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Al di là del bene, del male e di me stesso

Pubblicato domenica 18 Novembre 2012 alle 09:16 da Francesco

Il cristianesimo inquina la morale anche in coloro che apparentemente l’avversano, perciò non è facile sottrarsi alle pastoie di questa cultura. D’altro canto c’è il rischio che un affrancamento del genere dia luogo alla pazzia o fornisca la licenza per qualsiasi atto d’offesa. Spesso mi sembra che tutti si affrettino ad aggettivare azioni, vicende, concetti, come se la nudità dei fatti in sé fosse un’oscenità. Mi sono reso conto che per tendere verso una maggiore obiettività io devo rinunciare alle definizioni di comodo, a quei totem morali che costituiscono il perno d’una società apparentemente pacifica. Non posso negare come l’incrocio di Nietzsche con Hobbes dipinga nel modo più brutale e netto la storia dell’uomo da quando costui s’è fatto tribale.
Vale tutto e i principi ordinatori sono fatti da deterrenti, talora imbellettati con le apparenze di una volontà disinteressata e infinitamente buona che in realtà risponde agli stessi meccanismi delle intenzioni più abiette: la prima semplicemente combacia con la convenienza e così sembra più nobile (che aggettivo fuorviante) di quanto sia in realtà. Io non riesco a smentire un quadro così crudele senza forzare l’onestà verso me stesso, un’onestà scevra di valenza morale che qui è intesa esclusivamente come strumento di precisione.
La pericolosità di uno svincolamento dalla morale è insita nella libertà che ne consegue, quella in cui ogni atto non si piega più ad un principio, bensì al caso specifico e finisce così per attuare un dinamismo che ogni volta ridefinisce il bene e il male. Assimilare davvero tutto ciò significa farsi carico di sé stessi, ma anche questa assunzione di responsabilità per me non deve cadere nella trappola del buono o del cattivo, del nobile o del deplorevole: forse si tratta di un percorso che può essere per taluni un ulteriore passo verso la propria evoluzione, o come la definirebbe Carl Gustav Jung “l’individuazione di sé”; per qualcun altro una  caduta verso la propria distruzione. A cosa serve un faro nella notte se guida verso ombre distorte? Qua non manifesto amore per la verità, ma disagio per le deformazioni di comodo che comunque mi consentono di lambiccarmi senza dover stringere costantemente il coltello tra i denti.
Non ci sono soltanto gravami in questa configurazione del pensiero, ma anche alleggerimenti e sollievi. In ogni sua interpretazione il cristianesimo talora uccide o segrega con i sensi di colpa, né più né meno come altre malattie teocratiche fanno in maniera diretta ed altrettanto efferata. Ho intenzione di applicarmi con maggior intensità a tutto ciò e so già che non di rado mi vedrò costretto a prestare il fianco a fraintendimenti, ma questi per me saranno un ulteriore mezzo di scrematura e non un ostacolo.

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