul futuro. La confusione regna sovrana, i termini burocratici ornano la realtà imprenditoriale a mo’ di filo spinato e l’esasperazione procede a piè sospinto con la semina di gesti inconsulti che forse darà i suoi amari frutti in autunno.
Le sperequazioni aumentano a ogni decreto e le disparità di trattamento si allargano come se le acque del Mar Rosso fossero delle porte automatiche. La frustrazione di taluni cresce in maniera esponenziale e se ne può avere il polso con un po’ di zapping da social network.
Mi aspetto tumulti, stragi, gesti singoli e isolati in un mosaico di violente pazzie. Persino io che di rado mi sgomento, apprendo con un certo trasporto come i sacrifici di alcune persone vengano sacrificati per colpe altrui. A quale legge deve obbedire chi vede venire meno lo Stato nel cosiddetto contratto sociale? Per quale ragione un individuo è tenuto a rispettare ciò che intima il codice penale quando si ritrovi senza nulla da perdere? D’altro canto già in tempi normali non vi sono grandi deterrenti contro crimini efferati e spesso la prevenzione dei delitti è delegata quasi in toto all’etica individuale, ma allo stato attuale non mi sorprenderei se si allentassero i freni inibitori di molti individui. Per qualcuno la salute mentale è fortemente a rischio e la portata degli attuali eventi può innescare il debutto di tragedie annunciate.
Secondo me certe storture possono meravigliare soltanto chi creda davvero che la legge sia uguale per tutti. Le persone oneste, o quelle che provano a vivere come tali, sono mortificate ogni giorno e il cosiddetto stato di diritto spesso lo è solo per i criminali. La sfiducia sta per diventare l’unica moneta di scambio e anch’essa presenta un forte rischio di contraffazione. Non ci si può sfidare neanche del proprio disincanto. È una lotta tra persone e in ogni persona tra le sue molteplici personalità: faide intestine in seno a una guerra civile a mo’ di scatola cinese.
Le nubi più tetre si addensano su un cielo che pare in procinto di crollare. Le incertezze sfilano con gli abiti che ricevono dalle paure umane e si lasciano ammirare con terrore nella piena paralisi del loro pubblico. Uomini e donne pietrificati come statue minori nella stagnazione economica: il sole tramonta a Occidente. I discorsi, le dichiarazioni e qualunque altra ciarla sono soltanto atti di vandalismo contro un silenzio che alla fine prevarrà. Taluni seguono gli accadimenti con il fiato sospeso e mi chiedo se siano disposti a prolungarne l’arresto, difatti per evitare il contagio possono provare a trattenere il respiro per sempre.
Per prime uccido le speranze. Mi aspetto il più nefasto degli esiti, l’annichilimento totale di ogni certezza pregressa, un vanesio autoritratto della distruzione e qualche maceria di consolazione. Tutto si risolve con l’ecpirosi. Tutto. Chissà come verranno chiamate e ripartite quelle terre che ancora si raccolgono sotto il nome di Italia.
In momenti del genere la democrazia mostra i suoi volgari limiti e la vera natura degli inetti che la sostengono. Arrivi pure la fine e si trattenga per sempre. L’atmosfera è quella di un bunker berlinese nella primavera del Quarantacinque. Mi chiedo quale grave atto cosmico io abbia commesso per cadere in forma umana su questo pianeta e in quest’epoca. Non ho l’atarassia a portata di spirito, ma solo un fatalismo tascabile. La zona rossa mi ricorda l’occhio di Sauron. Il modo migliore per lavarsi le mani lo insegnò Ponzio Pilato a suo tempo. Beati gli anacoreti, gli eremiti, i padri del deserto e chiunque rinneghi se stesso.