Il mese scorso ho acquistato uno smartphone per rendermi reperibile e anche per avere in un solo oggetto tutte le funzioni di cui solitamente abbisogno. Seguo la tecnologia e riesco sempre ad avvalermene per semplificarmi la vita, ma non rincorro mai le ultime novità a meno che non mi occorrano e soprattutto mi tengo alla larga dai quei prodotti esosi che fanno tendenza.
Per parecchio tempo ho potuto fare a meno di un telefono cellulare e adesso che mio malgrado ho dovuto rimediarne uno, l’uso che ne faccio per la comunicazione è piuttosto sporadico benché risulti quasi indispensabile. Le funzioni che io adopero più spesso sono la riproduzione musicale e il navigatore satellitare. Proprio il GPS, interfacciato con Smartrunner, mi ha svelato il chilometraggio esatto del mio percorso podistico e quest’ultimo si è rivelato maggiore delle mie misurazioni approssimative tramite Gmaps Pedometer.
Insomma, per parecchio tempo ho percorso ventiquattro chilometri e sessanta metri credendo che fossero poco più di ventuno. Ovviamente questa scoperta mi ha reso felice ed è andata ad assommarsi al mio nuovo record personale sul percorso suddetto: un’ora, trentasei minuti e trentadue secondi. Alla luce dei nuovi dati, il mio tempo migliore si traduce in una velocità media di quasi quindici chilometri orari, con un passo al chilometro di quattro minuti e un secondo.
In altre parole vado più veloce di quanto pensassi e con la mia soglia anaerobica potrei puntare a concludere la mia prima maratona sotto le tre ore e mezzo. Al massimo ho percorso trentasei chilometri, ma con velocità più modeste e una prestanza fisica che al tempo di questo primato personale era inferiore a quella attuale. Dovrei iscrivermi a una maratona per capire le mie reali capacità, tuttavia sempre inadeguate per qualsiasi velleità agonistica. Forse potrei fare in modo che il mio prossimo viaggio coincida con la mia prima maratona. Per me si tratta d’una questione personale, una sfida contro me stesso in cui il benessere è comunque la priorità. La corsa mi ha dato e continua a darmi molto sotto l’aspetto emotivo e paradossalmente, ora che corro un po’ di meno, le mie prestazioni sono migliorate. Non posso fare a meno di ritenere che un minore stress legato alla corsa e un maggiore allenamento pesistico stiano contribuendo ad aumentare la mia efficienza podistica. Prima o poi le mie prestazioni caleranno e forse un giorno non potrò più correre, ma non ho intenzione di ritirarmi presto da questa disciplina solitaria che mi vessa e mi accudisce senza pretendere più di quanto il mio sistema cardiocircolatorio le possa offrire.
Non cerco risposte, ma analizzo volentieri quelle che mi dà il corpo. Da alcuni mesi ho diminuito le mie sessioni ciclistiche per concentrarmi sulla corsa, ma questo cambiamento progressivo non è stato dettato da una velleità agonistica. Quasi due anni fa non riuscivo a correre con continuità poiché dopo una settimana di sforzi podistici avvertivo puntualmente dei problemi al ginocchio sinistro, ma non ho mai capito se la parte interessata fosse il tendine rotuleo o il menisco e anche questo fatto ha contribuito a farmi salire sulla sella di una mountain bike. Non avverto più i problemi di un tempo e posso affermarlo con certezza poiché corro con una buona costanza dall’inizio dell’estate. L’attività fisica è una comprimaria indispensabile per il mio equilibrio e non mi stancherò mai di ripeterlo. Il percorso che affronto abitualmente si snoda per quasi sedici chilometri¹ e lo percorro con una media di tredici chilometri orari. Senza stressare eccessivamente il mio fisico riesco a coprire la distanza di un chilometro in circa quattro minuti e mezzo. Il mio ritmo non è da maratoneta, ma è tutt’altro che blando e mi permette di correre anche sei volte alla settimana senza accusare fatiche o dolori rilevanti. Ho aumentato ulteriormente il mio benessere psicofisico perché amo la vita in quanto tale. Credo che la mia esistenza finora sia scindibile in due parti. In un primo tempo la timidezza adolescenziale mi ha tenuto lontano dai circoli viziosi del mondo e in seguito la rivoluzione della mia volontà mi ha consentito di modellare la mia esistenza sana. Sono così appagato che non sento pressioni particolari. Non ho bisogno di raggiungere obiettivi e la mia mancanza di propositi non è quella che può essere ravvisata in un derelitto, ma è la conseguenza idilliaca di un individuo che adora l’esistenza al di là delle sue definizioni ingannevoli ed è consapevole del mondo che lo circonda. Credo che il vuoto sia qualcosa di stupendo qualora non sia compenetrato dalle banalità nichilistiche. Ho sempre cercato di fuggire dalla mediocrità e ci sono riuscito, ma la mediocrità a cui mi riferisco non è quella che taluni affibbiano ai loro simili dopo essere saliti su un piedistallo instabile. Non posso giudicare scientemente le scelte altrui e queste non condizionano la mia esistenza, infatti la mediocrità che io ho sempre chiamato in causa è la mia mediocrità potenziale e con questo mi riferisco all’evenienza delle debolezze etiche, dove a “etica” attribuisco il significato aristotelico, ovvero la scelta di ciò che è bene per me stesso in quanto uomo. Adopero lo stesso impegno per mantenere alta la mia attenzione e anche per questo motivo porto avanti una pulizia etnica nei confronti dei refusi che talvolta lascio cadere su queste pagine: è un esercizio utile che non influenza soltanto la scrittura.