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Origini e I vagabondi del Dharma

Pubblicato domenica 10 Febbraio 2019 alle 18:49 da Francesco

Ho letto “Origini” con lo scopo di procurarmi una visione d’insieme su quant’è successo dall’inizio dell’universo fino all’Olocene, un altro riepilogo delle puntate precedenti, ma non ho affrontato questa lettura con l’ansia di comprenderne ogni passaggio poiché quello di Baggott è un testo interdisciplinare.  
Nelle prime pagine è ribadito il carattere relativo di spazio e tempo, ma anche la possibile assolutezza dello spaziotempo e la relazione di quest’ultimo con la materia così come è stata sintetizzata da un’acuta osservazione di John Wheeler: “Lo spaziotempo dice alla materia come muoversi, la materia dice allo spaziotempo come curvarsi”.
V’è poi tutta la carrellata dell’inventario atomico e subatomico con le relative proprietà: i leptoni, i vari tipi di quark, lo spin, il campo di Higgs e la massa delle particelle che deriva dall’interazione delle seconde col primo. Altresì immancabili l’esperimento della doppia fenditura, con tutto ciò che ne conseguì da una prospettiva quantistica, e il corpo nero quale oggetto teorico il cui studio fu propedeutico alla scoperta dei fotoni.
In buona sostanza, dalle prime fasi dell’universo il focus si sposta verso la formazione del sistema solare con ipotesi da me già incontrate in letture votate alla sola cosmologia: il testimone passa poi alla chimica, sezione che mi è risultata come al solito tanto ostica quanto interessante, alla biologia, alla genetica e infine all’antropologia, con doverose integrazioni paleontologiche e tassonomiche.    
Quattrocento pagine piuttosto scorrevoli, scritte bene e nelle quali mi è parso centrato l’obiettivo di trovare un equilibro tra dovizia di particolari e proprietà di sintesi, tuttavia letture di questo tipo mi lasciano sempre un senso d’incompiutezza a causa degli attuali limiti epistemologici della mia specie. Secondo me la divulgazione rischia di diventare fine a se stessa qualora non si evolva in approfondimenti specifici che comunque non rientrano nelle mie corde, ragion per cui d’ora in poi virerò verso altre tematiche dello scibile.
La lettura de ”I vagabondi del Dharma” ha costituito invece un’eccezione narrativa alla mia predilezione saggistica. Nulla da eccepire su Kerouac: è uno dei pochi autori per cui sono ancora disposto a prendere un romanzo in mano, un fratello cosmico, un visionario, e infatti mi sono procurato anche una copia di “Big Sur”, mentre quella di “Sulla strada” campeggia ancora nella mia libreria e non c’è polvere che riesca a offuscarne la portata letteraria. Penso che la prosa di Kerouac sappia risollevare lo spirito di chiunque sia in grado d’immergercisi e questa peculiarità ai miei occhi ha sempre reso Jack qualcosa di più d’un semplice romanziere.

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Mag

Jack Kerouac

Pubblicato venerdì 2 Maggio 2008 alle 11:31 da Francesco

Qualche giorno fa ho visto “A Farewell To Beat”, un documentario nel quale Fernanda Pivano ripercorre una parte importante della sua vita e riassume poeticamente la beat generation. Il film è un po’ amarcord, ma credo che veicoli un messaggio di speranza. Durante la visione mi è venuto in mente uno dei primi libri che ho letto, ovvero “Viaggiatore Solitario” di Jack Kerouac, perciò ho cercato qualcosa sul web che riguardasse quest’ultimo e mi sono imbattuto in una intervista surreale nella quale lo scrittore statunitense appare completamente ubriaco di fronte alle domande di Fernanda Pivano. Credo che Kerouac fosse un personaggio straordinario e su di lui persino l’alcolismo sembrava una virtù. Ho passato molte notti a leggere “Sulla Strada” e anche se adesso ne ho un vago ricordo non sono in grado di dimenticare l’essenza pulsante di quel libro. Nel dedalo di Internet ho scovato un commento che lasciai otto anni fa sul guestbook di un sito dedicato a Jack Kerouac e appena l’ho riletto non ho potuto fare a meno di sorridere teneramente di fronte all’innocenza delle mie righe incerte, perciò ho deciso di appuntarle qua sopra e per l’occasione ho rimosso qualche errore di ortografia: il commento risale al mese di luglio del duemila. “Salve. Mi chiamo Francesco. Ho sedici anni. Ho conosciuto Jack per caso. Alle medie mi dissero di portare un libro e farne una breve descrizione, ne presi uno di mio padre, uno su cui si trovava una breve sintesi sul retro e lo relazionai senza leggerlo. Passano tre anni e riprendo quel libro spinto dalla ricerca di qualcosa che Kerouac ha cercato tutta la vita: la libertà assoluta. Il libro in questione è Viaggiatore Solitario. Tutto ciò mi ha spinto a decidere che tra qualche anno dovrò lasciare la scuola per frequentarne una migliore: la vita. Grazie Jack, ti avrei voluto conoscere. Tanti della mia generazione non sanno nemmeno chi sei, mi dispiace per loro come mi dispiace che non riescano a capire la mia voglia di evadere per iniziare la mia ricerca. Grazie Jack, ogni tanto pensa ai tuoi fratelli dall’alto dei cieli, okay? Ciao fratello“.

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