Iersera mi sono recato alle porte di Roma per vedere Frank Gambale al Crossorads Club, lo stesso locale in cui tredici anni fa lo ascoltai per la prima volta dal vivo: è stato uno dei migliori concerti a cui abbia mai assistito. Oltre al buon Frank ho avuto modo di apprezzare anche Dominique Di Piazza al basso, ma tutto il quartetto è stato stellare!
Due virtuosi in una settimana (Malmsteen lo scorso venerdì): quando mi ricapiterà? Questa volta al buon Frank ho fatto firmare un suo album in CD, Coming to your senses che acquistai quasi vent’anni or sono: fu il mio battesimo di fuoco nel mondo della fusion!
Ieri sera mi sono recato a Roma per assistere ad un concerto di Andy Timmons all’ex Palacisalfa. È stata una grande serata: ingresso gratuito e ottime vibrazioni. Prima dello statunitense si è esibito il trio di Ciro Manna che avevo già visto dal vivo in un concerto di Kiko Loureiro e anche questa volta ne ho applaudito la performance, in particolare nei pezzi marcatamente più fusion. Timmons ha suonato quasi due ore e ha iniziato con il proprio repertorio prima di riproporre a suo modo i pezzi di Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band dei Beatles, pezzi verso i quali nutrivo un certo scetticismo in quanto a me non è mai piaciuto il quartetto di Liverpool, ma alla fine ne sono rimasto pienamente soddisfatto. Per me è stato un live davvero coinvolgente, al punto da indurmi a considerare Timmons come il chitarrista che mi ha esaltato più d’ogni altro suo collega. La conclusione è avvenuta con Crossroads, suonata con Ciro Manna e con Alessandro Benvenuti in una pioggia di assoli piacevolissimi.
Malgrado il sudiciume che impregna il mondo e le mani di chi abbia ricevuto un mandato per governarlo, la buona musica è immune da cotanta pochezza e colgo ogni occasione per attingere dai suoi anticorpi. Sei giorni fa sono stato al Crossroads, un locale romano dove si è esibito Vinnie Moore: ottima atmosfera e acustica impeccabile. Chiunque apprezzi i virtuosi delle sei corde non può prescindere dal chitarrista suddetto. Durante il concerto Moore ha suonato prevalentemente pezzi vecchi, ma ha proposto anche qualche traccia del suo ultimo lavoro, “To The Core”, un album meno neoclassico rispetto ai suoi canoni e ugualmente ben riuscito a mio avviso. Non conoscevo nessuno dei tre musicisti che accompagnavano lo statunitense, però tutti mi hanno fatto un’ottima impressione e ho gradito anche le parti vocali del tastierista benché talvolta la sua voce uscisse un po’ distorta. Vinnie Moore è un tipo simpatico e dopo la conclusione di un pezzo, nominando i membri del suo gruppo, lui si è presentato così: “My name is Eddie Van Halen”. Alla fine del live ho avvicinato il virtuoso e gli ho detto che forse lo avrei rivisto alla data di Pisa e lui mi ha risposto: “It sounds good, bring the girls”. Io ho detto semplicemente “sure” perché non ho avuto la lucidità d’informarlo che ero la persona meno adatta per quel compito. Che risate! Tra marzo e maggio mi attendono alcuni concerti radicalmente diversi tra loro, ma nel mio umore la musica non cambia mai e ogni genere che seguo riesce ad appagarmi.