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Lug

Manchester by the Sea

Pubblicato domenica 10 Luglio 2022 alle 16:42 da Francesco

Non mi reputo un cinefilo e quindi non sono in grado di redigere nulla di oggettivo sulla settima arte, ma posso appuntare il mio apprezzamento quando l’esperienza di un film lasci su di me una forte impressione e proprio questo è successo con l’interpretazione di Casey Affleck in Manchestery by the Sea.
Per me l’opera diretta da Kenneth Lonergan è intrisa di una profonda malinconia non soltanto in ragione delle tematiche, ma soprattutto per come vengono affrontate e a mio parere già la sola fotografia fornisce un grosso contributo in tal senso. Banalmente mi sento di riassumere la storia come la catabasi di un uomo che si trova a fare i conti con le proprie tragedie e con i dèmoni che gli sono stati assegnati dal corso degli eventi. Anche l’andatura “rilassata” del film dà corpo all’atmosfera di cui sopra e non ultimo pure l’ordine della narrazione il quale, con l’uso del flashback, vi aggiunge un’efficacia ulteriore.
Adeguata e accostabile alla prima trovo plausibile una seconda lettura a queste due ore di cinema, ossia quella di un’elaborazione del lutto che passa attraverso il rapporto del protagonista con i personaggi minori (tali per lo spettatore, non per lui). Non so se dietro, dentro o sopra questa pellicola si annidino messaggi particolari, ma io ne serbo l’idea di un percorso inesorabile in cui il riscatto e la rinascita non sono banalizzate dalla retorica né dalla loro spettacolarizzazione e proprio per questo mi risultano credibili. Nessuna forzatura nei dialoghi, nessun artificio per saturare l’emotività giacché anche i picchi drammatici secondo me traspaiono spontanei e convincenti, come se più che un film si trattasse del tragico racconto di un vecchio amico in una serata oscillante tra l’amarcord e l’esistenzialismo.

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16
Set

Catabasi

Pubblicato martedì 16 Settembre 2014 alle 14:59 da Francesco

Ho assunto una certa noncuranza verso il parossismo settembrino, tuttavia non so ancora se si tratti di uno sviluppo positivo o controproducente: confido nell’insindacabile giudizio del tempo. Ho esasperato all’inverosimile i miei moti interiori e può darsi che in questo modo sia riuscito a prevenirne le conseguenze più nefaste, ma tale manovra mi è costata un po’ di serenità.
Due sere fa ho avuto un momento di profondo sconforto, perciò mi sono seduto sul letto, ho chiuso gli occhi e ho cercato di sgombrare la mente da qualsiasi pensiero: se ora fossi incauto o superficiale alluderei alla meditazione. In realtà non sono riuscito a fare altro che ad assistere ai rapidi, intensi e acrobatici avvicendamenti del mio stato d’animo, come se mi fossi ritrovato in una tribuna d’onore per guardare uno spettacolo che invero avrei dovuto allestire e dirigere io. Tutto passa, nulla permane: me lo ripeto a mo’ di mantra. Ricerco nuove vie per migliorarmi, ma adesso è il bisogno che mi spinge all’impresa e non sono più mosso da una semplice curiosità. Devo ritrovare la forza sopita che giace da qualche parte nei miei recessi, ma ho pochi rimasugli di sublimazione, un manipolo di sane abitudini del tutto inveterate, ed è come se fossi a capo di un’armata Brancaleone. A tratti mi rivedo anche in Don Chisciotte, però invece di combattere contro i mulini a vento mi sembra di fronteggiare delle pale eoliche sotto delle nuvole bianche. Non temo pericoli dall’esterno perché i nemici sono dentro di me. Quasi mi alletta questa nuova sfida e mi compiaccio di come la mia inclinazione a vivere si affermi su ogni altra forza contraria. Sono periodi del genere che mi dànno la misura della mia salute psicofisica e non oso neanche immaginare cosa sarebbe delle mia vita (o cosa ne resterebbe) se avessi una predisposizione organica alla depressione o se tradissi la mia lucidità con i princìpi attivi dell’autolesionismo.
È normale che talora la tristezza e la disillusione mi attraversino, tuttavia ne riconosco la natura nomade poiché in me non sono mai stanziali. Posso accompagnare il cambiamento o subirne la portata, ma è adesso che devo mettere in pratica tutto quello che ho imparato nell’età dell’oro della sublimazione; per me era facile, troppo facile restare sugli allori mentre mi sovrapponevo alle mancanze affettive grazie a quella straordinaria condizione. Io non so se qualcosa succeda per caso o se il destino dei mortali passi davvero dalle mani delle Parche, però oggi non cerco rassicurazioni né conforto. Vorrei stringere una santa alleanza, assecondare le mie intuizioni più profonde e vivere in mezzo all’ironia, ai silenzi complici e alla certezza crescente che qualcosa mi sfugge in forza della sua natura ineffabile. Intanto giro ancora.

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