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Buon appetito

Pubblicato domenica 1 Settembre 2024 alle 23:14 da Francesco

Le parole non pesano molto, ma io rinuncio a lanciarle dove non possono arrivare e quindi neanche le preparo. Preferisco dilettarmi in cucina benché si tratti di un piacere coniugato al dovere, difatti se non mi prodigassi ai fornelli avrei la strada spianata verso l’inedia. Sono un pessimo cuoco e non mi definisco tale per modestia, lo sono davvero, perciò realizzo pietanze semplici che tuttavia mi piacciono e mi soddisfano. Di norma consumo i miei pasti improbabili di fronte al monitor che sto guardando in questo preciso istante e non ricordo una sola volta in cui io gli abbia offerto un boccone. Entità diverse hanno bisogni differenti e talora non possono comunicare tra loro. Un essere senziente come si può rapportare a un oggetto inanimato? Tutt’al più, a mo’ di piccolo demiurgo, il primo può investire d’importanza il secondo e riceverne indietro qualcosa, come se spedisse una lettera a se stesso e si compiacesse nel leggerla.
Non mi domando se io abbia un ruolo nel grande schema delle cose e non faccio nulla per candidarmici: vivo come sono abituato a fare e m’intrattengo in me, con tutto ciò di cui dispongo al mio interno. La psicologia spicciola non va bene neanche per contentare i questuanti all’esterno dei supermercati, perciò tengo in considerazione conio d’altra fattura e non lo uso come valuta di scambio giacché il baratto solipsistico ha il retrogusto dell’ossimoro.
V’era un tempo in cui altri tempi furono possibili e di sicuro anche l’attuale, questo cosiddetto presente, ha in sé prodromi del genere di cui non mi avvedo. In meno d’un quarto d’ora ho preparato l’impasto per una pizza veloce, l’ho stesa con il mattarello e poi l’ho cotta in padella: alla fine vi ho aggiunto un tomino e non un tomo; l’odore è buono, il sapore è per me accettabile e soprattutto si lascia mangiare, come in una rara comunanza d’intenti.

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Mag

Maiali ammainati

Pubblicato lunedì 14 Maggio 2012 alle 11:57 da Francesco

Finalmente ho smesso di mangiare carne. Non sono diventato un vegetariano poiché alcuni dei pasti che mi preparo con le manine sante includono ancora il tonno, ma ormai la maggior parte delle mie proteine deriva dal seitan e dalla soia. La mia scelta non è stata etica, bensì un po’ salutistica. Ho scoperto un graduale disgusto per la consumazione delle carni bianche e rosse, perciò la rinuncia non ha costituito un sacrifico, ma solamente un appuntamento al quale sono giunto con largo ritardo. Grazie all’attività fisica potrei permettermi di mangiare qualsiasi cosa in quantità esagerate senza compromettere il mio peso, tuttavia i piaceri della tavola per me non corrispondono necessariamente alle preferenze alimentari che mi sono state imposte durante la crescita con la forza dell’abitudine.
In una sorta d’introspezione nutrizionale sono tornato indietro di parecchi pranzi e d’altrettante cene, quando gli adulti coglievano ogni occasione per mettersi all’ingrasso: matrimoni, funerali, feste comandate o improvvisate, compleanni e stronzate analoghe. L’opulenza di quei banchetti e la voracità dei partecipanti evoca in me ricordi scabrosi: masse di animali che ne mangiavano altri con mimiche quasi predatorie. All’epoca sentivo già questa insofferenza, ma non ero ancora abbastanza consapevole per elaborarla e io stesso ne ero complice poiché proprio come gli altri m’ingozzavo: un classico ricorso al cibo come scudo contro problemi d’ordine superiore.
Per fortuna un giorno ho capito che le persone più anziane non sono più sagge di me, ma solo più vecchie e così ho smesso di ascoltare le loro cialtronerie: per Diana, una rivoluzione epatica! Alla luce di quanto scritto, l’estromissione della carne dalla mia dieta è la conquista di uno degli ultimi baluardi di tutto ciò che mi sono impegnato a disimparare: ecco perché la mia scelta non è etica e solo un po’ salutistica.
Provo una repulsione totale verso quanti trascorrano la mattina a lambiccarsi su cosa preparare a pranzo e, una volta finito quest’ultimo, ricominciare daccapo per la cena. Detesto i pasti che durano troppo e non vi partecipo, tuttavia se un giorno mi ci trovassi per un insolito caso del destino, allora non mi farei problemi ad andarmene a tempo debito con la maleducazione del caso. Non sopporto l’idea di stare ore assiso davanti alle vettovaglie, col culo inchiodato su una sedia a contemplare quanto oltrepassi l’immaginazione di un somalo. Non sono un palato fine, ma penso di essere in grado di discerne tra una sana degustazione e la bulimia che impera tra i mulini bianchi. La mia apparente asocialità talora è un modo per evitare la guerra delle rosette. Oibò, per me né carne né carnalità.

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