24
Ago

Introspezione retrospettiva: prima parte

Pubblicato martedì 24 Agosto 2010 alle 04:14 da Francesco

Non ricordo esattamente quanti anni avessi il giorno in cui si verificò questo episodio, tuttavia frequentavo la scuola elementare e il mio rapporto con il buio notturno non era ancora sereno. Una mattina mi svegliai prima di mia madre e dopo averla guardata per un attimo mi diressi in cucina per prendere un coltello. Dopo qualche difficoltà dovuta all’altezza a cui erano riposte le posate, riuscii ad afferrarne una e tornai subito nella stanza. Mi fermai a più di mezzo metro dal letto di mia madre e stetti attento a non fare rumore. Probabilmente non trascorsero neanche trenta secondi prima che in me sopraggiungesse uno spavento enorme. Mi allontanai dalla camera e ritornai in cucina per mettere a posto il coltello, però durante l’azione non riuscii a liberarmi dalla paura che mi aveva assalito qualche secondo prima e gli effetti di quest’ultima echeggiarono per giorni nel mio cranietto ingenuo.
Una lettura superficiale di questo episodio potrebbe indurre qualcuno a credere erroneamente che io abbia provato a commettere un matricidio senza riuscirci, ma trovo che un’interpretazione del genere sia risibile. Dopo molti anni penso di essere giunto a una spiegazione plausibile per quella strana mattina. Quand’ero bambino temevo tremendamente di perdere mia madre poiché se lei fosse morta io sarei rimasto solo al mondo, perciò mi inquietava molto questa idea ricorrente che spesso mi tormentava prima d’addormentarmi.
Quella mattina cercai di simulare una situazione pericolosa per capire quali sarebbero state le mie reazioni a una morte prematura di mia madre. Lo spavento che mi colse subitamente evidenziò un attaccamento forte e un timore altrettanto grande. Il mio stazionamento con un coltello in mano davanti a lei dormiente riprodusse per un breve momento la possibilità della sua scomparsa e non necessariamente per mano di un’altra persona, ma anche a causa di una malattia o di un incidente. Non ho mai avuto rancori forti con la mia genitrice, neanche durante l’adolescenza, quando cominciarono a crescere dei conflitti che poi svanirono del tutto un po’ di tempo dopo, quando ormai io avevo già passato la maggiore età. Ho vinto da pochi anni la paura di affrontare ed elaborare la perdita di mia madre, come del resto, sempre da parte mia, sono piuttosto recenti i superamenti di altri timori che alcune vite ospitano per tutta loro durata. Voglio bene alla mia mamma, specialmente ora che il cordone ombelicale non può più essere utilizzato sul patibolo.

Categorie: Intimità, Parole |

24
Ott

Il respiro della coscienza: la genesi

Pubblicato mercoledì 24 Ottobre 2007 alle 00:47 da Francesco

Un uomo e una donna istituiscono un vertice straordinario di quarantasei cromosomi e attendono l’esito della gestazione per accoglierne il risultato a braccia aperte. Talvolta il cordone ombelicale diventa un cappio al collo per le libertà di uno dei procreatori ed è possibile che questa asfissia progressiva provochi dei gesti inconsulti. Il collante che lega una donna incinta all’uomo che l’ha ingravidata può assumere le forme più disparate: la cieca obbedienza a una dottrina religiosa, l’osservanza di una tradizione, l’abitudine alla figliolanza, un interesse morboso, l’incapacità di sottrarsi a un presunto obbligo verso la propria prole o un sentimento profondo verso quest’ultima. In ogni ora del giorno una donna può essere fecondata tramite un gesto d’amore del suo compagno, con uno stupro violento o grazie ai ritrovati della fecondazione artificiale. Alcune madri sono delle vittime egoiste e vogliono a tutti i costi un figlio a cui non possono garantire un futuro, ma non riescono a sopportare l’astinenza dalla maternità e alla fine concepiscono per via uterina un metadone vivente di qualche chilo. Ogni tanto un po’ di curaro cade in un biberon e un infante resta tale nella memoria di chi continua a vivere, ma da molte mammelle grondano gocce bianche che proteggono i fiocchi azzurri e rosa dalle tinteggiature nere. I primi anni di vita appartengono alla pedagogia, ma durante l’inconsapevolezza neonatale l’imprinting trivella l’inconscio. I giocattoli occupano il tempo del bambino e quand’egli cresce gli viene consegnato il balocco gnostico degli adulti: una delle tante religioni che sono nate in seno alle esigenze del quieto vivere. Nella fase pubescente la distinzione tra il bene e il male assume una forte discrezionalità e, qualora non siano considerate le innumerevoli sfumature morali, possono comparire delle mostruosità antitetiche: una vocazione altruistica e misticheggiante o un amore sfrenato per una forma di nichilismo distruttivo. Oltre a questa divisione dicotomica e alle sue diramazioni vi è una corrente piuttosto vasta che verte sulla mansuetudine dell’individualità a cui è semplice omologarsi per avere un facile accesso alle forme di anticonformismo convenzionale e alle valvole di sfogo che hanno la forma delle promesse utopiche dei vizi schiavisti. La ricerca di un’identità avviene con lo sfoglio dei cataloghi di stereotipi nelle volte mediatiche o in qualche sotterraneo adiacente che pretende ingenuamente di differenziarsi da quanto lo sovrasta. Tutto questo non è altro che l’inizio.

Categorie: Immagini, Parole |