18
Gen

Lucidità, amore e morte

Pubblicato venerdì 18 Gennaio 2013 alle 13:55 da Francesco

A me pare che la crescente comprensione dei miei processi interiori mi appaghi in misura assai maggiore delle fantasie che costituiscono gli scheletri dei miei desideri più reconditi. In questo confronto di astrazioni noto un dominio della razionalità che per me non è affatto la traduzione di una resa incondizionata al vuoto della mia sfera emotiva, bensì un’ulteriore esaltazione delle mie potenzialità affettive.
È come se il tempo mi levigasse la personalità. Credo che in parte il mio equilibrio dipenda dalla disponibilità ad ascoltare le mie istanze e dalla capacità di spiegare a me stesso come mai non sono ancora in grado di accoglierle. In tutto ciò noto anche un legame stretto con l’evoluzione della mia idea di morte. Non in qualche trattato fumoso o dalle labbra ormai automatizzate di un decano della psicoanalisi, ma in me stesso ho avuto modo di capire quanto Eros e Thanatos siano legati a doppio filo. È come se in me quell’intuizione di Freud trovasse una sintesi sempre più in debito di tensione, però io non so quanto sia autentica né se abbia un’origine patologica. Considero la mia affettività in continua evoluzione benché non abbia mai avuto concretizzazioni e non mi sento privato di qualcosa. Mi vedo come un individuo in ritardo su una tabella di marcia che potrei forzare solamente se sapessi mentire a me stesso con la sufficiente convinzione o se avessi una lucidità inferiore a quella che invece cerco d’impormi tramite la scarnificazione dell’Io. Non compio sacrifici, ma faccio i miei interessi sebbene all’apparenza le mie azioni (e soprattutto la mia inerzia affettiva) diano l’impressione di un autolesionismo emotivo. Ho un vantaggio che sembra una condanna, ma non me ne preoccupo perché non devo mica venderlo in un bazar.

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6
Mag

Dall’inconscio in su

Pubblicato domenica 6 Maggio 2012 alle 03:05 da Francesco

Ho quasi terminato la lettura e lo studio de “La scoperta dell’inconscio”, mille paginette divise in due volumi che illustrano la storia della psichiatria dinamica. Avevo davvero bisogno d’affrontare un’opera del genere per approfondire alcune nozioni e per schematizzarle in ordine cronologico. Negli ultimi capitoli mi sono reso conto di quanto abbiano inciso i vissuti personali degli psichiatri nell’elaborazione dei loro sistemi. Se Freud fosse nato e cresciuto in una famiglia come quella di Adler forse egli non avrebbe mai ideato il complesso di Edipo.
Il mio interesse per la psicologia del profondo non è mai stato accompagnato dalla pretesa di trovare una via maestra che potesse risultare valida per ogni individuo. Poiché la psicoanalisi è nata dall’autoanalisi di Freud e la psicologia analitica di Jung ha tratto molto dalla cosiddetta nekyia del suo creatore, anch’io, nel mio piccolo, per scopi introspettivi ottengo parecchio da un attento esame della mia persona, ma attingo pure e a piene mani da alcuni concetti dei luminari succitati oltreché dall’opera di Heinz Kohut: inoltre, benché io non abbia ancora letto nulla della sua bibliografia, ho tratto degli spunti piuttosto interessanti dagli interventi di Eugenio Borgna. Per conoscere me stesso credo che l’introspezione sia fondamentale, tuttavia non la reputo sufficiente ed è per questa ragione che vedo nelle neuroscienze una risorsa importante al fine di oggettivare alcune risultati del processo di autoanalisi. In questo ambito non riesco proprio a separarmi da un concetto esoterico che non ho mai deriso, ovvero quello del ricordo di sé nella dottrina di Gurdjieff, ma l’atto di essere presenti è altra cosa rispetto all’introspezione e forse ha una valenza noetica in senso aristotelico a differenza della seconda che invece è discorsiva. Quest’epoca offre strumenti potenti per la conoscenza di sé stessi, però in taluni casi possono rivelarsi delle armi a doppio taglio. Il simpatico Nietzsche in “Così parlo Zarathustra” fece quel viaggio interiore di cui più tardi si rese protagonista Jung nella suddetta nekyia, tuttavia il primo impazzì poiché non aveva nulla e nessuno al mondo, il secondo invece ne uscì più forte perché grazie alla famiglia e al lavoro fu in grado di mantenere il contatto con la realtà.
La storia mi conferma qualcosa che in passato ho sottolineato più volte sulla base della mia esperienza personale, ovvero la pericolosità di un’introspezione che si arresti in dei punti critici. Forse la superficialità che spesso viene messa all’indice, in alcuni casi è meno deleteria di una introspezione incompleta: quasi una difesa naturale. Oltre un determinato limite, immagino che lo sforzo per conoscere sé stessi sia irreversibile e io penso di averlo già superato da tempo senza però pentirmene.

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27
Ago

Introspezione retrospettiva: terza parte

Pubblicato venerdì 27 Agosto 2010 alle 06:08 da Francesco

Tra la prepubertà e la tarda adolescenza ho custodito regolarmente delle fantasie affettive in relazione all’altro sesso. A letto, prima di addormentarmi, assumevo spesso una posizione fetale e solevo cingere uno dei miei due cuscini per ricreare dei momenti d’intima dolcezza. Tutto ciò avveniva in modo spontaneo e mi faceva sentire bene, in particolare di domenica, quando alla possibilità di dormire più del solito si aggiungevano gli effetti di quella simulazione sentimentale. Non escludo che a quel tempo l’assenza di rapporti con le mie coetanee, oltre alla timidezza coeva, sia dipesa in minima parte anche dalla mia disponibilità a farmi bastare quelle fantasticherie notturne per soddisfare le mie esigenze emotive. Alla luce dei particolari anzidetti mi permetto di suppore che già allora in me fosse nascente l’attuale concezione dell’amore, seppur in una forma ancora grezza. Probabilmente le mie prime conclusioni sono state ideate attraverso gli sbagli altrui che ero abituato a ricavare in modo naturale dai discorsi degli adulti, durante quei pranzi e quelle cene in cui venivano consumati piatti abbondanti e sistemi nervosi. Senza saperlo io giocavo con le contraddizioni che udivo, giustapponendole e incastrandole come dei mattoncini colorati fino al punto di ottenere delle costruzioni rivelatrici.
Da adolescente non mi sono mai esposto ai pericoli dei rifiuti, però ho accolto le attenzioni di alcune ragazze curiose e sulla scorta di cotanta superficialità si sono originate delle infatuazioni platoniche piuttosto ridicole da cui ho comunque saputo trarre qualche insegnamento.
Ricordo una certa pudicizia nelle mie prime fantasie amorose che io faccio risalire all’età di dieci anni. Ricordo che allora l’idea di un bacio mi catapultava in un imbarazzo tremendo e quasi non riuscivo a concepirla. Provavo una sensazione analoga ogniqualvolta appoggiassi  la mano destra sulla zona vuota di un banco scolastico: mi sembrava di mettere il palmo sulla parte superiore di una coscia. Non sono mai riuscito a risalire fino all’origine di questo turbamento, ma credo che abbia evidenziato una dissonanza tra la totale estraneità all’erotismo e le prime masturbazioni, in concomitanza delle quali è poi sparito del tutto.
La mia fantasia nell’arco di tempo in esame si è divisa tra la pornografia e il desiderio profondo di avere una relazione: in seguito questi livelli della mia immaginazione si sono sovrapposti per conformarsi all’idea idilliaca di un legame completo. Se in questa fase delicata del mio sviluppo io avessi avuto una relazione sentimentale forse la mia mente si sarebbe impigrita e avrebbe compromesso o almeno reso più difficoltoso il mio percorso introspettivo. Quest’ultimo dettaglio non è nuovo, però mi piace riproporlo di tanto in tanto poiché lo considero come l’aneddoto di qualcuno che abbia scampato un pericolo enorme.
Anche grazie a questo iter tortuoso sono giunto a un livello di autocoscienza che reputo buono. Il processo di cambiamento è stato così veloce in me che ha doppiato la vecchia identità, ma a uno sguardo estraneo potrebbe sembrare che quest’ultima sia ancora in testa, anche in senso letterale. Un mutamento graduale e costruito sarebbe stato possibile da parte mia, ma avrebbe snaturato completamente la mia personalità per adeguarla a maggiori occasioni sul piano delle relazioni umane. La mia introspezione ha escluso l’evenienza dell’anaffettività nel mio carattere e per me già questo particolare è un motivo di contentezza abnorme, ma forse se me lo facessi bastare mi ridurrei ad ammodernare l’errore che fu proprio della mia pubescenza. È un segno di salute psichica la mia voglia d’amare ed è un capolavoro dell’autoanalisi la mia capacità di non sentirmi frustrato né amareggiato per l’attuale impossibilità di farlo, ma su questo punto non intendo spendere altre parole poiché in più occasioni ho incensato giustamente il mio stato d’animo e, per quanto sia stupefacente, a ‘na certa pure io mi rompo i coglioni di elogiarlo.

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30
Set

Fotografie, ricordi e contenuti reali

Pubblicato domenica 30 Settembre 2007 alle 00:39 da Francesco

Ho selezionato alcune foto che ho scattato in Corea del Sud e le ho messe online per appuntarle sopra queste pagine virtuali. Nei miei scatti ho rivisto alcuni dei momenti quotidiani della mia permanenza nel paese del calmo mattino e sono stato colto da un po’ di allegria dato che sono immune alla nostalgia. Sono in grado di evocare con più precisione certe immagini del mio viaggio grazie ai frammenti di tempo che ho immortalato mentre interpretavo il ruolo del viandante solitario. Solitamente sono piuttosto restio nel concedere spazio al passato e ritengo che alcuni momenti non possano essere inclusi nella divisione trina del tempo. Penso che i ricordi modifichino la realtà dei fatti attraverso i filtri della riflessione. Non credo che il passato possa essere traslato nel presente senza subire alterazioni e per questo motivo non credo a quanto riaffiora nella mia mente, ma cerco di assecondare il meccanismo del ricordo in modo tale che il livello di corruzione del contenuto di una memoria possa essere limitato. Il romanticismo con cui evoco i miei trascorsi coreani forse ha tonalità più grige di quelle che uso per dipingerlo a parole, ma è possibile che i suoi colori siano più accessi dei pastelli memoriali di cui dispongo. La mente è un’ingannatrice ed è paradossale che io me ne renda conto tramite lei. Forse anche le parole di questo excursus sono il risultato di un tranello delle mie facoltà, ma per adesso smetto di curarmene e pongo mente alle foto che ho pubblicato.

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